197. Silenzio, lentezza, video

Strana data, 20 marzo 2020, piena di 20, come strano il periodo in cui siamo immersi e la situazione che siamo costretti ad affrontare.

 

Non riesco e non voglio scrivere molto. So solo che ringrazio infinitamente di avere Sole con noi, che illumina le nostre giornate.

A volte sono un po’ triste che non possiamo vedere nessuno, che non si possono fare passeggiate, che non possiamo fare la normale vita con un bimbo di pochi mesi. Ma è anche vero che a questa età non è nemmeno una tortura per lui stare a casa, tenuto conto fra l’altro che il nostro condominio ha un grande terrazzo comune sopra il tetto, sempre deserto, e noi ci andiamo spesso per prendere aria, sole e camminare, quindi siamo molto fortunati.

Per il resto come tutti siamo in apnea, aspettiamo, aspettiamo e rimaniamo isolati fisicamente, con rare e sporadiche uscite all’esterno per comprare le cose necessarie.

 

Con le mente andiamo a tutti coloro che stanno lavorando per far fronte a questa emergenza e a tutti i malati (di ogni ordine e grado), e per tutti mandiamo spesso energie di gratitudine e preghiere di benessere e salute.

 

 

Relax sul terrazzo condominiale

 

 

 

 

Ciò che mi turba però in questo momento, più andiamo avanti con la situazione e col blocco delle città, è la quantità e qualità dell’ informazione che riceviamo, che non aiuta a fare considerazioni obiettive aumentando invece l’ allarmismo di tutti.

 

La comunicazione che riceviamo è parziale e non aiuta le persone a sentirsi meglio. Sarebbe necessario comunicare ANCHE ciò che i ricercatori stanno scoprendo per curare il virus (avevo letto che in olanda hanno scoperto un antivirus che inibisce l’attaccarsi del virus sulle cellule) e per formulare il vaccino, le guarigioni che molti professionisti abili stanno conseguendo e regalando, le sperimentazioni di farmaci già esistenti ma efficaci ecc. Credo che abbiamo necessità di una informazione più strutturata più trasparente e meno sensazionalistica. Ma in fondo non mi stupisco, dato che già quando studiavo le dinamiche dei mass media per un esame al Dams era chiaro che l’informazione usa un linguaggio fondato sul conflitto e sulla sensazionalità. Ciò però a volte è molto preoccupante.

 

Un’altra tipologia di informazioni, che vorrei che circolasse da fonti ufficiali, e non solo bollettini di guerra di numeri, è quella relativa a come rafforzare il sistema immunitario e come difendersi. Per esempio, fare moto e mangiare bene aiuta ad essere più forti… perchè non lo ricordano a tutti, in questo periodo di quarantena dove a casa ci si intorpidisce le membra? Naturalmente molti noi si sono attrezzati a fare ginnastica da casa (io proseguo coi miei 5 tibetani mattutini che pratico quotidianamente da alcuni anni) ma ricordarlo fra le informazioni su come difendersi dal virus potrebbe essere doveroso. Così come la notizia, apparsa in seguito a uno studio recente, che collega la facilità di contrarre il virus con la carenza di vitamina D: in un momento in cui uscire non si può, e dove non tutti hanno balconi e terrazzi dove prendere il sole stando in casa, non potrebbe essere importante fornire questa informazione, incentivando a prendere vitamina D, nelle varie maniere disponibili, che non è oro colato, ma che può aiutare? molto di più, forse, di tutte quelle informazioni su quanto dura il virus sulle superfici, poco obiettive a volte e fonti di molta ansia per tante persone. Sono solo alcune riflessioni.

 

 

Liuba fa i tibetani e Sole la sua ginnastica 🙂

 

 

Sicuramente questa situazione è drammatica ma anche un’ opportunità spirituale molto grande per tutti, per fermarsi, per riflettere sul senso della vita e degli affetti, per elaborare le proprie ansie, per trovare tutto il tempo che occorre per fare ciò che si desidera fare o ciò che si avrebbe desiderato fare e non c’era tempo.

 

Per me ora non cambia molto. In questo periodo sto accudendo Sole di pochi mesi, sto ancora allattando e sto la maggior parte del tempo con lui, sia adesso con l’emergenza sia prima. Ho lo studio a casa per cui da sempre ero abituata a fare molti periodi casalinghi, anche se poi li alternavo con opening, viaggi, amici, cinema, ristoranti ecc.. ma la clausura totale ogni tanto l’ho sempre praticata, perché ti aiuta a concentrarti su ciò che più ti preme e su ciò che è più importante. La clausura in una casa che in quel momento consideri tua, e che può accadere in diverse parti del mondo (ricordo che quando ho vissuto a new york spesso mi chiudevo in casa a lavorare e molti mi dicevano: sei a new york e te ne stai a casa??). 

 

Ho sempre adottato un modo di vita basato sull’interiorità, sulla lentezza e sul prendere il proprio ritmo, al di là e oltre gli schemi e gli obblighi che ci imporrebbero dall’esterno.

Apprezzo da sempre il silenzio e l’opportunità di scandagliare il proprio animo e basare su questo la propria giornata e il proprio rapporto con gli altri.

Ho sempre pensato che la spiritualità sia necessaria e che collegarsi giornalmente, con meditazione e/o preghiera, a una dimensione più profonda e più alta sia talmente necessaria da essere indispensabile, quando ne sei abituata, indispensabile come l’aria e come l’acqua e come il pane.

 

Su queste tematiche ho fatto molti lavori, quando ancora nessuno ne parlava, e che in qualche modo oggi si possono leggere con occhi differenti. Per esempio ho lavorato molto sul concetto di lentezza, lentezza come prendersi il proprio tempo al di là dei ritmi imposti dagli altri e degli schemi sociali…. non è così che sta accadendo in qualche modo proprio ora?

 

Ho deciso pertanto di rendere pubblici online i miei video della serie The Slowly Project, un progetto in progress che è cominciato nel 2002, anche per contribuire in questo periodo di segregazione in casa a rendere fruibile l’arte, un’arte che parli in stretto contatto con la vita, che sia esperienza del vivere. I video di solito sono protetti da password e in rete se ne possono vedere solo excerpts, mentre in via eccezionale ora potete vederli integrali ai link qui sotto, e sul sito trovate la presentazione del progetto.

 

 

 

 

 

 

 

 

183. La mia mostra col pancione al Museo Pino Pascali

Al sesto mese di gravidanza ho preso l’aereo e sono partita per Bari, dove mi aspettava l’allestimento e l’inaugurazione della mia personale con performance alla Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano, che raccoglieva il ciclo di lavori che dal  2013 ho dedicato alla crisi dei rifugiati: dalle performance partecipative ai video, dagli oggetti alle fotografie alle videoinstallazioni.

 

A dire il vero ho potuto volare in Puglia perchè avevo programmato la data, furbescamente, in un momento della gravidanza in cui mi sarebbe stato probabilmente possibile muovermi, ossia nel secondo trimestre…  L’invito, di cui sono stata strafelice e che ho accettato con entusiasmo e commozione, l’ho avuto da Giusy Petruzzelli verso febbraio, all’inizio della mia gravidanza, quando ancora non sapeva niente nessuno 😊😉 ma io già sapevo che la sinergia con Sole stava producendo frutti meravigliosi e che già eravamo un fantastico team!

Cosi ho fissato la data, fra quelle proposte, nel momento in cui avrei potuto, in teoria, viaggiare, se la gravidanza procedeva senza problemi. E visto che doveva essere nella bella stagione abbiamo deciso per l’inizio giugno.

 

Quando ho accettato mi sono anche detta: vuol dire che se non riuscirò a viaggiare organizzerò la personale e le performance a distanza! Non sarebbe la prima e unica volta che un artista non può essere presente alla sua mostra!! Anzi ciò mi dava anche un non so che di fascino: nel passato ero abituata a sbattermi in lungo e in largo e in capo al mondo, quasi sempre col minimo di spese e spesso senza rimborsi, per realizzare le mie opere, e pensare ora di poter fare una mostra senza muoversi da casa mi affascinava proprio, facendomi sentire più ‘famosa’ 😜 anche se ero consapevole che è un gran casino per la realizzazione dei lavori site specific non poterci essere, e per il mio essere così esigente. Ma ero sicura che sarebbe riuscita comunque bene!

 

Ed ecco che invece passo fortunatamente la gravidanza in perfetta forma, sia fisica che mentale che spirituale (grazie!!!) e, seppur affaticata dal pancione, posso benissimo affrontare il viaggio e partire, quindi sì, Sole, andiamo a Polignano!! (che mi dicevano essere un fantastico posto di mare, come abbiamo visto coi nostri occhi –  i tuoi attraverso i miei).

 

La preparazione della mostra non è stata semplice, poichè le mie energie e il mio tempo erano comunque limitati, per il mio continuo occuparmi della tua crescita dentro di me. In realtà quasi tutti i lavori erano pronti, mancava solo da trovare la tenda dei rifugiati per fare la videoinstallazione You’re Welcome e da organizzare le performance partecipative coi rifugiati, in sinergia coi centri di accoglienza pugliesi che hanno partecipato al progetto con entusiasmo e che ringrazio. Ma il tutto comunque è stato complesso da preparare, perchè come ogni persona che fa una mostra sa, ci sono mille aspetti da curare e considerare, fra i quali anche la comunicazione.

La cosa bellissima è che sono stata supportata in modo fantastico sia dalla curatrice, Giusy Petruzzelli, che dall’organizzatrice e dal curatore del Museo, Susanna Torres e Nicola Zito, nonchè dai coordinatori dei centri di accoglienza SPRAR di Polignano e Bari, dall’ Accademia di Belle Arti di Bari  e dall’assistenza in loco di due giovani artisti, Aurora Avvantaggiato e Raffaele Vitto.

 

Mi avventuro dunque in quel di Bari, accolta con tutti i riguardi dai responsabili del Museo che, visto anche il mio stato, mi sono venuti a prendere all’aeroporto, mi hanno affittato una bellissima casa con terrazza, e mi hanno messo a disposizione tutti i loro tecnici per il montaggio della mostra. Una sensazione bellissima, di cui sono davvero grata!! Che nel mondo dell’arte non capita spesso, lo sanno bene tutti gli artisti!! E pensavo, beata, ecco la soddisfazione di esporre in un Museo, dovrebbe essere sempre così!

