30. Cambio casa e momenti di stanchezza

Vi scrivo perchè voglio essere sincera, e se vedete quante cose mi stanno succedendo e quanto devo fare, e quante belle notizie, con le performance tutte insieme in arrivo (non vi ho ancora mandato il comunicato di quelle al Brooklyn festival perché non ho avuto tempo ma lo farò presto), e tutti gli spostamenti che ho fatto, pensate che tutto avvenga con facilità. Invece, anche se sto bene e sono felice, ci sono momenti, come questo, che sono spossata dalla stanchezza e dalla malinconia.

Mercoledì scorso ho finalmente cambiato a casa e ho affittato una stanza dalla sorella della mia amica Nora, che casualmente stava cercando un’inquilino. Me ne sono andata via dalla casa dei bed bugs, anche perché ogni tanto ne ricompariva uno (!) e l’atmosfera mi era diventata molto deprimente. Certo, la posizione era molto comoda, in W4 street, però la zona anche molto turistica, così sono stata contenta quando ho avuto la possibilità di andarmene, di venire a Brooklyn, dove c’è una vita quotidiana più normale, ed ero curiosa pure di provare a stare qui.
Però, tra il viaggio a Miami, che è stato corroborante però prendere gli aerei è sempre stancante (per andare all’aereoporto a Miami ci ho messo quasi due ore perchè era tutto bloccato per la ‘fiera degli yacht’, e poi dal JFK di New York ci ho messo due ore per andare a casa, aspettando airtrain e due metropolitane, che di sera non passano molto spesso … ), il cambio casa, le e-mail, pre-performance e il resto, sono davvero in tilt.

Sto lavorando come una matta per coordinare le mie performance, ossia vuol dire fare la giornalista, l’organizzatrice, la trovarobe, l’ideatrice, la trainer, la documentatrice, la webmaster e la segretaria di me stessa, cosa che è davvero arduo … e in più ci si mette la connessione internet che nella nuova casa non funzionava e l’adattamento al nuovo spazio e la dose extra di energia che ho dovuto comunque usare per questo trasloco.
Così sono stanca morta di nuovo, e piango per nulla. Ho anche molta nostalgia di Mario che è sempre su al Nord dagli Inuit, e sperava di venire a New York prima che io ripartirò per l’Italia, ma sono bloccati ancora per un mese in questo posto sperduto a migliaia di chilometri di distanza, e non hanno la possibilità di potersi fare un giro per il week-end … E questa mattina, tra la stanchezza fisica e mentale, le mille cose da preparare che mi sembra di perdere il controllo di tutto, la difficoltà di questa relazione dove non si sa mai quando ci si può vedere, ho cominciato a piangere come una fontana, debole debole debole.

Ve lo dico per essere onesta e sincera, magari pensate: che figata, è a New York, farà due nuove performances e una presentazione dei video, è andata a Miami … che culo! E sì, sono contenta e ringrazio pure di essere fortunata, ma è veramente difficile a volte mantenere questa vita, con budget limitati, e continuare ad andare avanti a fare l’artista è molto faticoso. Io continuo, continuo imperterrita, da molti anni, ho gioie e dolori, soddisfazioni e delusioni, e spesso molta, ma molta, ma molta stanchezza, come ora.

Me ne dormirei tutto il giorno, per un paio di giorni, invece devo andare a comprare delle cose per la performance, e poi tante altre cose che non ve le sto ad elencare …
E siccome l’altra notte non sono riuscita a dormire, presa da mille pensieri, ora sto fisicamente pagando questa stanchezza e sono fragile come una pagnottina di burro sotto il sole, mi sento sciogliere come se fondessi e poi sparissi …
… E so che per fare la performance della lentezza lunedì devo essere al meglio della mia forza psicofisica, perchè per poterla fare perfettamente e dare la forza all’azione ho bisogno di tutta l’energia e di tutta la concentrazione possibile. E come sempre, ormai lo so, devo calcolare un paio di giorni di ‘ritiro’ di concentrazione prima della performance, e un paio di giorni di ripresa psicofisica dopo averla fatta … Ora mancano due giorni, e sto avendo un calo per prepararmi a riprendere le forze per lunedì. Però ci sono le ultime cose da sistemare!
Uffa, a volte mi sembra tutto troppo faticoso! E, per essere in sintonia con la lentezza, me la prendo con calma …

 

 

29. The Slowly Project a New York per la Giornata Mondiale della Lentezza

Lentezza come silenzio opposto al frastuono dello stress, rumoroso divoratore di ogni cosa.

