Ci sono stati periodi in cui ho scritto tantissimo, e questi testi sono stati ordinati in otto raccolte.
Tuttavia ho sempre scritto in maniera diretta, spontanea, senza pensare alla poesia come forma di ricerca autonoma ma come materiale da usare per i quadri, le performance, le installazioni. Uso la poesia non come un testo da pubblicare e leggere su una pagina, ma piuttosto come qualcosa da contaminare con altri linguaggi per farla diventare lavoro visivo, corpo, voce.
La parola e la poesia sono state molto importanti per le prime performances, poi sono a poco a poco sparite dalla mia ricerca performativa, ma hanno costituito sempre per me un fertile terreno di riflessione e di idee.
Devo ammettere che da alcuni anni ho smesso di scrivere poesie, non so bene perchè, non ne sento più il bisogno e la necessità. Magari un giorno riprenderò, e prima o poi pubblicherò le mie raccolte.
Qui di seguito una selezione di poesie passate, tratte da varie raccolte.
Questo porto chiassoso burrascoso errante
vibra ogni tanto
nella vestaglia delle anime.
1986
Sento sfuggire il passare della vita, a volte.
Sfuggire il suo scorrere e il suo divenire.
Gocciolare i giorni e sfogliarsi le identità
come della cipolla gli strati.
Non so nemmeno se mi riconosco.
Metamorfosi imparziali sopra una cornice che muta di poco.
Dovrei partire e spiccare della farfalla il salto.
Se sia metamorfosi che metamorfosi sia totale
e che il bruco sbuchi a farfalleggiare nel cielo di maggio.
Spesso non riconosco l’ieri e lo vorrei indietro.
Strabuzzo gli occhi sui giorni andati vedendo cose che non trovo più.
Lasciatemi trascorrere senza paura giorni incredibili e inaspettati della vita senza certezze che mi sono scelta.
Fatemi trascorrere e dispiegare come una storia o come la pellicola di un film
o come un rivo in piena che fluisce verso il mare degli eventi futuri.
Se guardo indietro so di avere passato molteplicità dense di anni.
Lasciatemi cambiare e trovare
non persa.
A volte vorrei che tutto fosse deciso da altri
cosicchè non ci fossero più dubbi, scelte, ricerche, slanci.
Obbedire a qualcosa… Strano, è una parola che non mi ha mai sfiorato
e dalla quale fuggo allibita se non per obbedire a sé stessi.
Eppure a volte sarebbe così comodo obbedire a qualcuno o a qualcosa di esterno…
Delle regole da seguire, se queste fossero il modo di arrivare dove vuoi tu.
Ma dove voglio arrivare io è il fondo senza regole
e l’abisso che accomuna o che cancella
dove il caos è invitato principe.
Fortunatamente c’è un ordine del caos
e solo dal caos si ricava l’ordine.
Ma il caos oltrechè spaventoso è anche faticoso.
Nuoti nuoti ma non sai quando – e se – toccherai la riva.
Certo più comodo starsene attaccati a una BOA
e non vedere mai terra ma non affannarsi tanto.
Il mondo gira intorno alle boe e la rete umana è essa stessa una boa.
Alcuni si tuffano a perlustrare il mare, altri no
altri ancora vi sono caduti e presi dal panico
nuotano deliranti verso la boa unico appiglio.
E pochi nuotano verso la riva quale essa sia.
1994
Una pentola nascosta bolle
sotto il filo spinato dell’apparenza.
La nebbia del fantasticare
accende la lampada della realtà.
Mi accorgo di esistere.
Non ho più paura del vuoto frenetico
che accompagna i gesti quotidiani.
Il filo della Bellezza si dipana portando fiducia.
La lamiera è incisa.
Si può aprire.
Intravedo il cielo.
1985
Frulla il mio ventre e le viscere incastrati
in girandole di abissi
che niente se non l’abisso
può placare.
Frulla il mio ventre
di paura e di energia
di vita e di follia.
1998
Cosa vuoi da me cuore
che ti spezzi come un soffione
in mezzo ai flutti fragile
come seta di un baco ubriaco.
Cosa vuoi da me amore
che mi sbatti ovunque come esca
in un mare senza pesci.
Cosa vuoi da me libertà
che mi sconvolgi lontano da tutti
saltimbanco d’amore
in un mondo che vuole solo pilastri.
1998
Ascolto il brusìo del traffico e spio
le mille vite danzanti
che annaspano sugli oggetti
respiro l’ansia il vuoto e la morte
dal volto incartapecorito di chi crede di essere arrivato
perchè ha.
Guardo gli occhi inespressivi
corpi come impalcature
che si assimilano ai palazzi
gli orgogli falsi di chi arriva
e il trionfo di chi c’è già.
Nudi scafandri gusci di granchio
dove succhiata è ogni polpa
ragnatele sul niente che corrono soddisfatte di sè.
Annuso gli angoli dei loro passatempi
annuso i ritmi dei loro divertimenti
e una pista di morte arriva gelata
la vita è sparita nel pieno della festa.