 

 

 

LIUBA, Refugees Welcome, 2014-2019 videoinstallazione interattiva. Qui mi vedete insieme alla curatrice Giusy Petruzzelli (a sinistra)

 

 

La sorpresa fantastica, assolutamente non programmata e inaspettata, che forse ha anche reso magica questa mostra, è che per le performance site specific coi rifugiati, previste all’opening del 7 giugno, si sono presentate a partecipare due donne africane anche loro in gravidanza!! Eravamo così tre pancine, tutte e tre in attesa, con i semi della vita dentro di noi e dentro l’opera!! 😍😍❤️❤️

Era commovente e toccante. Non so se tutti se ne sono accorti, eravamo circa tutte e tre al sesto mese di gravidanza (altra coincidenza!) e le pance si vedevano facilmente, ma potevano anche sfuggire per chi ci vedeva per la prima volta!! E’ stato un caso, ma straordinario, e frutto, come sempre capita, di un regista sopraffino!😉

 

 

LIUBA e SOLE, Welcome Here, 2019, performance partecipativa, Museo Pino Pascali, Polignano (BA)

 

LIUBA e SOLE, YOU’RE OUT, 2014-2019, performance partecipativa Museo Pino Pascali, Polignano (BA)

 

 

La mostra al Museo Pino Pascali ( leggi qui il comunicato) e tutto il soggiorno a Polignano è stata un’esperienza bellissima, sia a livello artistico che a livello umano, per la sinergia, l’entusiasmo, la partecipazione, la collaborazione e l’inclusione di tutti. E’ bello, e sono felice, quando l’esperienza artistica dialoga con la società e si interseca con altri ambiti, e diventa esperienza per molti! Fra l’altro, in un periodo delicato dove il governo italiano ha fatto vedere cose poco simpatiche sulla tematica dei rifugiati, la coraggiosa apertura della Fondazione Pascali a volere il mio lavoro è stato un gesto anche molto simbolico, di cui vado orgogliosa e grata.

Devo ammettere che mi stavo commovendo durante l’inaugurazione, per le parole e per l’entusiasmo di tutti! (Qui sotto potete vedere il video del discorso ufficiale di apertura della mostra).

 

 

 

 

 

Ringrazio davvero tutti per l’accoglienza, il supporto, la collaborazione, l’entusiasmo! Ringrazio Rosalba Branà, Direttrice del Museo Pascali, Susanna Torres, Nicola Zito e tutto lo staff del Museo, la curatrice Giusy Petruzzelli, Alessandro e Giulia, responsabili degli SPRAR di Polignano e Bari, l’Assessore alle Politiche Sociali, Santa Nastro, per la comunicazione, Raffaele ed Aurora, per la loro assistenza alle installazioni, e tutti i partecipanti delle performance. E le gallerie Franco Marconi di Monsampolo del Tronto e Crac arte Contemporanea di Terni che sono state con me in questo progetto. Un grazie a tutti di cuore! 😘😘

 

 

ps.

L’edizione unlimited dei miei video coi rifugiati aiuta i rifugiati stessi!

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181. A Roma per l’arte con Sole!

Che periodo intenso! Oltre alla mia priorità, quella di portare avanti al meglio la mia straordinaria gravidanza (anche se non li dimostro ho con orgoglio 55 anni!!), godendo ogni secondo di questa esperienza entusiasmante e informandomi abbondantemente su ogni cosa necessaria, sto portando avanti anche la mia attività artistica, sia con mostre che con la produzione di nuovi lavori. In questo periodo d’oro sta accadendo tutto ciò che mi rende felice e devo anche ringraziare per l’ottima salute con cui sto passando questa gravidanza, che non mi dà problemi ma solo gioie (sì ammetto la stanchezza è tanta e dormo un casino, ma per il resto va benissimo, nemmeno le nausee ho avuto!)

 

A Maggio c’è stata una mini-rassegna di miei lavori al MACRO di Roma, in più date: il 3 maggio con un #Talk di approfondimento sulla mia pratica artistica per la serie Autoritratti, con la proiezione di miei video in dialogo con la bravissima curatrice Maura Favero che ringrazio (potete sentire la registrazione completa qui), accompagnato dal debutto italiano, dopo la Premiere di Parigi, del video The Finger and The Moon #6  proiettato sul Maxischermo del Museo;  il 7 maggio, invece la proiezione del pluripremiato video YOU’RE OUT!  proiettato come parte della rassegna #videodelgiorno  che il Museo Macro Asilo dedica alla videoarte.

 

E sempre a maggio il mio video YOU’RE OUT!  era in visione alla 34esima edizione del festival berlinese Black International Festival  al Rathaus Schöneberg di Berlino e ha vinto il premio come “Best film/video in the Fine Arts Discipline” e ne sono stata molto felice, anche perchè questo video è nato ed è stato realizzato in quella città.

A Berlino non sono andata, si sovrapponeva con le altre cose e in gravidanza era davvero era troppo fare tutto, ma a Roma sì!

 

E’ stato bellissimo andare a Roma, io e te, Sole (ma ancora lo sapevano in pochi!!!), e stare un paio di giorni per visitare mia cugina col suo bimbo nato da poco (sei mesi prima di te!!), vedere amici cari, e fare il talk, cosa che di solito, e tanto più stavolta, mi diverte molto.

 

Il viaggio si è rivelato un po’ stancante fra taxi treno taxi +valigia che ho cercato di fare microscopica, date le mie condizioni, ma comunque un po’ di cose le ho dovute mettere dentro, e sono arrivata davvero ko.

 

Certamente, le stanchezze che si sentono in gravidanza non eguagliano quelle di nessun altro periodo! Ma metti la soddisfazione di fare un talk in pubblico, insieme a te o Sole mio? La vertigine di stare vivendo l’esperienza più forte possibile, quella del crescere una persona nel proprio corpo, sentendosi magici, e al tempo stesso condividere il mio lavoro, che è la mia storia, ciò che amo e che anche mi identifica, mi ha fatto sentire i brividi del piacere e il culmine della felicità. E’ stato un pomeriggio bellissimo e il dialogo con Maura Favero più la visione dei video ha funzionato davvero bene e so che anche il pubblico, seppur un po’ sparuto come capita spesso purtroppo nei Musei, ha molto gradito sia per il divertimento che per le riflessioni (ascolta la registrazione completa qui).

 

 

LIUBA e Maura Favero al MACRO di Roma, aprile 2019

 

 

Non sono rimasta a Roma invece per la presentazione dell’altro mio video perchè mi sono scapocollata a Milano in studio e dalla sarta per finire di preparare lo speciale abito per la nuova performance a sorpresa che stavo preparando per la Biennale di Venezia che era alle porte! Sì, un po’ stanca, ma sono molto felice e mi diverto un mondo e Sole mi dà un’energia magnifica, siamo proprio una bella coppia noi due!!!!

 

E nel prossimo post vi racconto cosa ho fatto a Venezia con la performance… un vero e proprio coming out!

 

 

172. The Finger and the Moon #6 a Parigi

E’ parecchio che non scrivo, ho vissuto molto e intensamente, ma ora ho voglia e bisogno di riprendere a scrivere, a mettere sotto la lente questa strana vita che appartiene a chi come me ha messo il fare arte al centro della propria vita – diario di un artista – ma al tempo stesso è una persona normale nella quotidianità delle piccole cose, degli affetti, dei grandi eventi della vita.

Per molto non sono riuscita a scrivere, prima per il lungo tunnel in seguito alla perdita dei miei genitori, di cui ho già parlato in vari post precedenti, poi perchè, riprendendomi, ho vissuto, intersecando sempre più cose e responsabilità, e poi perchè ho molto lavorato. E non ultimo perchè allo scrivere ci si deve abituare, lo si deve accarezzare con lo spazio raccolto durante la giornata. In realtà è molto che sento il bisogno di fermarmi in quella bolla meditativa che è la scrittura, bolla che ho usato sempre e spesso per interrogarmi e analizzarmi, in privato, e per condividere e compartire, in pubblico.

 

Riprendo dunque a scrivere questo diario raccontandovi della mia avventura artistica parigina di quest’anno, che comincia quando il mio gallerista di Parigi – Pascal Vanhoecke, che però era molto che non sentivo e con cui non facevamo cose insieme – mi scrisse entusiasta del mio libro LIUBA PERFORMANCE OBJECTS (v.post) appena pubblicato, e ne volle acquistare delle copie, invitandomi inoltre a presentarlo nel suo stand ad Art Paris, fiera che che si sarebbe tenuta ad aprile 2018.

 

Ero molto felice!! A poco a poco inoltre l’invito si estese a portare una performance, e poi ad esporre anche un video in fiera. Ciò mi ha dato molta soddisfazione: queste cose aiutano anche ad aumentare la propria autostima, e ciò fa sempre un bell’effetto! E poi le soddisfazioni  mi arrivano più spesso dall’estero che dall’Italia, ciò mi fa un po’ riflettere, ma intanto me le godo! Così sono stata molto contenta di questo invito parigino, nonostante io stia passando un periodo dove spesso rifiuto di fare performance e preferisco mostrare i video risultati dalle performance precedenti. Ma ho riflettuto su Parigi, teatro di recenti conflitti e attentati, e ho deciso che volevo portare in quella città il mio progetto sulle religioni e ho elaborato una nuova performance, The Finger and the Moon #6 da realizzare all’opening di Art Paris, in concomitanza con l’esposizione, nello stand del gallerista, del precedente video a due canali della performance in Vaticano (The Finger and the Moon#2).

 

Sono stata onorata ed emozionata di andare a Parigi, ospite del gallerista, insieme a Mario che avrebbe fatto le riprese, anche se devo dire che è stato piuttosto stancante tutta la preparazione: preparare materiali documentativi della performance e dei lavori in mostra per il gallerista, scovare, tirare fuori ed eventualmente sistemare tutti gli ‘oggetti’ necessari alla performance (che implica preghiere di differenti fedi con diversi ‘strumenti’ v. foto), re-indossare e ‘resuscitare’ l’opera-abito realizzata all’inizio del progetto con la stilista Elisabetta Bianchetti, ripassare le preghiere delle diverse religioni, produrre dei nuovi lavori, organizzare il trasporto delle opere e la proiezione del video.

 

 

(Alcuni oggetti della performance The Finger and the Moon. Foto pubblicata in LIUBA PERFORMANCE OBJECTS, ⓒ LIUBA 2017)

 

 

particolari del vestito della performance ⓒ LIUBA 2017

 

 

Non so perché ma più passa il tempo più mi stresso e mi stanco a preparare le mostre e le performance, forse anche perché preparare insieme sia una performance che una mostra E’ SEMPRE molto stancante, perchè bisogna concentrarsi su più fronti. Inoltre ciò che mi stanca di più non è tanto la creazione del mio lavoro e di tutte le decisioni che bisogna prendere (anche se rifinisco tutto al cesello perché sono sempre perfezionista), ma la logistica, come il coordinare altre persone, scambiare email, produrre documentazioni e gestire le produzioni. Non credo che chi vede da fuori l’attività di un’artista si renda conto di quanto complesso sia tutto il lavoro e l’organizzazione che c’è dietro ad ogni mostra e/o performance, tanto più quando sono in simultanea. In passato mi ero ripromessa di non fare più sia mostre che performance insieme, ma per questa volta a Parigi ho fatto volentieri un’eccezione. E dire che ho anche la fortuna di avere un’assistente che un po’ mi aiuta, anche se solo una volta alla settimana, sulla comunicazione e cose varie.

