173. In montagna. Dedicato a mio padre

Ho fatto una pausa in montagna, a Chamonix, tornando dalla mia mostra di Parigi (leggi il post).

Mi sono fermata in montagna per tre motivi: perchè potevo concedermi ancora un po’ di giorni di vacanza, anzi di vera vacanza in un hotel e relax. Poi perchè il tempo sarebbe stato bello per tutta la settimana. Ma più importante di tutti è per connettermi con mio papà ed onorare il suo amore per la montagna, ritrovando ciò che ha costituito le mie radici, con tutte le estati passate a camminare in montagna, sempre in posti diversi, per tutta la mia infanzia.

 

E’ bellissimo sentire nel mio corpo, intanto che si inerpica nelle salite o quando balza sui sassi delle discese, una sapienza acquisita che gli appartiene. Una sapienza che risale a galla senza sforzo, naturale, e riconosce le altitudini alpine, ricorda i nomi dei fiori e con gratitudine ricorda la miriade di bei momenti passati con mio papà e con mia mamma in montagna. Anzi a dire il vero i più bei ricordi di mio papà li ho proprio in montagna, dove lui abbandonava la maschera da lavoratore che indossava in città e respirava libero e felice come non potevo mai vederlo altrove.

Sono stata davvero fortunata ad avere un papà esperto ed amante della montagna e e una madre marinara, nata sulla spiaggia. Entrambi i mondi mi appartengono e la natura di entrambi mi affascina. Sono molto grata.

 

Era molto che non tornavo in montagna, la vera montagna, almeno in quanto vacanza e non gita in giornata o fugace weekend. Il mio peregrinare con l’arte e la mia atavica mancanza di soldi non mi facevano pensare a questa possibilità vacanziera montanara, e se avevo due lire per una vacanza sceglievo i viaggi, le città straniere, le isole e il mare.

 

Ora che mi sono fermata qui a Chamonix sono felice di averlo fatto, perchè mi sono emozionata. Emozionata di sentire mio papà così vicino e ringraziarlo per ciò che mi ha trasmesso e insegnato. Emozionata per la bellezza delle vette, dei ghiacciai, dei tramonti rosati sulle rocce, dei ruscelli, degli arbusti in alta quota e dei sassi sporgenti sul terreno.

Mi sono emozionata a riprendere l’allenamento delle camminate, ad andare a un passo ritmico e regolare in salita, come mi aveva insegnato mio padre, a scegliere sapientemente i sassi dove posare i piedi in discesa, lasciando andare le gambe al ritmo della gravità. Mi sono emozionata a decidere di andare da sola a dormire in un rifugio e condividere la tavola e il dormitorio con altre persone, a riapprendere l’arte della vita spartana senza doccia, senza acqua calda e col sacco a pelo con materasso per terra.

 

Mi sono emozionata a sentire il mio corpo ritrovare movimenti che non aveva mai scordato e a stupirmi della saggezza e della memoria che il nostro corpo custodisce con zelo e amore.

 

 

 

 

 

Papà ventenne alla Capanna Gnifetti nel 1957

 

Papà con una Liuba dodicenne (era un gran figo, vero??)

 

A 4 anni al rifugio Sella. Nella foto sono con mia mamma e due compagne di cammino, papà ha fatto la foto.

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