E’ nato il libro a cui sto lavorando da 4 anni!!!!
Sono felicissima finalmente di condividere con voi un progetto a cui sto lavorando da molto tempo – un progetto particolarmente caro per me, che racconta un momento della mia vita delicato e pieno di gioia: la nascita di mio figlio Sole. Su questo blog ci sono un sacco di post a proposito di questa storia meravigliosa e del regalo immenso della discesa di Sole nella mia vita! Potete leggerli dal numero 178 al 194.( qui di lato nella colonna a destra appena sotto c’è l’indice di tutti i post).
Si è appena conclusa la stampa, per i tipi di Campanotto Editore e con testo critico di Luca Panaro, del volume THIS IS THE BEST ARTWORK – un libro sintesi tra la mia vita artistica e quella personale, se mai queste due linee potessero essere separate.
Ho scelto di condividere questa notizia proprio oggi – 8 MARZO 2023, Festa della Donna – per dare il mio contributo a questo giorno di lotta e rivendicazione del ruolo femminile nella società.
Nel mio piccolo, ho scelto di partecipare ad un dibattito quanto mai vivo, raccontando la mia esperienza allo stesso tempo singolare ed universale, della mia gravidanza, e del concepimento di un figlio arrivato come un dono in età avanzata e dopo quasi trent’anni di carriera come artista.
Ne approfitto per RINGRAZIARE DI CUORE, l’editore Carlo Marcello Conti, il curatore Luca Panaro, i grafici, il traduttore e tutte le tante persone coinvolte appassionatamente in questo lavoro!!!
Ecco le mie copie omaggio del nuovo libro! Stamattina ho sfogliato per la prima volta il libro nell’edizione definitiva!! Che emozione!!
Emozione perché c’è dentro ciò che di più caro ho e ho vissuto, emozione perché dopo anni di lavoro a questo progetto, inframmezzati e rallentati dal Covid, dall’allattamento, dalla scelta e dal cambio dell’editore, finalmente questo libro è realtà.
L’ho costruito con amore immenso, non solo con e per la ‘mia pancia’, ma con un desiderio forte e affettuoso che la mia storia possa essere da stimolo ad altre donne, stimolo a non mollare e a provare a volare.
C’è bisogno oggi di ascoltare le storie di persone come noi che hanno portato a compimento qualcosa, per spronarci a dare il nostro meglio, a sognare e realizzare, tenendo conto, come scrivo nella prefazione del libro, che ‘it’s never too late’
Io ringrazio tutte le persone, conosciute e sconosciute, che mi hanno ispirato con le loro storie, e ricambio con questo libro, che dal primo momento ho costruito pezzo per pezzo come atto di amore.
This is the Best Artwork racconta la storia di una gravidanza a lungo desiderata ed arrivata come un dono in età avanzata, dopo circa 30 anni di carriera dell’autrice come artista.A raccontarla è LIUBA stessa, utilizzando come filo conduttore le immagini dell’omonima performance realizzata a sorpresa nel 2019 all’opening della Biennale di Venezia: con un suo procedere tipico, LIUBA ha infatti mischiato i confini tra la vita e l’arte, mettendo in scena un’azione performativa tra i Padiglioni dell’importante evento veneziano, rivelando la sua gravidanza, ‘The Best Artwork”.
“Mai come in This is the Best Artwork LIUBA si espone in prima persona, mostrando al pubblico l’amore più grande. Lo fa con il linguaggio che l’ha sempre contraddistinta, il suo corpo, esposto al pubblico e performante nei luoghi dell’arte. In questo caso il palcoscenico è l’inaugurazione della Biennale di Venezia, l’evento più sacro per un’artista. (…) Un’opera portatrice di un messaggio universale, come nei lavori precedenti, ma in questo caso molto più intimo e privato. L’esperienza artistica questa volta è la nascita di un figlio, tanto voluto quanto inatteso, un Sole, segno di speranza per tutti e volontà dell’artista di condividere qualcosa di personale col pubblico dell’arte“. (Luca Panaro)
In questo periodo di quarantena continuo con la pubblicazione online di mie opere video integrali, realizzate in anni precedenti, ma in tema con la situazione in cui stiamo vivendo. E’ ora la volta della trilogia di Virus.
Parola chiave del momento, la serie di lavori VIRUS, iniziata nel 2004, rende concreti e visibili, in maniera provocatoria e ironica, i meccanismi sociali e individuali della bulimia dell’acquisto e della mercificazione del mercato, che si avverte non solo nel mondo dell’arte ma anche nella vita quotidiana – concetti che la recente situazione ci sta costringendo a ripensare.