 

Lo dico con onestà: c’è la parte piena di fascino, del fare l’artista, che è la creazione e la gestione del proprio lavoro, e poi la parte più noiosa come la logistica, la documentazione e la comunicazione. E sì che ancora oggi molte persone pensano che l’artista non faccia niente e che come per miracolo stia a produrre idee che diventano automaticamente opere e lavori… niente di più sbagliato! Occorre lavoro, tanto lavoro, a 360 gradi. Che poi se ci dovessero pagare ad ore, con una tariffa oraria da professionista, non so quanto costerebbero le mie performance e i video!

 

Vabbè scusate la divagazione, ma ogni tanto e soprattutto qui è importante anche parlare di stanchezza e fatica, e torniamo a Parigi. Ci sono stata due volte: la prima per fare la performance e la mostra ad Art Paris, ad aprile, e la seconda volta a fine giugno per presentare in galleria il video che nel frattempo – a tempi da record per i miei standard che contemplano anche un anno di lavoro per ogni video – avevo montato, anche con soddisfazione del risultato.

 

C’è un aneddoto che mi piace svelare qui con voi riguardo alla mia performance fatta ad Art Paris al Gran Palais, perché per me è quasi un paradosso. Allora, essendo stata invitata dal gallerista a fare la performance in Fiera, mi è stato chiesto di mandare al comitato direttivo il progetto dettagliato della mia performance molti mesi prima. Ok, fatto. Non amo molto scrivere i progetti, perché ciò che voglio dire lo dico col lavoro, ma s’ha da fare anche questo – e il progetto fu approvato. Nota bene che molto spesso io lavoro facendo le performance a ‘sorpresa’ senza chiedere permesso a nessuno e senza avvisare, ma questa volta, soprattutto per gentilezza verso il mio gallerista, feci avere tutto il progetto in anteprima come richiesto.

 

Ebbene, pochi giorni prima dell’inaugurazione, il mio gallerista mi scrive dicendomi che la direzione della fiera gli comunica che non posso fare la performance all’opening della fiera, ma solo in un altro giorno di apertura, poichè durante il vernissage c’è molta gente e può “disturbare la circolazione”. Ecco cosa scrive la coordinatrice della fiera al mio gallerista:

 

Pour faire suite à nos échanges de ce jour et concernant la performance de LIUBA, je te confirme qu’aucune performance ne sera autorisée le jour du vernissage en raison des règles de sécurité en vigueur au sein du Grand Palais. (…) Si jamais l’intervention de LIUBA venait à perturber la circulation dans les allées ou créer un quelconque débordement, nous serons contraints de faire intervenir le service de sécurité.

 

AHAHAH! Cosa? Non potevo credere ai miei orecchi! Prima vogliono e approvano il progetto, poi se la fanno sotto dalla paura? Per quello non chiedo mai permesso prima di fare le performance!! 😀 😀

 

Dico allora al gallerista che non esiste, io le performance le faccio solo all’opening o niente. A livello istintivo inoltre, se fosse stato per me, questo divieto mi ‘solleticava’ davvero a provocarli, andando a fare la performance tranquillamente all’inaugurazione proprio nei luoghi più strategici. Ma non volevo mettere a disagio il mio gallerista, che esponeva in fiera e mettergli contro lo staff della fiera, per cui decidemmo insieme che avrei fatto la performance sì all’inaugurazione, ma stando in punti più defilati. E così feci. Invece di andare liberamente in giro per la fiera come un visitatore, come faccio sempre, ho dovuto concordare il giorno stesso con lo staff della security del Gran Palais, che era in fibrillazione per l’ansia, dove mi sarei fermata ‘a pregare’ e non doveva essere in zone di grande affluenza.

 

 

 

 

LIUBA, The Finger and the Moon #6, 2018 videostill from performance and video

 

 

 

Ma vi rendete conto? E’ proprio ridicolo!! Invitata a fare una performance, approvato il progetto – che fra l’altro era chiarissimo e ben documentato in quanto di questo progetto esistevano versioni precedenti fatte alla Biennale di Venezia e in Vaticano – pochi giorni prima si sono spaventati e me l’hanno vietata per sicurezza. Molto molto interessante la cosa… Molto divertente, e anche molto triste.

 

Una fiera dell’arte che boicottta, perchè spaventata, una performance artistica che aveva precedentemente richiesto e approvato. Ma allora vuol dire che l’arte ha potere sulle persone? Che parlare di certi temi è ancora molto scottante? Inoltre questo fatto è una prova ulteriore che le fiere dell’arte ‘disturbano l’arte’ e che spesso sono contro di essa. In un certo senso ciò che è accaduto è musica per le mie orecchie, perché conferma la mia irriverente seppur delicata critica a tutto il sistema, che ho affrontato spesso in tutti questi anni e con molte performances.

 

Durante la performance poi andò tutto bene, anche se come concordato ho potuto farla solo in due punti, uno dei quali lo stand della mia galleria (!), e mi sono focalizzata più del solito sulle reazioni e i visi delle persone, per poi costruire un video dove, a mio parere, ciò che emerge è la sensazione di straniamento che la spiritualità (multi-fede, con tutto ciò che implica naturalmente) causa in un contesto di ‘mercato’ come quello di una fiera commerciale di arte contemporanea. La spiritualità sembra un elemento quasi estraneo nell’ambito della Fiera, non appartenente al mondo dell’arte, cosa paradossale, in quanto sappiamo – io ne sono convinta – che ogni atto creativo è sempre connesso con la dimensione spirituale, di qualunque forma essa sia.

 

Ritornai dunque a Parigi a fine giugno per presentare in galleria il video ricavato da questa performance. Ho montato il video col nuovo Mac e devo dire che è proprio più comodo manovrare questo computer! Lo so, dovevo fare prima questo passaggio da pc a mac, ma non avevo avuto i fondi prima e la voglia poi. Ora ne sono molto soddisfatta. Ho sfidato un po’ me stessa, promettendo al gallerista che avremmo presentato il video a fine giugno e sono riuscita a montarlo in tempi molto più brevi del mio solito. E credo sia venuto un bel lavoro. E’ stata una gioia per me la serata di presentazione alla galleria di Parigi (con esposti anche gli altri video della serie The Finger and the Moon).

 

Mi ha commosso vedere l’interesse delle persone, le miriadi di domande e riflessioni del pubblico, numeroso e motivato, che rimase fino a tardi a parlarne,  in una serata lunga ricca e densa. Mi sento felice e realizzata quando i miei lavori recano agli altri tante domande riflessioni ed emozioni. Ciò mi commuove, e mi ripaga di ogni fatica. Il video è ancora inedito in Italia, a parte averlo fatto vedere, insieme ad altri lavori, nelle presentazione del mio libro e opere video che sto facendo in varie parti d’Italia. Chi lo vuole vedere (o mostrare) mi può scrivere in privato.

 

 

Videopresentation and talk at Galerie Pascal Vanhoecke in Paris, June 2018. LIUBA and Ambra Giombini

 

 

LIUBA and the Pascal Vanhoecke Gallery team 🙂

 

 

Chiudo questo post ringraziando Pascal Vanhoecke, il gallerista che mi ha invitato e ha permesso la realizzazione di questo lavoro, e la giovane curatrice Ambra Giombini, per aver scritto di me e di questo progetto sul magazine online Artjuice.net

 

 

 

LEGGI L’ARTICOLO

 

 

165. Refugees Video Edition debutta a Berlino

Martedì 17 gennaio ero a Berlino ad Image Movement a presentare l’edizione a tiratura illimitata dei miei video con e sui rifugiati, che sarà disponibile in vendita (braccialetto usb con i video + pieghevole info e poster) e il cui ricavato andrà in parte ad aiutare direttamente i rifugiati.

 

Mi piace molto Image Movement, dove avevo presentato un’antologica dei miei video lo scorso anno sempre a gennaio, è un posto dedicato alla video arte, al video d’artista, al video sull’arte, ai film d’autore e alla musica di ricerca. E’ un piacere andare a piluccare novità e piccole golosità in questo spazio, e sono felice che da ora in poi sarà possibile anche trovare i miei video in vendita!

 

E’ in realtà un’eccezione che i miei video siano distribuiti a tiratura illimitata (ma degli stessi lavori esiste anche un’edizione da collezione a tiratura di 3, come per gli altri miei video), ma visto la tematica così universale e attuale di questi lavori ho sentito il bisogno che queste opere circolassero anche fuori del ristretto contesto dell’arte o dei festival e che fossero accessibili a tutti. E’ un esperimento, ma anche una dichiarazione concettuale

 

Ed ecco alcune foto dell’evento berlinese:

 

 

 

 

compra una copia

 

 

 

160. La Convenzione di Dublino, i Rifugiati, e il mio video Refugees Welcome

La Germania ha deciso in questi giorni, visto i tragici esodi che continuano imperterriti, di non seguire più la convenzione di Dublino * per i rifugiati provenienti dalla Siria e di accoglierli, indipendentemente dal luogo in cui sono sbarcati in Europa. E’ un passo importante e un’ottima notizia. Dall’altro lato c’è però l’ennesima terribile notizie della morte di centinaia di persone, sia nel mare che nei tir, nel disperato viaggio di fuga dalle loro terre verso l’Europa.

Alla luce di questi fatti ho deciso di rendere pubblico e visibile online la VERSIONE INTEGRALE del mio video ‘Refugees Welcome’, tratto dalle performance partecipative coi rifugiati realizzate a Berlino,  video finito da poco e quindi ancora inedito.

Ho deciso di divulgarlo poichè lo spirito con cui è nato questo lavoro è di sensibilizzazione e sostegno. Il progetto è nato site specific a Berlino.
Sul mio sito trovate informazioni sul lavoro e sul progetto. In questo blog trovate molti post che raccontano la storia, gli aneddoti dei contatti coi rifugiati, gli sviluppi. (post 132, 133, 135, 136, 148).

Sotto il video ci sono alcune informazioni pratiche, non esaustive, su dati e fatti di questo problema.

 

Il video sarà visibile online da oggi mercoledì 26 agosto 2016. E’ possibile condividerlo.

 

Buona visione
LIUBA

 

LIUBA, Refugees Welcome, 2013-2015 Germany-Italy, colors, 16’57”

 

 

Alcune informazioni pratiche sul tema dei rifugiati:


Rifugiato: è una persona che, secondo lʼarticolo 1 della Convenzione di Ginevra del 1951 “nel giustificato timore dʼessere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato”.
Secondo le stime dell’UNHCR i rifugiati nel mondo sono circa 11.7 milioni.
L’intera Europa accoglie circa 1 milione 700 mila rifugiati, un numero simile a quello presente nel solo Pakistan. La maggior parte di loro si colloca in Germania, con una presenza di 589.737, mentre 149.799 sono in Gran Bretagna e 64.779 in Italia.Richiedente asilo : Un richiedente asilo è colui che è fuori dal proprio Paese e presenta, in un altro Stato, domanda per ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o altre forme di protezione internazionale.