Lentezza come reazione alla bulimia del voler tutto senza gustare niente.

Lentezza come metafora di una dialettica tra tempo personale e tempo sociale, tra essere e dover essere.”

 

 

 

Ecco il Comunicato Stampa della mia prossima performance a New York (ben due giorni di camminata a rallentatore … sarà molto faticoso, sul piano psicofisico … ) nell’ambito della V Giornata Mondiale della Lentezza. In questi giorni sto correndo e facendo di tutto freneticamente ma con la … doverosa … lentezza …

 

 

COMUNICATO STAMPA

 

V Giornata Mondiale della Lentezza – New York, 28 Febbraio 2011

 

 

Lunedì  28 Febbraio e Mercoledì 2 Marzo, 2011, per la V Giornata Mondiale della Lentezza a New York

LIUBA farà una nuova urban interactive performance del suo “Slowly” project chiamata “Take Your Time”

precedentemente realizzata a Milano, Basel, New York (2006), Modena.

La performance diventerà anche parte della sua nuova videoinstallazione.

 

LIUBA – The Slowly Project. Take Your Time

 

 

Luoghi della performance e orari*:
Lunedì 28 Feb, 2011. – Union Square, Greenmarket and around (11.00am –  3.00 pm)
Mercoledì 2 Marzo, 2011  – Museum Mile and MET area (10.00am  – 11.30am)
-Times Square (12.00pm – 2.30pm)
– Armory Show Opening (3.30pm – 6.00pm)

 

*Gli orari possono variare a causa  della natura imprevedibile della performance

 
 

La V Giornata Mondiale della Lentezza, ideata per attirare l’attenzione sui temi di un buon uso del tempo delle persone, in armonia con l’ambiente, si svolgerà a New York e nel mondo il 28 febbraio 2011 e ha come tema: Ambiziosi e Altruisti – Slow life, green life, better life.
La V Giornata prevede una vera e propria kermesse che vede svilupparsi oltre 100 eventi in varie città del mondo in contemporanea e per più giorni.
Le  precedenti  edizioni della Giornata hanno avuto come fulcro le città di Milano 2007, New York 2008, Tokyo 2009, Shanghai 2010. Nel 2011 ritorna a New York: la città ha intrapreso da tempo una serie di politiche per migliorare la vita dei cittadini quali la chiusura al traffico motoristico di alcuni luoghi simbolo, l’espansione della ciclabilità di numerose zone, la trasformazione di zone quali la High Line in zone pedonali e di completo relax, campagne contro l’obesità e contro il fumo, etc. Per questi motivi L’Arte del Vivere con Lentezza Onlus ritorna nella Grande Mela, guidata dall’amministrazione Bloomberg.

 

 
 

Grazie a:
 
Claude Caponetto per l’aiuto nelle traduzioni
Gianluca Teti per l’aiuto nell’aggiornamento del sito
Ceren Bayazit per l’aiuto nella logistica del vestito per la performance
Bruno Contigiani, Ella, Muna e tutto lo staff di L’Arte di vivere con Lentezza
per l’organizzazione e la comunicazione

 

28. New York, la crisi e il finanziamento per l’arte del sindaco Bloomberg

Ricevo questa notizia e mi sembra interessante divulgarla … è incredibile, questo mi piace di New York, che anche se la vita è dura nessuno si piange addosso e si cercano sempre soluzioni.
Non c’è voluto molto per rendermi conto, in questi mesi, che la crisi qui si sente eccome, e anche nel mondo dell’arte. Rispetto alla città che ho vissuto nel 2005-2006, quando venni qui per la prima volta e feci le varie mostre con la ‘pazza’ galleria (se volete leggere le avventure potete guardare il diario New York, che è come un preblog, le notizie arrivavano a tutti  attraverso una mailing list) in questo periodo si respira un’aria totalmente differente. Non si sente più l’euforia, la percezione di essere al centro del mondo, con tutte le possibilità in divenire e in potenzialità.