Il primo video della serie è tratto dalla performance realizzata all’Opening di Arte Fiera a Bologna nel 2004.
Dopo la performance Virus ad Artefiera a Bologna nel 2004, nel 2005 sono stata invitata dalla Galleria Weisspollack di New York, con cui allora collaboravo, a portare quel lavoro al Sofa Fair a Manhattan, facendo una nuova performance ed esponendo la videoinstallazione col video Virus.
La performance Virus New York ha avuto esiti completamente differenti da quella realizzata a Bologna, e implicazioni aggiuntive, ben visibili nella videoinstallazione che mette a confronto i due relativi video, mostrata l’anno successivo nella mia personale a New York da Weisspollack Galleries (e curata da Irina Zucca Alessandrelli).
A New York la performance ha portato stupore, allegria, curiosità e rifiuto… reazioni divertite, complici ed entusiaste, ma anche galleristi arrabbiati, confusi, terrorizzati di non vendere. La performance infine è stata interrotta dallo Show Management e sono stata espulsa dalla fiera.
Il video inizia a ritroso con questa espulsione (le riprese erano proibite e sono state fatte di nascosto dalla mia fedele cameraman), che rende sempre più sottile e ambiguo il confine tra realtà e performance, e col paradossale dialogo sull’onnipotenza del dio-vendita e del dio-denaro negli Stati Uniti.
Virus Tableaux Vivant è stato invece realizzato al Flash Art Fair a Milano, con la collaborazione della galleria Placentia Arte. Il lavoro utilizza il bagno, la vasca, l’idea di spiare o introdursi nello spazio privato. Questa volta il virus dell’acquisto si è sparso contagiando tutto l’ambiente e il mio corpo di donna, ironico simulacro di una vendita e di un acquisto sulla persona, sul/del corpo femminile.
Tanti sono i virus che galleggiano invisibili nell’aria…
Strana data, 20 marzo 2020, piena di 20, come strano il periodo in cui siamo immersi e la situazione che siamo costretti ad affrontare.
Non riesco e non voglio scrivere molto. So solo che ringrazio infinitamente di avere Sole con noi, che illumina le nostre giornate.
A volte sono un po’ triste che non possiamo vedere nessuno, che non si possono fare passeggiate, che non possiamo fare la normale vita con un bimbo di pochi mesi. Ma è anche vero che a questa età non è nemmeno una tortura per lui stare a casa, tenuto conto fra l’altro che il nostro condominio ha un grande terrazzo comune sopra il tetto, sempre deserto, e noi ci andiamo spesso per prendere aria, sole e camminare, quindi siamo molto fortunati.
Per il resto come tutti siamo in apnea, aspettiamo, aspettiamo e rimaniamo isolati fisicamente, con rare e sporadiche uscite all’esterno per comprare le cose necessarie.
Con le mente andiamo a tutti coloro che stanno lavorando per far fronte a questa emergenza e a tutti i malati (di ogni ordine e grado), e per tutti mandiamo spesso energie di gratitudine e preghiere di benessere e salute.
Relax sul terrazzo condominiale
Ciò che mi turba però in questo momento, più andiamo avanti con la situazione e col blocco delle città, è la quantità e qualità dell’ informazione che riceviamo, che non aiuta a fare considerazioni obiettive aumentando invece l’ allarmismo di tutti.
La comunicazione che riceviamo è parziale e non aiuta le persone a sentirsi meglio. Sarebbe necessario comunicare ANCHE ciò che i ricercatori stanno scoprendo per curare il virus (avevo letto che in olanda hanno scoperto un antivirus che inibisce l’attaccarsi del virus sulle cellule) e per formulare il vaccino, le guarigioni che molti professionisti abili stanno conseguendo e regalando, le sperimentazioni di farmaci già esistenti ma efficaci ecc. Credo che abbiamo necessità di una informazione più strutturata più trasparente e meno sensazionalistica. Ma in fondo non mi stupisco, dato che già quando studiavo le dinamiche dei mass media per un esame al Dams era chiaro che l’informazione usa un linguaggio fondato sul conflitto e sulla sensazionalità. Ciò però a volte è molto preoccupante.