 

* Convenzione di Dublino : LʼUnione Europea, per evitare le richieste di asilo multiple, inoltrate cioè a più Stati, per velocizzare le procedure e per limitare il numero di richiedenti asilo mandati da uno Stato allʼaltro, decide di uniformare il più possibile le procedure e le norme che riguardano questa materia e, a partire dalla Convenzione di Dublino entrata in vigore nel settembre del 1997, prevede che sia competente al riconoscimento o meno dello status di rifugiato “lo Stato nel cui territorio il richiedente asilo è entrato irregolarmente provenendo da uno Stato non membro dellʼUnione Europea”.

 

Eʼ evidente che lʼItalia, per le sue caratteristiche geografiche, sia il paese d’Europa dove arriva la maggior parte dei rifugiati i quali, pertanto, ottengono dei documenti validi solo in Italia. Ciò causa due effetti paradossali: che l’Italia dovrebbe gestire da sola tutto il grande flusso di arrivo dei rifugiati, e che queste persone, recandosi in altri paesi d’Europa per trovare lavoro, proprio in quei paesi non hanno nè documenti nè possibilità pertanto di lavorare.

 

Tra le molte proteste per l’acquisizione dei diritti, in Germania la più visibile fu nel 2012, quando con gli slogan “We are here” e “Kein mensch ist illegal” (Nessuno è illegale), più di 200 rifugiati da differenti parti del mondo, allestirono una tendopoli di protesta in Oranienplatz, una piazza del centrale quartiere Kreuzberg di Berlino, supportati anche dalla solidarietà di molti cittadini e di alcuni politici.

 

“The camp housed around 100 people from the end of September 2012 until April 2014, when it was cleared. From the dozens of tents that once covered the southern side of the square, only one – an information tent – was allowed to remain, and that was burnt down a few weeks ago. The refugees based there demanded the right to work, the abolition of Residenzpflicht and assurances that they will not be deported. In short, they campaigned for an existence free of constant uncertainty and the right to be allowed to settle in Germany. The camp came about as a direct result of the suicide of an Iranian refugee in a refugee shelter in Würzburg in March 2012. (Nina Rossmann)

 

Dal 25 agosto 2015 la Germania ha deciso di non seguire più la convenzione di Dublino per i rifugiati provenienti dalla Siria, e di accoglierli, indipendentemente dal luogo dove hanno toccato il suolo in Europa. Un bel passo avanti!

156. LIUBA @ Centrale Fotografia, Rocca Malatestiana, Fano

Essere invitati da Luca Panaro a partecipare a una rassegna che lui cura è sempre un piacere. Prima di tutto perchè il suo lavoro è eccellente e sempre di grande qualità, secondo perchè Luca conosce benissimo il mio lavoro, dai tempi di Bologna negli anni 2000, e lavorando con lui possiamo costruire insieme i progetti avendo tanti anni di conoscenza alle spalle.

 

Questa volta mi ha invitato a presentare il mio Slowly Project alla Rocca Malatestiana di Fano, per la rassegna Centrale Fotografia che organizza insieme a Marcello Sparaventi, facendo sia una performance live sia presentando i video già realizzati del progetto.

 

E’ stato molto interessante partecipare, interagire col pubblico divertito durante la performance, mostrare le mie opere video, fare l’intervista con Luca, e anche scoprire una cittadina come Fano che non conoscevo nella sua bellezza, nonchè andare a cena con tutti gli artisti e organizzatori partecipanti.

 

 

ROCCA MALATESTIANA di FANO (PS)

 

nell’ambito della rassegna

 

IN ITALIA
a cura di Luca Panaro e Marcello Sparaventi

 

Giovedì 11 Giugno 2015 h. 21.00

 

TAKE YOUR TIME
Performance e videoproiezione di LIUBA
dal ciclo The Slowly Project
a cura di Luca Panaro,
in concomitanza con la Lunga Giornata della Lentezza

 

Sabato 13 Giugno 2015 h. 16.00

 

Mediateca Montanari Memo, piazza Pier Maria Amiani, Fano
Proiezione dei 3 video di LIUBA del ciclo
The Slowly Project
Take your time – New York, 2005-2011
Take Your Time – Modena, 2008
Art is Long, Time is short – Basel, 2004-2009

 

e LIUBA IN CONVERSAZIONE CON LUCA PANARO

con replica della proiezione alle ore 17.

 

 

 

Qui sopra il video della pubblica intervista con Luca Panaro

 

 

152. Ritorno a Berlino e video

2015-03-07 18.00.47

 

Sono stata a Berlino più di un mese, e per lo più ho lavorato al nuovo video Refugees welcome, il progetto site specific che ho in corso sulle tematiche dei rifugiati e le loro storie. Potete avere più notizie su questo progetto cliccando qui.

 

Sono stata contenta perché per la prima volta non ho montato il video da sola come ero solita fare per i precedenti progetti (devo riconoscere che sono in un periodo delicato dove mi è fondamentale lavorare con qualcun altro, almeno per non perdermi nei miei pensieri),  ma con l’aiuto di un montatore spagnolo, il supporto di un regista americano e la supervisione di un tecnico del suono italiano.

Questo poutpurri di persone e incontri da provenienze diverse non poteva accadere che qui a Berlino, ed è per questo anche che ho deciso di venire qui a produrre i lavori. E’ da novembre 2013 che avevo scelto Berlino (e non più New York) come luogo ideale per vivere e fare arte. Purtroppo ci sono stati dei forti dolori nel frattempo e delle grandi perdite, che hanno reso questo ultimo periodo davvero il più difficile della mia vita.

 

A volte ti dicono che le grandi prove della vita vengono per insegnarti qualcosa, oppure per rafforzarti, io posso solo dirvi che sto facendo una grande fatica, a volte sono proprio giù e mi sento sospesa in una bolla di vuoto che non va da nessuna parte e di cui ho paura. Ma poi da qualche parte profonda l’entusiasmo fa di nuovo capolino, l’entusiasmo per la vita e per l’arte, e riesco a procedere per la strada che penso mi sia assegnata (dico ‘penso’ perché non fa giorno che quasi non mi interrogo se sto facendo la cosa giusta o se sto seguendo la strada che devo seguire, e come potete prevedere le risposte sono alterne…!)

 

 

still refugees-141202_163929-2   Refugees Welcome, videostills, 2015

LIUBA, Refugees Welcome, videostills, performance @Kreuberg Pavillon, Berlin, 2014

 

 

 

Allora, vi dicevo di questa esperienza sociale e lavorativa berlinese che mi ha dato molta soddisfazione perché innanzi tutto ho condiviso l’entusiasmo per i miei progetti con alcune persone, e il processo di creare qualcosa di bello insieme.

Inoltre, e cosa fondamentale, per quanto riguarda i video ero bloccata da alcuni anni. Il video nel mio lavoro è una parte assai importante, che fa da complemento alla parte performativa,  Era dal 2011 che non finivo completamente un video. È impressionante! Ho lavorato a molti progetti, fatto molte performance e mostre, accumulato molto materiale di riprese, ma nessun video è stato finito. Se devo essere sincera mi sono impantanata nella realizzazione del video di The Finger and the Moon #3, al quale sto lavorando da due anni, e pur avendolo finito un paio di volte, non ne sono soddisfatta, per cui il progetto è sempre aperto, non lo ritengo finito e non l’ho ancora esposto ( e a genova stanno aspettando per esporlo!). Poi ci sono state le mie dolorose vicende personali dell’ultimo anno, che mi hanno bloccato ulteriormente, paralizzato quasi. Ora quindi è quasi una conquista aver finalmente ripreso a lavorare al montaggio dei video, e ad avere finito una nuova opera! E sapevo che da ora in poi non posso più occuparmi interamente del montaggio, e che devo cominciare a collaborare con dei montatori.

 

Così sono doppiamente contenta di aver inaugurato con questo video una nuova fase, che implica la collaborazione di diversi professionisti. Un lavoro di equipe, tenuto insieme dalla mia regia, come succede nei normali film. Mi sento grata a queste persone di aver collaborato con me, e contenta di aver cominciato questa fase collaborativa. Non posso ancora farvi vedere qualche immagine del video, perché manca la correzione colore e la lavorazione dell’audio, anche queste parti che di solito facevo da sola e che ora affido a dei collaboratori professionisti. Ciò mi diverte parecchio, di potermi occupare più precisamente della parte registica e creativa, delegando ai tecnici più esperti di me gli aspetti di loro competenza. E tutto ciò non poteva che avvenire qui a Berlino, città piena e pullulante di giovani (e non) creativi provenienti da ogni parte del mondo. E’ facile trovare collaboratori entusiasti e motivati, oltre ad essere la città sia stimolante, per le proposte, sia tranquilla e lenta, cosa che favorisce la creatività. In questo tempo quindi, a parte qualche evento sociale, o qualche uscita per andare al cinema o a sentire del jazz, o a bere la buonissima birra, ho passato la maggioranza delle mie giornate a lavorare creativamente al video e ad altri progetti, solo inframmezzate dalla ormai abitudine acquisita di correre due volte alla settimana e nuotare una volta alla settimana. Cosa che mi aiuta molto.

148. La Seconda Performance Refugees Welcome a Berlino

Nonostante il periodo difficile, come scrissi nel post precedente ho accettato l’invito di un regista americano, Zachary Kerschberg, che mi chiese di tornare a Berlino per rifare la performance Refugees Welcome, alla quale lui aveva assistito a dicembre 2013, da inserire nel film che stava facendo.

 

Mi ha commosso quando mi ha detto che era al Kreuzberg Pavillon quel giorno di dicembre 2013 quando feci la performance collettiva invitando i rifugiati in galleria, e che quella è stata la cosa più commovente e speciale a cui lui aveva assistito in quella città, e voleva inserirla nel suo film. La sua telefonata è stata musica per le mie orecchie, in un momento della mia vita così doloroso e in cui ero così persa, senza fulcro, senza famiglia, senza appartenenza, e senza sapere cosa avrei fatto e dove avrei vissuto.

 

Così abbiamo fatto un accordo: io avrei rifatto la performance veramente (ossia l’avrei fatta in uno spazio e per un pubblico e non solo per le riprese del film) e lui poteva filmarla e in cambio mi dava le riprese dei suoi cameraman, da usare per il mio video, e mi avrebbe aiutato ad organizzare la complicata logistica della performance.

Poichè avevo in mente anche una nuova idea di performance collettiva da fare con i rifugiati e a lui e alla sua troupe piacque tantissimo, decidemmo che le avremmo fatte entrambe, e che mi avrebbero aiutato a produrre e organizzare il nuovo lavoro, oltre a farci le riprese.

 

Che meraviglia e che felicità! Un invito coi fiocchi e una troupe di ragazzi in gambissima con cui lavorare , l’onore di essere cercata perchè il mio lavoro li aveva colpiti, la possibilità di produrre un nuovo lavoro che era nella mia mente… tutto era un segnale perchè io tornassi a Berlino e direi come una coccola in quel lungo periodo di lutto e solitudine estrema che stavo passando.