Ora le persone tirano la carretta anche qui, l’ottimismo si è spento, altri luoghi stanno diventando il centro del mondo e da altre parti le energie sono propulsive, qui non più. E gli americani lo sentono, e ne hanno anche molta paura. Quasi tutte le persone che conosco lavorano duro, e questo vabbè, ma il peggio è che molti devono fare due lavori, o lavorare una media di 10-12 ore al giorno per sei giorni su sette perchè altrimenti ti licenziano e assumono la miriade di persone specializzate che provengono da altri paesi, disposte ad accettare salari molto bassi …  Anche fra gli artisti e i galleristi non ho trovato più quella gioia ed effervescenza incontrata alcuni anni fa. Tutti gli artisti hanno un altro lavoro, spesso connesso con le loro abilità (fare video di matrimoni, cucinare e fare catering a domicilio, alcuni fanno i dog sitter, altri lavorano nella chimica o si inventano collezioni di lingerie firmate da vendere). Il punto a favore è che qui si riesce a vendere di tutto (e ancora io mi domando come fanno!) e ciascuno riesce a vendere ciò che produce o a vendere sè stesso, ma la richiesta comincia a diventare sempre più bassa.

 

Ma ora bando alle ciance ed ecco la notizia: il sindaco Bloomberg ha deciso di finanziare, nei prossimi due anni, l’arte a New York, mettendo a disposizione 32 milioni di dollari.
Direi che è una decisamente eccezionale iniziativa, e, scusate se ve lo dico, i nostri politici invece di farci vergognare con la sarabanda di atti osceni, potrebbero rifletterci un po’ su e , ma questo è chiedere troppo, imparare a capire che anche  l’arte è un bene pubblico che giova alla società, e per questo motivo va supportata.

Et voilà, il test della notizia tratto dal Wall Street Journal:

 

Bloomberg to Donate $32 Million to Arts

A year after ending a charitable program that pumped nearly $200 million into hundreds of arts and social-service organizations, Mayor Michael Bloomberg is reopening the pipeline to his personal fortune through his multibillion-dollar family foundation.
Beginning Tuesday, Mr. Bloomberg’s foundation will send letters to 250 cultural groups around the five boroughs, inviting them to apply for some of the $32 million the charity plans to distribute to arts organizations over the next two years. “At Bloomberg Philanthropies, we see the arts as fundamental to New York City’s cultural and economic wellbeing,” the letter says.
(read more…..)

 

27. Idea da attuare!

Passeggio per Miami Beach e Surf Side e la trovo davvero molto simile a Rimini, solo con i grattacieli più alti, gente molto più ricca, miriadi di palme, un’atmosfera un po’ più fredda e ordinata, e i dollaroni che girano …
C’è la spiaggia di bellissima sabbia chiara, la costa col mare continuo, la passeggiata con tutti i locali e la vita notturna, i mega alberghi, il carnaio dei punti congestionati della spiaggia … non posso non pensare alla mia Rimini (di cui però soprattutto amo l’entroterra e la collina, e la giovialità romagnola e mangiarsi le tagliatelle fatte in casa … ) tanto che mi è venuto in mente di fare qui l’anno prossimo una nuova performance, sulla scia di quella intitolata Rimini Rimini e questa sarà intitolata Miami Miami!

Liuba, Rimini Rimini, foto da performance su alluminio, 2003 – 2005 (foto Marco Cenci)

 

 

Da quando feci la performance a Rimini inscatolata, avevo in mente un’idea che è rimasta nel cassetto e in fase di progetto per tutto questo tempo ma che ora sento che è decisamente arrivato il momento e questo è il posto perfetto!

E’ un’evoluzione del lavoro di Rimini Rimini, e in qualche modo riprende ancora il tema delle scatole, anche se in modo molto diverso (e che naturalmente ora non vi dirò) e sto rendendomi conto del fatto che qui negli Stati Uniti mi sta rivenendo a galla il tema delle scatole su cui lavoravo alcuni anni fa, e si rispecchia in pieno sia nella esperienza personale che ora sto facendo, sia nella società che mi trovo davanti e con cui mi trovo a reagire. Lo stile di vita americano, detto senza peli sulla lingua, per certe cose è esilarante, perché puoi incontrare il meglio di tutto il mondo e le produzioni più strepitose e giganti, ma dall’altra parte è un sistema che stritola: la morsa del dio denaro e l’assoluta necessità del soldo sono davvero delle ‘scatole’ che tengono l’uomo imprigionato dentro gli schemi del guadagno, della lotta del più forte, e della necessità del dollaro per esistere.