Vagano le mummie vincenti ovunque onnipresenti ovunque attive
e chissà qual è il giorno in cui sapranno
che sono cadute e sepolte.
1998
Gli spettri del niente sghignazzano come topi
senza il padrone
in questa notte di arcobaleni grigi stonati.
Nulla si accalca stranito
facendo breccia su questo cuore sguarnito.
La carne ingrassa di ansia
il corpo sparisce
le viscere si sciolgono
solo il respiro continua più forte:
è l’ansia, ansiosa, della morte.
1991
Niente di speciale cose solite ritmo
tanto amore forse un pò di caffè
e il solito si scopre colorato piu’ che mai.
Sfogliare calici di margherita e trovarvi profumi colorati
che danzano anche febbrili nel ritmo delle vene.
Non so dire di che si tratta è come una magia
dopo sofferenze diluite in percorsi di scelta
magia di trasparenza magia di metamorfosi
e tutto è al suo posto.
Niente di speciale ma una libertà profonda
che vola come uccello nel cielo
librando suoni di meraviglie
nel multiforme paese dell’arco baleno frizzante.
Amore a manciate che si spruzza fra le braccia
in scoppi brillanti di scintille
e tutto è a posto – perchè parte da dentro –
Amore maturo di un’incredibile sapore
che si sfoglia dappertutto e forse stupita
forse incredula mi lascio scivolare
sulle foglie tiepide sul corpo caldo
sul mare cullante
guardo le cose brillare
e danzo internamente
piena di niente.
Niente di speciale ma tutto è a posto – al suo posto
e anch’io
fuoco di desiderio già raggiunto e mai divampato
attesa senza attesa
presente senza imbarazzo
trovarsi e non cercare
amare e non tenere.
Vibrare.
1992
Dove andate povere anime
Rinchiuse negli ospedali
Dei vostri scaffali ordinati
Costruiti in fila
Da dove non potete
Uscire se non dai sensi
Unici in precedenza
Programmati?
Dove andate tra un vicolo e l’altro
Della ragnatela di plastica appiccicata al vostro cervello?
Sperate che venga un terremoto
Povere anime poco pulsanti
Che distrugga le vostre sicurezze di carta
Per poi
Forse
Rinascere.
1999
Chissà se a volte ci ricordiamo
che colore hanno le foglie,
che profumo emana l’erba,
che fragore incanta il mare
che dolcezza ci modella la sabbia
com’è il vento quando ci scompiglia i capelli.
Viviamo in un mondo di plastica.
Pure i sentimenti sono di plastica.
E la lotta si fa dura.
Ci vuole molta fantasia.
Gennaio 1998
Come un polipo mostruoso
l’adattamento sociale succhia i fiori selvaggi
che qualcuno non sa più di avere.
Come un orologio senza tregua
gli impegni tagliano i sogni
che molti si sono dimenticati di fare.
Come un cappuccio di cerata
gli acquisti impacchettano il cuore
impedendogli di desiderare.
Ma io URLO che non ci sto.
Urlo per vivere dentro
mondi meravigliosi colorati
dove la vita soffia impetuosa
dove le passioni accarezzano di brividi
gli entusiasmi scintillanti.
Io URLO che non ci sto.
E lo dico in faccia
a questo polipo senza volto
che in definitiva non esiste.
Gennaio 1998
Chissà perché ci siamo costruiti un mondo finto
dove i doveri pesano come mattoni
sopra le nostre case stanche
dove il denaro signoreggia
sui nostri desideri ormai sfiniti sfibrati e assurdi
Chissà perché i profumi spariscono
tra le puzze del cemento e lo scarico di gas nocivi
gli occhi diventano opachi
e il respiro segue i ritmi convenzionati.
Chissà perché.
Non c’è una risposta.
E’ solo pazzia.
23/1/1998
L’essenza del divenire
astratta dalla carne delle cose
cambia il senso del mutare.
I canali dell’energia scolano nebbia grigia
senza trovare le perle
che un tempo erano state poste.
Gli equilibri dell’amore non giocano con l’indeterminato
ma crollano come carte appassite.
Ed io altaleno
in questo vagone traballante
di speranze non riconoscendo
i soliti appigli.
1997
Fuoco di fiamme combuste
screpita come tagli di fruste
dentro le viscere sconvolte.
Fuoco primario primigenio
che straripa spesso spossandomi.
A volte sono in balìa della mia energia.
L’arte di stare tranquilla
non mi appartiene.
1997
frammento della serie di disegni con parole di poesie, 1998
Sign up to my newsletter to get the latest updates!
SIGN UPFor video works:
Via Volturno 41, 20124 Milano – Italy
info@visualcontainer.orgFor art works:
Via G.B. Scalabrini 116, Piacenza, Italy
info@placentiaarte.it© Liuba 2015. All rights reserved
Dedicated to Rossana and Gianni, with gratitude and love