 

Certamente non ero molto in forma quando arrivai là, nè molto allegra e in energia nei giorni in cui sono stata a Berlino, è come se tutto fosse più difficile nel mio stato e ho fatto moltissima fatica a lavorare e a concentrarmi, ma le due performance sono venute benissimo e con l’aiuto di Zach, Dominique e tutti gli altri hanno avuto una partecipazione altissima di rifugiati, ovviamente maggiore della prima volta quando andavo in giro per Berlino da sola a conoscere i rifugiati e ad ascoltare le loro storie (v. post 132, 133, 135), anche se abbiamo comunque lavorato sodo in tanti per contattare e coinvolgere i rifugiati che volevano partecipare a questa nuova performance, aiutati da alcuni rifugiati stessi.

 

Anche questa volta la performance la feci al Kreuzberg Pavillion di Berlino, poichè i galleristi, che avevano creduto moltissimo nel progetto quando l’avevo fatto la prima volta, accettarono molto volentieri di rifare una serata speciale solo per la performance.

Ed ecco alcune foto della nuova performance, e la presentazione.

 

LIUBA, REFUGEES WELCOME, Performance interattiva e collettiva con i rifugiati e il pubblico,  Kreuzberg Pavillon, Berlino 14/11/2014

 

 

Questo progetto ripropone a grande richiesta la performance effettuata da LIUBA l’anno scorso e sarà inclusa dal regista americano Zachary Kerschberg nel suo nuovo film documentario.

 

Il progetto è’ composto da due parti: la performance in galleria, e il precedente e lungo lavoro preparatorio site-specific, consistito nel prendere contatti con rifugiati in protesta a Berlino, nel conoscerli e ascoltare le loro storie e i loro problemi, per poi invitarli a partecipare alla performance in galleria che consiste in 12 simbolici minuti di silenzio in segno dei loro diritti e della loro accettazione.

 

Alcuni concetti che hanno portato LIUBA a questo lavoro:

 

Penso che le persone e i loro problemi siano più importanti dei progetti artistici.

Porto delle persone viventi in galleria perchè le persone, le loro vite e le loro problematiche sono ciò che veramente importa adesso.

Raduno insieme persone diverse in uno stesso luogo, perchè ciascuno ha il diritto di stare in quello stesso luogo.

Voglio che le persone stiano in silenzio, osservandosi l’un l’altro. Il pubblico della galleria e i rifugiati. Osservare è il primo passo per conoscere, accettare, rispettare.

Guardare l’altro significa trovare la base comune della nostra esistenza: essere vivi adesso.

Costruisco la performance col proposito di creare esperienze personali per le persone, interiori ed esteriori.

L’arte diventa un mezzo per dare ai rifugiati un modo per essere ascoltati, per essere visibili, per essere rispettati.

 

 

 

145. Il mio video al Funf Seen Film Festival

Scrivo davanti al lago dove sto prendendomi una pausa nel bel territorio bavarese, dopo aver ieri presentato il mio video The Finger and the Moon #2  al FUNF SEEN FILM FESTIVAL in Starnberg, Munich (D).

 

Devo dire subito che sono stata felice e appagata, il mio video (e lo dico con un po’ di timidezza e di modestia, ma è vero!) ha avuto un grande successo, forse devo dire più di tutti gli altri, perchè è stato l’unico video che ha avuto battimani e forti applausi a scena aperta durante la proiezione, e i commenti delle persone sono stati entusiastici.

 

Questi momenti, assommati con la cordiale ospitalità e il rispetto con cui sono stata trattata, rendono finalmente il cammino dolce e il piacere profondo nel fare arte, perchè vedi che gli altri ne traggono godimento, che è forse la soddisfazione più profonda e il vero senso per cui facciamo le cose.

 

Che dire di più? Che chiedo ancora di questi momenti e ringrazio infinitamente per averli vissuti e goduti. Sono in un momento molto difficile della mia vita, e non ve l’ho ancora raccontato, quindi avere queste soddisfazioni mette un po’ di carburante nella mia macchina che cammina a fatica.

 

 

 

 

 

LIUBA, The Finger and the Moon #2, two channel video, 12’38”, 2009-2010. Performance: Saint Peter’s Square

 

 

 

 

69. Il video “Senza Parole”

Nel frattempo qui a New York ho finito di mettere online il video Senza Parole che ho ‘ritirato’ dalla Biennale di Torino (v. post) e mandato la newsletter (dovevo farlo prima di partire ma non ce l’ho fatta, e poi nessuno mi correva dietro d’altronde … ).

 

 

 

 

 

The video comes from LIUBA performance at the entrance of the Italian Pavillion at Venice Biennial 2011.

 

The Italian Pavillion 2011 was very controversial and discussed. The curator, active more in the Politics than in the Contemporary Art, asked to 100 of Italian ‘known’ people to invite their one best loved artist to the Venice Biennial Italian Pavillion. The result was a show with no curatorial logic and full of any kind of works and styles.
Many of the Italian Art-World people criticized this Pavillion. LIUBA expressed her disagreement in an ironic way, distributing flyers at the entrance of the show, as giving the explication of the exhibition. Except that the flyers were white, blank. Empty.

 

Interesting, as usual in LIUBA’s works, people reactions: many react automatically when receiving a flyer, many don’t want it, many other take it without reading, some were thinking Liuba was a Biennial Hostess and asked practical informations, and many people perceived and enjoyed the performance as well.

66. Il Supermerkato di Torino

So che siete curiosi di sapere com’è andata alla Biennale di Torino, molti mi hanno chiesto il resoconto e le mie opinioni, ed eccomi qui, con calma in una giornata nevosissima in montagna (scrivo in un posto con larghe vetrate ed è bello vedere grossi fiocchi scendere da ore e ore, e vedere incicciottirsi lo strato di neve sui pini, sulle case, sulla strada e sulle macchine … ).

 

E’ il momento adatto per fare il punto della situazione, finalmente mi prendo un bel break, riposo e ripensamento su tutto. Spesso continuare ad andare avanti a fare l’artista non è proprio una cosa facile, e dopo tanto lavoro (a volte con risultati gratificanti, a volte meno) è necessario prendere un po’ di distacco dal mondo dell’arte ( … non dalla creatività).

 

Se devo essere onesta, anche la Biennale Torinese di Sgarbi ha contribuito a stancarmi e non è stata per niente gratificante, anzi pure un po’ deprimente, vedendo il modo in cui vengono fatte le cose (d’altronde non è che mi aspettavo niente da questo evento) e come sono trattati gli artisti.
La prima emozione che ho provato è stato di sforzo vano e di stress per nulla in cambio, ed irritazione per tutto. Ma veniamo ai dettagli.

 

Innanzi tutto era da quando mi avevano invitato, più di un mese prima della vernice, che, sia io che la mia assistente, abbiamo detto più volte che avrei esposto un video e chiesto se c’era l’attrezzatura appropriata, ma sino all’ultimo momento non abbiamo ricevuto risposta. Come sapete dalle puntate precedenti, non ero molto convinta di partecipare, anzi non ero convinta affatto per quanto riguarda la natura e la modalità dell’evento, ma ho ritenuto interessante partecipare per dire, con un’opera, la mia opinione e la mia perplessità. L’arte è anche un modo di comunicare, e cosa c’è di meglio che parlare con il proprio lavoro? Così, invece di rifiutare l’invito, ho preparato il video ‘Senza Parole’ e ho partecipato in maniera critica e dialettica, cosa di cui sono soddisfatta e orgogliosa … (Ma lo sforzo è valsa la pena? … ).

 

Pochi giorni prima dell’opening vengo a sapere in maniera definitiva che ogni artista si deve ‘arrangiare’, quindi per il mio video non c’è niente (“Ha un quadro o una scultura?” Era questa la domanda che mi sentivo ripetere da chiunque mi contattava o contattavo – e già questo la dice lunga sull’attualità di questa mostra … ).

Quindi dovevo portare a Torino la mia attrezzatura e lasciarla in mostra per due mesi, secondo il calendario. Ero fuori di me dal nervosismo per questa situazione: portare il mio videoproiettore e il computer (meno male che ho un secondo computer più vecchio)? comprare un monitor da lasciare lì? Già cominciavo a dare i numeri e andai a Torino, nei giorni dell’allestimento, tesa come una corda di violino (fa anche rima … ).
Per fortuna è proprio la prima volta che mi capita di essere invitata a una mostra dovendomi portare la tecnologia per esporre, e francamente spero sia anche l’ultima.

 

Arrivo alla sala Nervi, spazio meraviglioso e gigante, senza nemmeno sapere se c’era almeno una presa per ricevere la corrente e una posizione adeguata. Sono stata fortunata perché sono stata accolta in maniera molto gentile e professionale dalla ditta di allestitori che si occupava di montare tutte le opere arrivate (dicono un circa mille opere). L’architetto mi ha seguito nell’allestimento e abbiamo creato uno spazio sufficientemente buio, con una parete fittizia, per allestire il video con il videoproiettore (mio, che mi ero portata da casa!) e il loro elettricista ha risolto tutti i problemi di connessione e allacciamento per l’elettricità. Bene – ho pensato – almeno questa è fatta, e non mi sono dovuta stressare (al contrario invece di moltissimi altri artisti che, portando le loro opere, pretendevano di essere messi nello spazio più in vista di tutti e si litigavano le locations … Forse perché a me non me ne importava granché, ho avuto il trattamento migliore – così mi disse pure l’architetto … ).
Bene dunque per l’allestimento e gli allestitori, ma l’enorme quantità delle opere e gli abissi di qualità tra una e l’altra, e l’effetto vetrina-totalmente-riempita-di-un-negozio-dove-non-vedi-più-cosa-c’è-dentro, mi lasciava molto perplessa, anzi attonita.

 

Ero sempre meno convinta di avere un effetto benefico dal partecipare a questa mostra … ero pure un po’ inquieta, anche e soprattutto per il mio videoproiettore – anche se mi avevano assicurato che c’era un’assicurazione per le opere – lo avrebbero acceso correttamente? (nonostante avessi appiccicato le istruzioni per colui che l’avrebbe manovrato), l’avrebbero addirittura acceso o se lo sarebbero dimenticato? (visto che era l’unica videoproiezione di tutte le mille opere … ) e se si fulminava la luce?

Vabbè, ci penserò su, finito l’allestimento torno a Milano e ritorno sabato per l’opening ufficiale, facendo mille salti mortali per incastrare tutto con i tanti altri impegni.

 

Cosa devo dirvi? qualche opera interessante c’era, ma era tutto uno sopra l’altro, c’era di tutto e di più, non un minimo di ‘concetto curatoriale’ nè un criterio espositivo e selettivo … C’era solo questa idea sbandierata in lungo e in largo di arte per tutti, arte senza limiti, mostra come un imbuto dove metter di tutto e poi il pubblico sceglie … Molti artisti erano al settimo cielo di essere presenti e di essere esposti, per qualcuno era davvero gratificante, per altri molto meno, dipende da cosa cerchi, chi sei e cosa vuoi, no?

