64. La città i colori le poesie e le opere

Questi sono brevi pensieri nella nebbia e nel grigio della Pianura Padana d’inverno, dopo il mio rientro da Miami, pensieri arrivati soprattutto oggi venerdì 16 dicembre, uscita in macchina per commissione urgente dato che c’è sciopero dei mezzi.

Un caos terrificante, e soprattutto tanta fuliggine dappertutto. La mia macchina, solo dopo poche settimane dal lavaggio, è nera a chiazze, con pulviscoli di smog per ogni dove, e quando guidi vedi tutte le altre macchine, e le cose, e i teli, e gli edifici, tutti ricoperti da quella stessa schifosa patina di grigio inquinamento – e che poi naturalmente ti domandi che effetto fa nei tuoi polmoni quando respiri.
La situazione diventa ancora più deprimente quando ti rendi conto, e oggi ho OSSERVATO attentamente, che nessuno usa dei colori, che tutti per lo più vestono di grigio scuro, nero, blu scuro marrone scuro, uniche macchie chiare sono di colori sporchi tipo beige panna o grigio chiaro.
Le case sono per lo più grigie, le macchine sono per lo più grigie, le strade sono tutte grigie, pure le facce delle persone sono grigio smorto.

 

Io per puro istinto, senza pensarci nemmeno su (dato che è un periodo che non me ne frega molto di come vesto e di cosa metto), indosso sempre cose colorate, con una sinfonia di colori primari o secondari o comunque puri, saturi. Credo sia un bisogno essenziale, un cibo che il mio occhio necessita come un affamato, per non impazzire. E mi dico, ma perché questa città, e molte altre città, sono codificate sul grigio? Perché i colori sono estromessi dalla vita cittadina, oggi ho guidato un paio d’ore nel traffico per andare dall’altra parte di Milano, e sempre osservando attentamente, tutto ciò che mi entrava negli occhi era triste e deprimente. Le forme, i non colori, il caos.

 

Io ho bisogno di colore negli occhi! Ho bisogno di bellezza, di armonia. Tutti abbiamo bisogno di colori!! E perchè nessuno indossa cose colorate? Perchè la città non ha case, pali, panchine colorate? Magari con diversi tipi di colore, a seconda delle zone e delle funzioni, come si sa benissimo dagli effetti psicologici delle vibrazioni della luce da cui deriva la cromoterapia. Se fossi il sindaco – e mi sono immaginata anche nella pelle del nuovo sindaco di Milano Pisapia, che anch’io ho votato e che sono contenta di avere in questa città – dicevo, se fossi in lui farei un ordinamento in cui ordinerei a ciascun edificio di avere almeno un elemento colorato, e assolderei esperti di colore per tinteggiare gli arredi urbani con delle tinte che armonizzino il cervello e instillino allegria.

 

Con queste giornate deprimenti, in questo periodo italiano dove c’è un degrado di immaginario, di prospettive, di speranze, dove serpeggia solo un grande stress per riuscire alla meno peggio ad assolvere a tutte le funzioni base della sopravvivenza e della routine (a volte in questo periodo pesantissimo anche per me, non riesco a trovare il tempo o l’energia per fare una spesa decente, per mangiare bene, per comprarmi il liquido delle lenti che mi serve, per telefonare a chi vorrei).
No, lo dico senza mezze misure, purtroppo ora la vita in Italia e soprattutto a Milano non mi piace proprio per niente. (E il mio viaggiare, a volte con fatiche e sacrifici non indifferenti, lo dimostrano).
Amo molte persone qui, e anche amo molte cose del mio paese, ma sono oberata dal grigio deprimente che incombe su tutto. E no, la vita è troppo bella e troppo corta per sprecarla nel gorgo dello stress e dell’inquinamento, e come sempre ho imparato che bisogna essere radicali e decisi e prendere le decisioni basandosi solo sull’amore (traducendo: amore per la vita, per la bellezza, per le nostre persone care, per ciò che si desidera, per i sogni. Sì, anche per i sogni. Non sembra ma sono importanti. Tanto importanti).

 

Mi vengono in mente due poesie che avevo scritto quando ero rientrata a Milano dopo 13 anni vissuti a Bologna, ossia a fine anni ’90, e da allora la situazione non è molto cambiata. Queste poesie fanno parte di una serie di testi, di performance e di quadri (la serie delle Mummie Vincenti) sul tema delle ‘scatole’ e della prigionia della vita nella nostra civiltà e sulla ricerca di uscirne e di liberarsi.

 

 

LIUBA, Le Mummie Vincenti, performance e video, Milano 2000

 

LIUBA, Le Mummie Vincenti, videoinstallazione con video di performance, scatole e resti di performance, Villa Serena, Bologna, 2000

 

POESIE

Chissà se a volte ci ricordiamo

di che colore hanno le foglie,

che profumo emana l’erba,
che fragore incanta il mare
che dolcezza ci modella la sabbia
com’è il vento quando ci scompiglia i capelli.
Viviamo in un mondo di plastica.
Pure i sentimenti sono di plastica.
E la lotta si fa dura.
Ci vuole molta fantasia.
—-
Chissà perché
ci siamo costruiti un mondo finto
dove i doveri
pesano come mattoni
sopra le nostre case
stanche
dove il denaro signoreggia
sui nostri desideri ormai sfiniti
sfibrati e assurdi
Chissà perché i profumi spariscono
tra le puzze del cemento e lo scarico
di gas nocivi
gli occhi diventano opachi e il respiro
segue i ritmi convenzionati.
Chissà perché. Non c’è una risposta. E’ solo pazzia.

 

Le Mummie Vincenti, serie di quadri, 1999 acetato di performance, acrilici e collage su tela, cm 50×50 ciascuno
 

P.S. in quel periodo dipingevo costruendo a mano col pennellino in acrilico tutte le belle letterine, non sono mica fatte con photoshop!!



 
 
 

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