E così sono ritornata sul tema delle scatole risentendolo attuale per me qui e ora, e proprio per questo motivo la prossima performance che sto preparando per il Site Fest di Brooklyn sarà una rielaborazione su questo tema.

 

Per vedere le foto di Miami: clicca qui

26. Il caffè con la cannuccia sull’Ocean Drive di Miami Beach

Se quando sono arrivata a New York dicevo che mi sentivo come in una bolla, sospesa, con tutto ancora da iniziare in questa città e con tutto lontano e ovattato ciò che era in Italia, ora al contrario mi sento come in una morsa: ho davvero corso fatto vissuto, lavorato, contattato, visto, conosciuto, esplorato .. tutto tantissimo.
La morsa è piuttosto faticosa perché praticamente tutto si svolge, si spiega, si trova e si scambia con le e-mail.  Persino gli appuntamenti e la scelta dei film. Così bisogna stare incollati al computer ogni secondo (ormai la gente cammina in giro controllando le e-mail dal telefono e non stacca quasi mai gli occhi dal cellulare …) e anch’io, che poi non ho internet sul telefono, sono dovuta stare al computer tanto, troppo tempo, e poi correre di qui e di là con un freddo boia per vedere le mostre, andare agli appuntamenti, comprare ciò che serve, e poi computer: video al computer, scrittura progetti al computer, lavorazione delle foto al computer, ricerca dei luoghi al computer …
Ora sono piuttosto soddisfatta perché ho davvero spinto il piede sull’acceleratore e avrò un paio di performance importanti da fare nelle prossime settimane, e video da esporre. Ma sono arrivata a questo punto col cervello spappolato, il corpo che non regge più e mi chiede: caldo, caldo, natura, natura! Solo camminare in mezzo alle maree numerose di persone che a getto continuo schizzano e corrono per ogni dove nella città, mi causa un mal di testa e una stanchezza incredibile.

 

E allora mi sono detta: so cosa devo fare. Ci ho pensato su per più di due settimane, valutandone vantaggi e svantaggi, ma poi sapevo che se non prendevo un break di ossigeno e pace non sarei assolutamente riuscita a trovare la concentrazione e la forza per fare le prossime performance e per coordinare tutto (dal  trovare i materiali e i vestiti che mi occorrono, alla comunicazione, al video, alla documentazione, al web).
Insomma, forse l’avete indovinato: in quattro e quattro otto ho preso un aereo e sono partita! Sono volata al caldo a Miami Beach per qualche giorno. E … finalmente riesco a scrivervi, seduta in un assolato bar sull’Ocean Drive … !

 

Chi mi conosce sa che per me muovermi è come respirare e che ogni luogo è un cibo di cui il mio corpo e il mio animo ha bisogno. Questa volta il bisogno di caldo e di uscire un attimo dalla morsa continua del ritmo newyorkese era vitale, e fa parte del mio lavoro in quanto performance artist. Se non ascolto ciò che mi comanda il mio corpo sono persa , e non riesco a fare più nulla.

 

Ancora, chi mi conosce davvero bene sa che non sono Paperon de Paperoni, e viaggio molto spesso a budget zero e godendo di un’associazione mondiale di viaggiatori di cui faccio parte (che si chiama Servas e che consiglio a tutti) in cui ci si dona ospitalità, regalandosi la conoscenza delle proprie culture e delle proprie vite. Così giro sempre con la lista – rigorosamente riservata – dei servas che esistono nella parte del mondo in cui mi trovo o in cui voglio andare, e questa volta il fatto che avevo le liste di Miami era un caso, perché me le ero fatte dare in Italia pensando di andare a Miami Basel a dicembre, cosa che invece non ho fatto perché sono partita dopo. E così qui a Miami ho trovato ad accogliermi Marilyn, che vive in un attico all’undicesimo piano di un residence sulla spiaggia di Surfside, e da lei sono stata come un pascià i primi due giorni, vegetando tra la spiaggia, sdraiata sulla sabbia odorando il profumo del mare, e la jacuzzi e la piscina riscaldata del residence (vicino alla spiaggia, con oceano davanti, naturalmente). Ero così spappolata, al mio arrivo da New York,  che non ho fatto altro che risorgere piano piano al contatto del sole e dell’aria di mare. Oggi sono per un altro paio di giorni presso la numerosa famiglia di Marisol e Tom, un simpatico connubio di Messico e America, sempre membri di Servas.
E oggi, finalmente un po’ risorta (ho fino a domenica per finire la terapia e poi tornare nella giungla neworkese pronta a combattere) prendo gusto a scrivervi, cosa che desideravo da tanto con tutto il cuore (sto scrivendo su dei fogli di carta e poi stanotte amorosamente ricopierò al computer e vi spedirò).