 

Io posso essere d’accordo in linea di massima sul concetto di far uscire l’arte dalle poche gallerie monopolizzanti, ma ho trovato questa mostra e tutta l’operazione un grande sfruttamento dell’arte e degli artisti fatta a scopi pubblicitari  e politici. Scusate la franchezza, ma mi sono davvero irritata, non c’era nè catalogo nè il nome degli artisti partecipanti, solo una grande eloquenza intorno al nome di Sgarbi e della sua ‘democratica’ operazione. E vedevo con rammarico stuole di artisti che si sono pagati la spedizione di opere enormi e pesanti da ogni parte di Italia, a loro spese, pur di partecipare e di dire: io c’ero alla Biennale di Sgarbi … A me sembra l’ennesimo modo di trarre profitto dal lavoro degli artisti e di ricevere gratis e senza troppo sforzo un grande ritorno sfruttando il lavoro degli altri. Boccaccia mia statte zitta, ma questo è ciò che penso e sapete che nel mio blog sono sempre sincera.

 

Rispetto al cento per cento gli artisti che credono in queste operazioni, quelli che sono stati contenti e che hanno avuto una opinione positiva e gratificante, rispetto il concetto di voler fare qualcosa fuori dalle logiche delle gallerie potenti e dai ‘soliti noti’, però lasciatemi dire che io  non trovo minimamente il senso di mostre come queste. C’erano così tante opere accumulate una sull’altra, e tante sale, e tanto freddo (non era stato acceso il riscaldamento durante l’opening e nemmeno durante l’allestimento!!) che non era possibile vedere tutti i lavori, e men che meno capire perchè erano lì.

 

Devo anche riconoscere che la mia partecipazione ‘critica’, col video della mia performance al Padiglione Italia alla Biennale di Venezia che ironicamente si beffava di questa esposizione, non mi è sembrata potesse ricevere la necessaria attenzione, perché il contesto era del tutto inadatto alla fruizione di quel lavoro.

Così  HO DECISO DI TOGLIERE LA MIA OPERA dalla mostra, lasciare la mia parete vuota (portarmi a casa il proiettore!) e pubblicare il video su vimeo e su you tube … (chi me lo faceva fare di stare là in mezzo col mio lavoro e in più rischiare di perdere un prezioso videoproiettore per questo supermerkato dell’arte?).

 

ECCO, solo quando la mia amica Flavia di Torino, che è andata gentilmente a prendermi il mio lavoro e tutto il materiale, mi ha scritto “missione compiuta!”  MI SONO FINALMENTE SENTITA SOLLEVATA!!

E se volete vedere il video ritirato … eccolo qui, liberamente fruibile per tutti su vimeo e youtube

 

 

LIUBA, Senza Parole, performance e video, Biennale di Venezia 2011, videostills

 

 

 

 

The video comes from Liuba performance at the entrance of the Italian Pavillion at Venice Biennial 2011.

The Italian Pavillion 2011 was very controversial and discussed. The curator, active more in the Politics than in the Contemporary Art , asked to 100 of Italian ‘known’ people to invite one best loved artist to the Venice Biennial Italian Pavillion. The result was a show with no curatorial logic and full of any kind of works and styles.

Many of the Italian Art-World people criticized this Pavillion. Liuba expressed her disagreement in an ironic way, distributing flyers at the entrance of the show, as giving the explication of the exhibition. Except that the flyers were white, blank. Empty.

Interesting, as usual in Liuba’s works, are people reactions: many react automatically when receiving a flyer, many don’t want it, many other take it without reading, some were thinking Liuba was a Biennial Hostess and asked practical informations, and many people perceived and enjoyed the performance as well.

65. La Biennale di Sgarbi…

Sono stata invitata a partecipare alla mostra del Padiglione Italia –  Biennale di Venezia che si terrà alla Sala Nervi di Torino organizzata da Vittorio Sgarbi.

 

In un primo momento sono rimasta basita, poiché ho apertamente espresso cosa ne pensavo di quest’operazione attraverso una performance sottile e ironica ma molto critica, che feci proprio a Venezia all’ingresso del Padiglione Italia, intitolata Senza Parole.

 

Ma come, ho pensato, sono proprio matti, mi invitano a partecipare a questa mostra quando io non ho nemmeno esposto al Padiglione Italia di quella Biennale e addirittura li ho criticati facendo una performance a sorpresa! Non ci capisco proprio nulla!

Oppure hanno visto o saputo della mia performance, e proprio perchè gli è piaciuta mi hanno invitato? Allora, in questo caso, sarebbero piuttosto intelligenti!

 

Rimasi parecchio tempo indecisa, mi informai bene, e poi decisi di accettare l’invito, e di approfittare dell’occasione per esprimere le mie idee col mio lavoro, presentando PROPRIO il video di questa performance, che come una forsennata mi ero buttata a capofitto a montare per renderlo pronto ad hoc per questa mostra, prima di partire per Miami.

 

E così, ciò che vedrete in mostra, in prima assoluta, sono il video e le foto nate dalla performance alla Biennale dal titolo  ‘Senza Parole’.
Ho lavorato molto per preparare il video in tempo, ma non potevo partecipare altrimenti che con questa opera in tema e in relazione ‘dialettica’ all’evento.

 

 

 

 

 

Questo è il video integrale.

per vedere altre foto della performance clicca qui

64. La città i colori le poesie e le opere

Questi sono brevi pensieri nella nebbia e nel grigio della Pianura Padana d’inverno, dopo il mio rientro da Miami, pensieri arrivati soprattutto oggi venerdì 16 dicembre, uscita in macchina per commissione urgente dato che c’è sciopero dei mezzi.

Un caos terrificante, e soprattutto tanta fuliggine dappertutto. La mia macchina, solo dopo poche settimane dal lavaggio, è nera a chiazze, con pulviscoli di smog per ogni dove, e quando guidi vedi tutte le altre macchine, e le cose, e i teli, e gli edifici, tutti ricoperti da quella stessa schifosa patina di grigio inquinamento – e che poi naturalmente ti domandi che effetto fa nei tuoi polmoni quando respiri.
La situazione diventa ancora più deprimente quando ti rendi conto, e oggi ho OSSERVATO attentamente, che nessuno usa dei colori, che tutti per lo più vestono di grigio scuro, nero, blu scuro marrone scuro, uniche macchie chiare sono di colori sporchi tipo beige panna o grigio chiaro.
Le case sono per lo più grigie, le macchine sono per lo più grigie, le strade sono tutte grigie, pure le facce delle persone sono grigio smorto.

 

Io per puro istinto, senza pensarci nemmeno su (dato che è un periodo che non me ne frega molto di come vesto e di cosa metto), indosso sempre cose colorate, con una sinfonia di colori primari o secondari o comunque puri, saturi. Credo sia un bisogno essenziale, un cibo che il mio occhio necessita come un affamato, per non impazzire. E mi dico, ma perché questa città, e molte altre città, sono codificate sul grigio? Perché i colori sono estromessi dalla vita cittadina, oggi ho guidato un paio d’ore nel traffico per andare dall’altra parte di Milano, e sempre osservando attentamente, tutto ciò che mi entrava negli occhi era triste e deprimente. Le forme, i non colori, il caos.

 

Io ho bisogno di colore negli occhi! Ho bisogno di bellezza, di armonia. Tutti abbiamo bisogno di colori!! E perchè nessuno indossa cose colorate? Perchè la città non ha case, pali, panchine colorate? Magari con diversi tipi di colore, a seconda delle zone e delle funzioni, come si sa benissimo dagli effetti psicologici delle vibrazioni della luce da cui deriva la cromoterapia. Se fossi il sindaco – e mi sono immaginata anche nella pelle del nuovo sindaco di Milano Pisapia, che anch’io ho votato e che sono contenta di avere in questa città – dicevo, se fossi in lui farei un ordinamento in cui ordinerei a ciascun edificio di avere almeno un elemento colorato, e assolderei esperti di colore per tinteggiare gli arredi urbani con delle tinte che armonizzino il cervello e instillino allegria.

 

Con queste giornate deprimenti, in questo periodo italiano dove c’è un degrado di immaginario, di prospettive, di speranze, dove serpeggia solo un grande stress per riuscire alla meno peggio ad assolvere a tutte le funzioni base della sopravvivenza e della routine (a volte in questo periodo pesantissimo anche per me, non riesco a trovare il tempo o l’energia per fare una spesa decente, per mangiare bene, per comprarmi il liquido delle lenti che mi serve, per telefonare a chi vorrei).
No, lo dico senza mezze misure, purtroppo ora la vita in Italia e soprattutto a Milano non mi piace proprio per niente. (E il mio viaggiare, a volte con fatiche e sacrifici non indifferenti, lo dimostrano).
Amo molte persone qui, e anche amo molte cose del mio paese, ma sono oberata dal grigio deprimente che incombe su tutto. E no, la vita è troppo bella e troppo corta per sprecarla nel gorgo dello stress e dell’inquinamento, e come sempre ho imparato che bisogna essere radicali e decisi e prendere le decisioni basandosi solo sull’amore (traducendo: amore per la vita, per la bellezza, per le nostre persone care, per ciò che si desidera, per i sogni. Sì, anche per i sogni. Non sembra ma sono importanti. Tanto importanti).

 

Mi vengono in mente due poesie che avevo scritto quando ero rientrata a Milano dopo 13 anni vissuti a Bologna, ossia a fine anni ’90, e da allora la situazione non è molto cambiata. Queste poesie fanno parte di una serie di testi, di performance e di quadri (la serie delle Mummie Vincenti) sul tema delle ‘scatole’ e della prigionia della vita nella nostra civiltà e sulla ricerca di uscirne e di liberarsi.

 

 

LIUBA, Le Mummie Vincenti, performance e video, Milano 2000

 

LIUBA, Le Mummie Vincenti, videoinstallazione con video di performance, scatole e resti di performance, Villa Serena, Bologna, 2000

 

POESIE

Chissà se a volte ci ricordiamo

di che colore hanno le foglie,

che profumo emana l’erba,
che fragore incanta il mare
che dolcezza ci modella la sabbia
com’è il vento quando ci scompiglia i capelli.
Viviamo in un mondo di plastica.
Pure i sentimenti sono di plastica.
E la lotta si fa dura.
Ci vuole molta fantasia.
—-
Chissà perché
ci siamo costruiti un mondo finto
dove i doveri
pesano come mattoni
sopra le nostre case
stanche
dove il denaro signoreggia
sui nostri desideri ormai sfiniti
sfibrati e assurdi
Chissà perché i profumi spariscono
tra le puzze del cemento e lo scarico
di gas nocivi
gli occhi diventano opachi e il respiro
segue i ritmi convenzionati.
Chissà perché. Non c’è una risposta. E’ solo pazzia.

 

Le Mummie Vincenti, serie di quadri, 1999 acetato di performance, acrilici e collage su tela, cm 50×50 ciascuno
 

P.S. in quel periodo dipingevo costruendo a mano col pennellino in acrilico tutte le belle letterine, non sono mica fatte con photoshop!!