Un’altra tipologia di informazioni, che vorrei che circolasse da fonti ufficiali, e non solo bollettini di guerra di numeri, è quella relativa a come rafforzare il sistema immunitario e come difendersi. Per esempio, fare moto e mangiare bene aiuta ad essere più forti… perchè non lo ricordano a tutti, in questo periodo di quarantena dove a casa ci si intorpidisce le membra? Naturalmente molti noi si sono attrezzati a fare ginnastica da casa (io proseguo coi miei 5 tibetani mattutini che pratico quotidianamente da alcuni anni) ma ricordarlo fra le informazioni su come difendersi dal virus potrebbe essere doveroso. Così come la notizia, apparsa in seguito a uno studio recente, che collega la facilità di contrarre il virus con la carenza di vitamina D: in un momento in cui uscire non si può, e dove non tutti hanno balconi e terrazzi dove prendere il sole stando in casa, non potrebbe essere importante fornire questa informazione, incentivando a prendere vitamina D, nelle varie maniere disponibili, che non è oro colato, ma che può aiutare? molto di più, forse, di tutte quelle informazioni su quanto dura il virus sulle superfici, poco obiettive a volte e fonti di molta ansia per tante persone. Sono solo alcune riflessioni.
Liuba fa i tibetani e Sole la sua ginnastica 🙂
Sicuramente questa situazione è drammatica ma anche un’ opportunità spirituale molto grande per tutti, per fermarsi, per riflettere sul senso della vita e degli affetti, per elaborare le proprie ansie, per trovare tutto il tempo che occorre per fare ciò che si desidera fare o ciò che si avrebbe desiderato fare e non c’era tempo.
Per me ora non cambia molto. In questo periodo sto accudendo Sole di pochi mesi, sto ancora allattando e sto la maggior parte del tempo con lui, sia adesso con l’emergenza sia prima. Ho lo studio a casa per cui da sempre ero abituata a fare molti periodi casalinghi, anche se poi li alternavo con opening, viaggi, amici, cinema, ristoranti ecc.. ma la clausura totale ogni tanto l’ho sempre praticata, perché ti aiuta a concentrarti su ciò che più ti preme e su ciò che è più importante. La clausura in una casa che in quel momento consideri tua, e che può accadere in diverse parti del mondo (ricordo che quando ho vissuto a new york spesso mi chiudevo in casa a lavorare e molti mi dicevano: sei a new york e te ne stai a casa??).
Ho sempre adottato un modo di vita basato sull’interiorità, sulla lentezza e sul prendere il proprio ritmo, al di là e oltre gli schemi e gli obblighi che ci imporrebbero dall’esterno.
Apprezzo da sempre il silenzio e l’opportunità di scandagliare il proprio animo e basare su questo la propria giornata e il proprio rapporto con gli altri.
Ho sempre pensato che la spiritualità sia necessaria e che collegarsi giornalmente, con meditazione e/o preghiera, a una dimensione più profonda e più alta sia talmente necessaria da essere indispensabile, quando ne sei abituata, indispensabile come l’aria e come l’acqua e come il pane.
Su queste tematiche ho fatto molti lavori, quando ancora nessuno ne parlava, e che in qualche modo oggi si possono leggere con occhi differenti. Per esempio ho lavorato molto sul concetto di lentezza, lentezza come prendersi il proprio tempo al di là dei ritmi imposti dagli altri e degli schemi sociali…. non è così che sta accadendo in qualche modo proprio ora?
Ho deciso pertanto di rendere pubblici online i miei video della serie The Slowly Project, un progetto in progress che è cominciato nel 2002, anche per contribuire in questo periodo di segregazione in casa a rendere fruibile l’arte, un’arte che parli in stretto contatto con la vita, che sia esperienza del vivere. I video di solito sono protetti da password e in rete se ne possono vedere solo excerpts, mentre in via eccezionale ora potete vederli integrali ai link qui sotto, e sul sito trovate la presentazione del progetto.
Scrivo davanti al lago dove sto prendendomi una pausa nel bel territorio bavarese, dopo aver ieri presentato il mio video The Finger and the Moon #2 al FUNF SEEN FILM FESTIVAL in Starnberg, Munich (D).
Devo dire subito che sono stata felice e appagata, il mio video (e lo dico con un po’ di timidezza e di modestia, ma è vero!) ha avuto un grande successo, forse devo dire più di tutti gli altri, perchè è stato l’unico video che ha avuto battimani e forti applausi a scena aperta durante la proiezione, e i commenti delle persone sono stati entusiastici.
Questi momenti, assommati con la cordiale ospitalità e il rispetto con cui sono stata trattata, rendono finalmente il cammino dolce e il piacere profondo nel fare arte, perchè vedi che gli altri ne traggono godimento, che è forse la soddisfazione più profonda e il vero senso per cui facciamo le cose.