Ho fatto colazione americana con uova e toast e patate, ordino il caffè (mi va benissimo quello americano perché è molto leggero) e mi portano un bicchiere trasparente con una cannuccia: dico: “Scusi, il caffè lo vorrei caldo e non freddo”, e mi dicono che è caldo … Ma qui va tutto con la cannuccia?? Ve l’ho fotografato perché è troppo carino: il caffè con la cannuccia sull’Ocean Drive di Miami Beach …

 

Non sapevo che Miami fosse la meta invernale di tutto il Nord America, l’ho imparato a New York, ed effettivamente qui per essere a febbraio è fantastico: 26-28 gradi, sole spaccante, cielo blu. Dicono che la stagione si interrompe in estate, perché il clima diventa eccessivamente caldo, umido e piovoso. Ho scelto di venire qui perché è il viaggio più economico e più facile per andare al caldo, con solo 3 ore di volo da NY e aerei con prezzi bassissimi.
Ma allora, che è successo nelle scorse settimane a New York?? Ho vissuto gli estremi di questa città, che è la norma, e che è l’esperienza di tutti: ho vissuto la parte dura di NY e la parte esilarante, ho vissuto la solitudine, la piccolezza, i problemi da risolvere in mezzo baleno, e l’esilarante luccichio degli incontri imprevedibili, la sinfonia dei mille spettacoli accessibili in ogni angolo, la grandezza dello sfarzo e della bellezza all’estremo limite, la frizzantezza di incontrare solo persone interessanti, lo stimolo infinito per la creatività e l’arte, la fatica di orizzontarsi in questa giungla e di non farsi schiacciare …
Con Mario abbiamo vissuto le montagne russe ma ora va bene, molto bene, solo che siamo a circa 5.000 km di distanza ora, con lui che è nei ghiacci del polo canadese a fare questionari agli inuit per il governo, in un posto a circa 50 sottozero dove ci si arriva solo con gli aerei perché non esistono strade …
Questa distanza ci sta pesando parecchio, ma è dolce perché gli ultimi 2 week-ends a NY li abbiamo passati super bene.

 

Dopo l’episodio che vi ho raccontato dell’isteria e della sua fuga a Montreal, abbiamo passato un periodo molto duro entrambi, delusi da questo amore che ci stava solo distruggendo, totalmente tristi per l’impossibilità di riuscire a vivere una logistica tranquilla, ed io pure dolorosamente decisa a mettere fine a tutto ciò perché avevo superato il limite dell’umana tolleranza, e tremendamente fragile di sentirmi spezzata e sola, in più a NY dove nessuno ha tempo nemmeno di rispondere al telefono (ed è per questo che scrivono solo e-mail, ma poi però il meccanismo si inceppa perché la mail richiede di scrivere tutto invece che semplicemente parlare …), e in una casa che non mi piaceva e con i problemi che sapete, che mi deprimeva ma che non potevo cambiare in quel momento per vari motivi.

 

Devo però ora confessarvi che essere a NY mi ha aiutato a far sì che io e Mario ci rivedessimo con gioia: qui innanzitutto non ho avuto molto tempo per piangermi addosso della rottura perché tutto corre e devi stare dietro a far tutto, ma soprattutto, ed è una cosa più importante, non so perché ma qui ho un successo con gli uomini strepitoso e, senza cercare minimamente, ero piena di corteggiatori tutti intelligenti giovani belli e interessanti.
Così ho pure accettato da loro inviti a feste, concerti, chiacchiere, ecc … ma più frequentavo altri uomini, senza però mettermi insieme a nessuno ma anzi parlando francamente della mia situazione e della mia fresca rottura sentimentale, più mi sentivo sola, e più mi mancava il senso di ‘famiglia’ che avevo con Mario quando andiamo bene. Mi sono accorta che mi mancava, e questo è normale, ma soprattutto che non so per quali misteriosi meccanismi e ragioni lo amavo ancora tantissimo e non sarei riuscita ad innamorarmi degli altri.