 
 
 

55. La mostra ad Art Verona e riflessioni varie

Sdraiata al parco. Domenica. Mi godo il non far niente. Sono così stanca che non ho nemmeno voglia di chiamare le persone care. Sono rientrata ieri da Verona. E’ stato bello, mi sono divertita e pure ‘lusingata’, ho respirato aria buona e goduto i riflessi romantici della città sul ponte pietra, vicino a dove abitavo, ospite di una simpaticissima servas (vi ho già parlato di servas e non lo rifarò qui!). Verona è stata affascinante, coi suoi riflessi di luce sinuosi e romantici sulle rive del fiume, su cui si levano i ponti e il castello. Un fascino sensuale e ossigenante mi ha trasmesso questa città, quasi fosse una delicata sirena respirante sull’acqua.

 

La mostra curata da Cecilia Freschini intitolata ‘The Mystical Self” era molto bella e anche ben allestita, con una serie di grandi schermi al plasma collocati circolarmente, in cui era possibile vedere in contemporanea tutti i lavori presentati in mostra.

Il mio video ha riscosso molto successo e naturalmente sono contenta. Le fatiche che ci sono dietro a tutti i miei lavori sono molte, ma in particolare questo video è stato frutto di una preparazione di due anni per la performance e la sua organizzazione (poichè tra l’altro era vista in streaming in diretta in una serie di gallerie nel mondo espressamente e pubblicamente collegate all’evento) più quasi un annetto per il montaggio e la regia del video finale, che è un’installazione a due canali, qui presentata in un monitor solo, per ovvi motivi di logistica. Mi piace comunque lo stesso, il lavoro visto con il monitor diviso nei due canali dei due video. Per cui fa molto ma molto piacere avere apprezzamenti, stimola e aiuta a proseguire. La strada come sappiamo non è facile, e a volte impervia, ma la gioia e il piacere che se ne ricava è impagabile. In particolare mi ha commosso una giovane artista che è rimasta così toccata dal mio lavoro, cogliendone il nocciolo, che mi ha contagiato con le sue emozioni e il suo entusiasmo, e la ringrazio, ripagandomi delle mille fatiche che questa ‘scelta vivendi’ comporta, scelta vivendi che è comunque necessaria come l’aria che respiro.

 

 

 

Inoltre a Verona è stato un tripudio di cene mondane ed eventi, che ci volevano, dopo la vita austera di questo mese a Milano (è strano, quando sono a Milano, poiché – lo ammetto – mi annoia quasi tutto quando esco nei locali, faccio a volte una vita quasi da eremita, passando la maggior parte del tempo a lavorare in studio e un paio di giorni alla settimana a insegnare). E’ anche per questo che ci torno, ci sto un po’ e poi me ne riparto di nuovo, come dovrei fare anche quest’inverno.

 

Mi sto accorgendo che ho parlato di ‘vita da eremita’ a Milano sotto alle foto della performance sulle religioni … mi fa quasi strano. Non è questo il luogo dove trovare riferimenti su questo lavoro (ci sono due bellissimi testi critici, uno di Luca Panaro e uno di Mark Bartlett che potete trovare qui), però posso dirvi che ho cominciato a lavorare a questo progetto molti anni fa, anche perché mi interessa molto il lato spirituale della vita. A volte, o forse spesso, mi sento e sono molto mistica, e ho sempre ricercato molto in varie religioni e vie spirituali, accettandole tutte e trovandone le affinità nelle verità essenziali dell’uomo (ed è uno dei motivi per cui è nato questo progetto).
E devo dire che in un certo qual modo, e dico forse una parola grossa, ma me lo perdonerete vero? (e poi qui in questo blog sono onesta, ormai lo sapete), in un certo qual modo, dicevo, per me fare arte e perseguire questa via è quasi una missione, o comunque lo svolgimento del mio pieno senso dell’esserci al mondo … Ve l’avevo detto che erano un po’ di parole grosse, però sono vere, e mò ve le beccate. E’ proprio così, per me l’arte è qualcosa di molto profondo e un modo, modesto, limitato, imperfetto, che ho di dare qualcosa al mondo e agli altri. Sì, una vera e propria missione …

 

Sono parecchio stanca oggi, anche perché ieri mattina sono partita da Verona in tutta fretta (certo, ho potuto dormire sino alle 10, cosa per me essenziale, però avrei voluto girovagare un po’ di più per i colli della città, visto la splendida giornata e visto che era sabato), sono piombata in autostrada e ho dovuto affrettarmi per arrivare a Milano alle 2 del pomeriggio, in tempo per iniziare a fare la mia lezione di Storia dell’Arte all’Istituto Paolo Frisi, sezione serale. Sebbene insegnare mi piaccia anche, almeno nella sua dinamica di trasmettere cose che amo alle persone e nel lato umano della questione,  sono totalmente insofferente per ogni burocrazia e ogni orario, e non riesco a resistere a lungo, e in un modo o nell’altro, mi allontano sempre dalla scuola, perché seppur un po’ di dindini mi fanno comodo, non riesco a sentirmi limitata della mia libertà, e inoltre il bisogno di viaggiare e di spostarsi nel mondo è anche lui, così come l’arte, importante come l’aria che respiro.

 

(E letteralmente sempre più spesso parto perché i miei polmoni hanno bisogno di respirare un’aria migliore di quella milanese, che riesco a tollerare per un massimo di una settimana tutta di fila … per esempio: l’altra settimana ho lavorato un casino e poi mercoledì me lo son preso libero e ho girovagato verso i laghi scoprendo una sponda del lago di Monate meravigliosa, ho fatto il bagno, mi sono rilassata, ho respirato, letto, parlato, e poi sono rientrata a Milano, contenta della mia dose di buon respiro settimanale, e pronta per durare un’altra settimana – e poi, tra un po’, però, ritornare a New York.)

53. Il comunicato stampa di Art Verona

In questo periodo sto cominciando a collaborare con degli assistenti, e mi sta piacendo molto … Oddio, è un gran lavoro questa selezione, perché ho ricevuto un sacco di offerte e proposte di persone che desiderano lavorare con me, e leggere i curriculum, fare colloqui e scegliere le persone non è stato facile, e ancora sono all’inizio e ho cominciato provando a collaborare con diverse persone e ciascuna con sue mansioni, ma intanto devo seguire tutto. Ho proprio voglia di non lavorare più da sola e di interagire con più persone. Il mio sogno è costituire un ‘dream team’ che parte dai miei progetti e poi si allarga, dove tutti hanno le loro mansioni, le loro competenze e i loro compensi. Per ora è molto in nuce, anche perché mancano le … entrate per poter gestire tutto al meglio, ma ho davvero voglia di proseguire in ‘gruppo’. Ho già alcuni collaboratori fidati per quanto riguarda le riprese, elemento fondamentale per il mio lavoro, e quindi già da un po’ ho selezionato con chi lavorare. Invece ora sto cercando di avere assistenti per la comunicazione e il web.

 

E, guardate un po’, in queste settimane e a parecchie mani, abbiamo preparato il comunicato della mostra di videoarte ad Art Verona, dove è presentato il mio video The Finger and the Moon #2 … eccolo qui, il primo comunicato che esce dal gruppo ‘liubapress’!!!

 

 

Dal 6 Ottobre LIUBA sarà presente ad ArtVerona e all’Archivio Regionale di Videoarte di Verona
con l’opera video The finger and the moon #2
nella collettiva “The Mystical Selfcurata da Cecilia Freschini

 

Il video a due canali “The finger and the moon #2” presentato in mostra è un’attenta indagine sociologica nata dalla performance svoltasi nel 2009 in piazza San Pietro a Roma.

 

L’operazione performativa alla base del progetto è una, la riflessione sulle principali religioni del mondo, evidenziando affinità fra differenti modalità di preghiera. L’abito utilizzato dall’artista, un esemplare unico creato assieme alla stilista Elisabetta Bianchetti, è un vestito in apparenza simile a quello indossato dalle suore cristiane, ma con diversi accorgimenti ‘multireligiosi’ che consentono a LIUBA di praticare contemporaneamente la preghiera musulmana e quella ebraica, la meditazione buddista, la spiritualità dei nativi americani e varie posizioni yoga-indù.
Piazza S. Pietro in Vaticano è un luogo insolito per tale tipo di operazione ma dal forte valore simbolico: durante la performance romana la polizia ha intimato a LIUBA di andarsene perché “non conforme alle giuste norme della preghiera …”.

 

Usa albero lampadine.jpg

 

LIUBA ha partecipato a collettive e personali in ambito nazionale e internazionale, ha presentato le sue performance ad Artissima Art Fair, PAC Padiglione d’arte contemporanea di Milano, alla Biennale di Venezia, ad Art Basel, The Armory Show a New York, Scope London. Lavora tra Milano e New York.

 

The Mystical self è a cura di Cecilia Franceschini curatrice indipendente da anni residente in Cina. Curatrice del padiglione cinese alla IV Biennale di Praga ha curato esposizioni al museo di Verona, a Palazzo Forti, alla Gam di Bologna in gallerie private. Scrive regolarmente su Flash Art International, Exibart on paper, Lobodilattice. Si occupa di arte contemporanea ed economia dell’arte e ha pubblicato libri e cataloghi per le più importanti case editrici specializzate. Vive in Italia e in Cina.

 

 

 

THE MYSTICAL SELF
a cura di Cecilia Freschini

Doppio allestimento, nei giorni di fiera all’interno del padiglione 7, e dall’ 8 ottobre al 6 novembre presso la Sala Nervi della Biblioteca Civica di Verona, sede dell’Archivio Regionale di Videoarte, per questo progetto, nato in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura di Verona, a cura di Cecilia Freschini, giovane curatrice residente a Beijing, esperta di video arte.

 

Punto di partenza l’idea che anche il fare arte non sia più tanto una questione di significato quanto di essere; con una rassegna che intende coinvolgere e indagare la sfera trascendentale, che inevitabilmente tocca, in quanto persona, l’artista stesso.
Dal 15 al 29 novembre la mostra sarà ospitata presso lo spazio [BOX] Videoart project space di Milano.

 

 

Artisti (in ordine alfabetico), opere, didascalie

 

1.Resmi Al Kafaji, Armonia degli opposti, 2011, video, b/n, 2’ 40’’
2.Silvia Camporesi, Secondo vento, 2010, dvd video hd 16/9, color, sound, 4’17”
3.Matia Chincarini, Divine, 2008, video,1’51”
4.Hervé Constant, Hang ballet, 2006, video, 4’
5.Tung-Lu Hung, Nirvana, 2008, video,10’15”
6.Kensuke Koike, Miracle of Prophet, 2009, video loop
7.LIUBA, The finger and the moon #2, 2009/10, two channel video, 12’38’’ (performance in P.za S. Pietro)
8.Luca Christian Mander, Echo, 2009, dvd PAL, 2’30”, Courtesy Visual Container (MI)
9.Moataz Nasr, At death’s door, 2009, 3’16”, video projection, Courtesy Galleria Continua
10. Emeka Ogboh, Jos, 2010, video, 9’10’’
11. Ferhat Özgür, I Can Sing, 2008, video, 7’
12. Alessandro Rolandi, Born again? No, I’m not, 2011, video, 6’
13. Masha Sha, My Mother, 2007, b/n, video sound, loop, 6’50’’
14. Zhang Xiaotao, Sagya, 2011, animation, 806, Courtesy Stux Gallery (NY)

 

 

ArtVerona – padiglione 7 – Veronafiere
6 – 10 ottobre 2011

 

Biblioteca Civica – Sala Nervi – Via Cappello 43, Verona
8 ottobre – 6 novembre 2011

 

 Venerdì 7 ottobre – ore 12  – Talk: “Videoart: simbologia e spiritualità
8 ottobre – 6 novembre 2011

 

Intervengono: Erminia Perbellini, Assessore alla Cultura Comune di Verona; Agostino Contò, responsabile della Biblioteca Civica di Verona; Alessandra Arnò, co-fondatore di Visualcontainer; Hervé Constant, artista; Liuba, artista
scorcio alto.jpg

35. Il black out e il video Slowly di New York

Et voilà! Finalmente ricompaio e vi do notizie!
C’è stato un ‘black out’ di quasi un mese, vero? La ragione è molto semplice e molto ‘radicale’: sono stata incollata, con la testa, il corpo e lo spirito, al computer per finire il video di New York della serie “The Slowly Project. Take your Time- New York”.