Che dire di più? Che chiedo ancora di questi momenti e ringrazio infinitamente per averli vissuti e goduti. Sono in un momento molto difficile della mia vita, e non ve l’ho ancora raccontato, quindi avere queste soddisfazioni mette un po’ di carburante nella mia macchina che cammina a fatica.
LIUBA, The Finger and the Moon #2, two channel video, 12’38”, 2009-2010. Performance: Saint Peter’s Square
Ritorno a Milano con un nuovo progetto espositivo e una nuova performance interattiva al Flash Art Event.
Vi ho già scritto alcuni retroscena (1,2,3), e in seguito vi scriverò le impressioni e i retroscena, per ora eccovi il comunicato stampa, e vi aspetto numerosi!! (anche perchè la performance la farete voi insieme a me!! …)
Visualcontainer Italian Videoart Distributor presenta:
LIUBA
Guest curator: Mark Bartlett
Opening: 7 Febbraio
8 – 10 Febbraio 2013
Stand G5 – Visualcontainer/LIUBA
LIUBA – The Finger and the Moon #5 – Polyptic 1, 2013, collage di foto di performance su carta baritata, cm 130 x 90, ed.3
In occasione dei 20 anni di carriera dell’artista multimediale e performer LIUBA, Visualcontainer e il curator Mark Bartlett hanno il piacere di presentare, alla prima edizione del Flash Art Event di Milano dal 7 al 10 di febbraio, una mostra monografica con l’ultima produzione fotografica e video dell’artista e una nuova performance collettiva con la partecipazione del pubblico.
4’33″Chorus Loop, performance collettiva per coro di persone assortite
Giovedì 7 febbraio h.21; venerdì 8 e sabato 9 h.20; domenica 10 h.18
Il pubblico è invitato a prendere parte alla performance. per partecipare presentarsi allo stand mezzora prima l’inizio della performance, preferibilmente vestiti di nero. Non è necessaria nessuna esperienza performativa. E’ gradita la prenotazione a questo indirizzo mail: 433.chorusloop@gmail.com
I curatori hanno selezionato dei lavori di LIUBA che sottolineano l’esplorazione di tematiche politiche, sociali e religiose e le relazioni concettuali ed estetiche che intercorrono fra le sue opere fotografiche, video e performative.
Silenzio, spiritualità, lentezza, vuoto, ironia sono le tematiche centrali dei suoi sfaccettati progetti, che si manifestano tutte nel suo lavoro in progress più recente: The Finger and the Moon Project.
L’esposizione si concentra su questo progetto per due ragioni principali: primo, per la sua cruciale riflessione critica sulla religione, forza culturale e politica che ha visto una sorprendente ascesa di influenza nel mondo contemporaneo a scala globale; e secondo poiché, essendo questo progetto rappresentativo di molti altri progetti dell’artista, è anche un’estensione di essi che suggerisce nuove direzioni future del suo lavoro.
Le opere in mostra hanno anche il ruolo di fornire al visitatore il contesto adatto al suo nuovo progetto performativo, “4’33” Chorus Loop, la cui premiere assoluta sarà durante il Flash Art Event. Questo lavoro offre una tensione dialettica fra le restrizioni dei limiti e la pura casualità. Sarà una performance eseguita da uno spontaneo ‘coro collettivo di persone assortite’ che aderiscono volontari, permettendo quindi al lavoro di cambiare di performance in performance, e di rimanere aperto, indeterminato e sorprendente. Volontà dell’artista è di creare le condizioni per far compiere ai partecipanti un percorso dentro sé stessi.
Alessandra Arnò, Co-founder di Visualcontainer – Milano
Dr. Mark Bartlett, University of the Creative Arts, UK
LIUBA – The Finger and the Moon #5 – Polyptic 2, 2013, collage di foto di performance su carta baritata, cm 130 x 90, ed.3
LIUBA è un’artista multimediale che lavora con performance, video e progetti site specific. Il suo lavoro si occupa di tematiche sociali, geografie antropologiche, questioni filosofiche, comportamento umano, interattività e casualità. La sua ricerca si basa sull’analisi della società contemporanea, indagando le contraddizioni e i problemi sociali della vita quotidiana, cercando sempre di mantenere un approccio sincero e ironico. Ha partecipato a collettive e personali in ambito nazionale e internazionale, ha presentato sue performance e video ad Artissima Art Fair, PAC di Milano, Biennale di Venezia, Art Basel, The Armory Show a New York, Scope London e in molte gallerie italiane ed estere.