 

Mario intanto dal Canada soffriva a sua volta, e mi scriveva dicendo che stava male, che dovevamo parlare per decidere se lui fosse tornato a NY, che mi amava … Io non ne volevo più sapere finché una sera non stetti malissimo fisicamente, come mai ero stata da tempo, intossicata da qualcosa, e ho capito che il corpo mi dava segnali certi, avevo bisogno di Mario, e lui aveva bisogno di me, e con ‘timing’ perfetto la mattina dopo, che stavo ancora malissimo, lui mi chiamò dicendo che voleva venire a NY ed io ho detto di sì contenta.
Ci siamo rivisti come se fossimo due marziani, increduli di essere ancora qui a volerci, dopo tutto ciò che ripetutamente succedeva, ed entrambi timorosissimi di scoppiare ancora a litigare o a mandare all’aria tutto, ma commossi di vedere ancora le nostre facce.. E quel week-end è stato bello, anche se era come camminare sulle uova, non volevamo accadesse un’altra crisi e ne avevamo una  paura pazza ed entrambi cercavamo di essere al massimo della disponibilità per l’altro. Che poi c’era ancora il problema della casa: Mario ha dormito nel letto che doveva essere disinfestato, ed è stato pizzicato ancora …
La domenica sera però doveva tornare a Montreal, perché stavano facendo la formazione per il lavoro dagli inuit che doveva cominciare a inizio febbraio, ma ci siamo promessi che sarebbe tornato il week-end dopo, che tra l’altro era il mio compleanno e pure l’anniversario di quello che ancora non considero un matrimonio, ma che comunque era qualcosa di importante per noi.

 

E così Mario ha fatto. Si è ripreso l’autobus da Montreal ed è ritornato il week-end successivo (cosa che ho apprezzato molto) e lì ci siamo detti: ora ci godiamo NY! Io ho interrotto per qualche giorno le mie stressanti attività di relazioni/contatti/e-mail/lavori con l’arte, entrambi avevamo due lire in tasca, e ci siamo dati alla, come si suol dire, pazza gioia, cercando tutto il meglio che la città poteva offrire: brunch al Blue Note con pranzo e concerto jazz nel prestigioso locale, aperitivo al “roof bar” al 35° piano di un grattacielo a Midtown, con una vista mozzafiato, visita al Metropolitan Museum (non l’avevamo ancora visto nessuno dei due perché non era una priorità come altri musei più specializzati nell’arte contemporanea, ma sapevamo che meritava di essere visitato e tra l’altro ci siamo beccati una fantastica mostra sugli albori della fotografia) e poi balletto contemporaneo nel tempio della danza al Lincoln Center e cena all’Upper West Side … Quando ci si mette New York dà una cornice esilarante a tutto, e credo che ho passato il più bel compleanno della mia vita*. Siamo stati amorosamente e intensamente insieme per 5 giorni e poi lui doveva partire per il grande Nord per un tempo che ancora non si sapeva, ma entrambi questa volta ci siamo lasciati benissimo, e seppur tristi della separazione, contenti di ciò che ognuno di noi doveva fare, io a NY con l’arte, lui dagli inuit ben pagato e avventuroso …

Certo lo scorso S. Valentino al telefono eravamo parecchio tristi, perché non si sa nemmeno se lui potrà tornare a NY prima che io parta per l’Italia, ma ormai se la vedo da fuori la nostra storia è peggio di una telenovela (nelle quali succede di tutto ma si indovina sempre cosa succederà) perché  a noi succede di tutto e non sappiamo mai cosa succederà e non c’è mai una certezza…

 

Ora mi muovo da questo bar sull’Ocean Drive (sto mettendo le radici), alla prossima puntata vi racconterò dell’arte, anche lì stanno accadendo cose come fuochi d’artificio, che nemmeno riesco a controllare, ed ecco perché sono qui a farmi un’indovenosa di energia solare e pulizia mentale, per dare il meglio nei prossimi e vicini appuntamenti futuri.

 

Vi voglio bene e vi penso ad uno ad uno.

Insieme a Marylin, la mia meravigliosa ospite Servas
* AGGIORNAMENTO:
C’è stato dopo il compleanno più bello della mia vita: quello del 2019, quando ho saputo di essere in attesa di Sole!!!