E’ stato un periodo in cui – e mi conosco e so che riesco a lavorare solo così – ho dovuto interrompere ogni cosa, anche ogni pensiero, e ogni deviazione, per concentrarmi solo interamente sul montaggio e la creazione del video. E così ho fatto. Avevo cominciato a lavorarci 6 anni fa!!  La prima performance a New York è del 2005, con le relative riprese, e ho ripetuto la performance per tre volte, nel 2005, nel 2006 e nel 2011 alla ricerca delle riprese migliori e la sintesi di tutto è confluita nel video finale.

 

Video, dormire, mangiare, funzioni vitali, e qualche chiacchiera. E stop. Video, dormire, mangiare, funzioni vitali, qualche chiacchiera. Stop. A ciclo continuo. Sempre lì con la testa e il cuore. Totalmente. Per un mese. Solo ed esclusivamente quello. E ho finito il video.
E ne sono molto, ma molto orgogliosa. Ecco a voi un excerpt del video.

 

 

Ho dovuto fare questa kermesse finale perché sono stata invitata a partecipare a una mostra sul ‘tempo’ intitolata “Unhooked from Time” alla Gallery Project di Ann Arbour in Michigan. (guarda il concept della mostra).
I curatori, durante il periodo del festival di Brooklyn, hanno visto il mio lavoro e mi hanno invitato subito a presentare in galleria i tre video dello ‘Slowly Project’ fino ad ora realizzati (Modena – Basel – New York).

 

Il video di Modena l’ho già esposto in varie gallerie in Italia, ma il video di Basel, terminato l’anno scorso, è quasi inedito (è stato presentato in anteprima allo STRAFF Hotel di Milano per un evento del Salone del Mobile, invitata da un gruppo di Designers).

 

Ma come ero felice quando ho ricevuto questo invito! Questo mi piace dell’America, che tutto può accadere velocemente e pure  mi piace un casino, lo dico francamente, che la gente mi chiama, mi invita, mi cerca – e in Italia accade molto di meno … – dovete ammettere che è una endovenosa di benessere e autostima che aiuta le endorfine a spuntar fuori!
Quando mi hanno invitato ho detto subito ‘sì’, anche se la mostra era programmata per gli inizi di aprile, e il video di New York era in alto mare, ma mi piace moltissimo il concept della mostra, e pure la galleria, e così ho detto sì, vi mando i video e finisco quello di New York (a cui si erano aggiunte anche le riprese fatte quest’anno della performance per la Giornata Mondiale della Lentezza).
 

I video dovevano arrivare in galleria per l’inizio di aprile, per cui mi sono tappata in studio, e potevo essere in qualsiasi parte del mondo, la vita era ridotta all’osso … però sono stata felice.

La fatica fisica di dover stare ‘creativamente’ al computer per montare i video è tantissima (almeno per me), lo sforzo di prendere costantemente decisioni che prima o poi devono essere definitive, è davvero totale, ho fatto una lotta feroce con la materia, come fosse un blocco di marmo da modellare e assottigliare e scolpire per trovarci ‘michelangiolescamente’ la forma nascosta … e solo imparando a memoria la visione di tutte le riprese e sequenze possibili (ore e ore di girato nell’arco di 6 anni … è uno slowly project, no?) credo di essere riuscita a creare una sintesi poetica dove sono rinchiuse molte chiavi di lettura.

 

Poi ho spedito i video, e nel frattempo sono dovuta ritornare in Italia, per motivi incombenti e logistici, ma con lo spirito allegro, di essere stata voluta e cercata artisticamente in questi mesi, ed aver dato ogni possibile microangolo di me attraverso l’arte, avendone avuto la possibilità, mi ha dato tantissimo.
A volte in Italia mi era capitato di sentirmi emarginata, qualche volta dimenticata, e non è bello per la propria autostima, anche se le ragioni non sono personali (di solito il mio lavoro piace) ma di contesto (è spiacente dirlo ma a mio avviso in Italia è tutto così statico e anche così ‘amico-dell’amico’ funzionante …)
 

Ed ora eccomi qui. Sono rientrata in Italia per alcuni mesi. Dovevo rientrare e godo nel vedere e sentire, a poco a poco, tutte le persone a cui voglio bene. Però un po’ con lo spirito è come se fossi ancora in America, volevo essere all’opening in Michigan, e il fervore febbrile di NY già mi manca (anche se non va preso a dosi massiccie, e qualche break è più che salutare).
Dell’Italia mi godo il cibo, la primavera e gli amici (anche se però ho molti progetti a cui lavorare e sarò sempre all’opera … )

Il video integrale è visibile in pay per view su Visualcontainer TV, la televisione della videoarte internazionale, a questo link

33. Il SITE fest a Brooklyn e la presentazione dei video

Devo dirvi cari amici che finalmente in questi giorni sono felice, davvero felice e leggera … In tutti questi mesi ho lavorato tantissimo, senza mai fermarmi, e New York quando vuole è proprio dura (e chi ci ha abitato lo sa), dovendomi occupare a 360° di tutto, dalla segreteria organizzativa, all’ufficio stampa, agli aggiornamenti sul web, al lavoro artistico vero e proprio, ai contatti e alla documentazione … quasi ogni artista deve fare contemporaneamente il lavoro di 5 persone e professionisti diversi, ed è da stramazzare, e alla fine si è come dei registi di sè stessi, che danno gli ordini ad altrettanti sè stessi che devono eseguire miriadi di cose che vanno fatte …

 

E devo pure dire che sono fortunata, che ho chi mi supporta e chi mi aiuta, come Gianluca che mi ha dato una mano tecnicamente col sito e col blog, Claudio, che mi ha dato una mano via e-mail per le traduzioni (a sì dimenticavo, fra le varie mansioni che servono all’artista c’è anche quella dello scrittore, perché bisogna scrivere la presentazione dei progetti, le sinossi, le traduzioni, ecc. ecc.).

Ci sono gli amici che mi hanno aiutato nella logistica, come Ceren che a Milano ha cercato a casa mia il cappotto che mi serviva per la performance e ci siamo coordinati con Bruno perché lo portasse a New York, c’è stata Julie, la sorella di Nora dalla quale ora abito, che mi ha procurato la pittura giusta per dipingere le scatole che mi servivano per la performance (perché dal ferramenta dove ero andata mi avevano chiesto 50 dollari e avevo capito che non era il tipo che volevo dato che in Italia di solito ne costa 10 … !) … però confesso che mi merito un’assistente, qualcuno che mi aiuti nello sbrigare un sacco di cose logistiche connesse col mio lavoro, e sogno di avere uno staff dove c’è chi si occupa della segreteria, di rispondere a tutte le e-mail, di mandare le foto e i cv e i progetti ai curatori o ai galleristi che te le chiedono, di fissare gli appuntamenti … poi c’è chi si occuperebbe della logistica: trovare i materiali, trovare i vestiti, trovare i cameraman o la tecnologia necessaria, e poi serve chi aggiorna il sito e i network vari, e poi e poi … insomma, se la guardiamo con la lente di ingrandimento la vita dell’artista ha il suo fascino ma oggi come oggi è una fatica enorme perchè dobbiamo essere uno nessuno e centomila! E poichè non siamo una ditta con un fatturato e non abbiamo nessuna entrata certa (e spesso nessuna certezza, aggiungerei …) pagare dei collaboratori non è un giochetto da ridere, e così gli artisti che possono permettersi degli assistenti sono davvero pochi … però, come dicevamo oggi con la mia amica Amanda, con cui finalmente dopo tre mesi siamo riusciti a vederci e a prenderci un drink raccontandoci le nostre vicende artistiche, tutto ciò dà pure soddisfazione!

 

Allora, vi dicevo, finalmente l’altra mattina mi sono alzata leggera, e felice, felice perché tutto il week-end artistico era andato benissimo e ho ricevuto un sacco di soddisfazioni, davvero profondamente felice e grata alle persone che hanno condiviso con me ciò che ho potuto dare con la mia arte.
Finalmente, dopo aver solo lavorato, mi sono goduta la bellezza di questa vita e il sapore dell’apprezzamento, esaltato pure dal fatto di aver ricevuto un invito da una galleria per una mostra col mio progetto sulla lentezza! …
Tra l’altro devo ammettere che molte volte, e so che capita a tutti, dopo aver intensamente lavorato per una mostra o una performance, il giorno dopo ci si sente quasi delusi, svuotati dal tanto impegno e inquietamente dubbiosi se tutto ciò abbia un senso, oppure pignolamente mai contenti e soddisfatti … a me è capitato molte volte, però evviva evviva questa volta il post-lavoro è meravigliosamente bello e inebriante. Mi sento felice. E sono grata a tutti.

Sabato ho presentato i miei video al 3ward di Brooklyn nell’ambito del SITE FEXT, e davvero ho percepito nelle persone che li vedevano con interesse e piacere, e poterne parlare insieme a loro e mostrarli mi ha dato gioia e soddisfazione.

Questa formula delle presentazioni live delle mie opere video mi piace sempre di più e vorrei che diventasse una attività ricorrente.

L’ho già fatto alcune volte, come quella a Celico, in Calabria, presso la residenza artistica del mio amico Alfredo Granata, ed era stato così bello ed emozionante presentare i miei video a quel pubblico curioso e generoso!.

 

Bello è stato vedere la mia amica Nora e il mio amico Eric che nonostante siano in un periodo di super impegno e lavoro, sono venuti apposta per me e ne sono fiera e grata – bisogna dire poi che qui a New York le distanze sono lunghissime, e questo festival, il SITE fest appunto, è stato organizzato a Bushwich, che è il quartiere artistico emergente di New York ma chè è in una zona ancora poco esplorata della città e non facilmente raggiungibile da alcune zone di Manhattan. Per cui il loro sforzo di venire mi ha davvero commosso ed emozionato.

Ed ecco alcune foto fatte dal mio amico fotografo Regi Metcalf.

 

photos: Regi Metcalf  

 

 

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