Lavora tra Milano e New York
Dr. Mark Bartlett è Associate Editor of animation presso una rivista interdisciplinare sui new media e docente di teorie e storia dell’ arte contemporanea, cinema, nuovi media e games presso l’Università delle Arti Creative del Regno Unito. I suoi testi sono pubblicati in riviste accademiche, cataloghi e riviste di arte contemporanea. Vive a Londra.
I video di Liuba sono distribuiti da: Visualcontainer Italian Videoart Distributor www.visualcontainer.org
Details:
FLASH ART EVENT MILANO, 2013
Palazzo del Ghiaccio
Via G.B. Piranesi 14
Milano
Opening: 7 febbraio h. 19-22
Apertura al pubblico Flash Art Event:
8 – 9 febbraio – h14.00 – 21.00
10 febbraio – 12.00 – 19.00
4’33″Chorus Loop, performance collettiva per coro di persone assortite – gio 7 h. 21 – ven/sab h.20 – Dom.h.18
Per partecipare alla performance presentarsi allo stand mezzora prima l’inizio, preferibilmente vestiti di nero. Non è necessaria nessuna esperienza performativa.
E’ consigliabile prenotare specificando la data in cui si desidera partecipare, scrivere a: 433.chorusloop@gmail.com
Nel frattempo qui a New York ho finito di mettere online il video Senza Parole che ho ‘ritirato’ dalla Biennale di Torino (v. post) e mandato la newsletter (dovevo farlo prima di partire ma non ce l’ho fatta, e poi nessuno mi correva dietro d’altronde … ).
The video comes from LIUBA performance at the entrance of the Italian Pavillion at Venice Biennial 2011.
The Italian Pavillion 2011 was very controversial and discussed. The curator, active more in the Politics than in the Contemporary Art, asked to 100 of Italian ‘known’ people to invite their one best loved artist to the Venice Biennial Italian Pavillion. The result was a show with no curatorial logic and full of any kind of works and styles.
Many of the Italian Art-World people criticized this Pavillion. LIUBA expressed her disagreement in an ironic way, distributing flyers at the entrance of the show, as giving the explication of the exhibition. Except that the flyers were white, blank. Empty.
Interesting, as usual in LIUBA’s works, people reactions: many react automatically when receiving a flyer, many don’t want it, many other take it without reading, some were thinking Liuba was a Biennial Hostess and asked practical informations, and many people perceived and enjoyed the performance as well.
Sono stata invitata a partecipare alla mostra del Padiglione Italia – Biennale di Venezia che si terrà alla Sala Nervi di Torino organizzata da Vittorio Sgarbi.
In un primo momento sono rimasta basita, poiché ho apertamente espresso cosa ne pensavo di quest’operazione attraverso una performance sottile e ironica ma molto critica, che feci proprio a Venezia all’ingresso del Padiglione Italia, intitolata Senza Parole.
Ma come, ho pensato, sono proprio matti, mi invitano a partecipare a questa mostra quando io non ho nemmeno esposto al Padiglione Italia di quella Biennale e addirittura li ho criticati facendo una performance a sorpresa! Non ci capisco proprio nulla!
Oppure hanno visto o saputo della mia performance, e proprio perchè gli è piaciuta mi hanno invitato? Allora, in questo caso, sarebbero piuttosto intelligenti!
Rimasi parecchio tempo indecisa, mi informai bene, e poi decisi di accettare l’invito, e di approfittare dell’occasione per esprimere le mie idee col mio lavoro, presentando PROPRIO il video di questa performance, che come una forsennata mi ero buttata a capofitto a montare per renderlo pronto ad hoc per questa mostra, prima di partire per Miami.
E così, ciò che vedrete in mostra, in prima assoluta, sono il video e le foto nate dalla performance alla Biennale dal titolo ‘Senza Parole’.
Ho lavorato molto per preparare il video in tempo, ma non potevo partecipare altrimenti che con questa opera in tema e in relazione ‘dialettica’ all’evento.
Questo è il video integrale.
per vedere altre foto della performance clicca qui
Ciao, condivido con voi questo testo scritto in occasione della mostra ancora in corso alla Gallery Project ad Ann Arbor (USA) in cui è in mostra una videoinstallazione dei miei video dello ‘slowly project’. Ho scritto il testo a caldo, appena finito il montaggio del video newyorkese, e desidero condividerlo con voi, perché sono le radici del senso che dò oggi ai miei video (o, come lo chiamano in Usa, è un ‘artist statement’), e ne sono anche un po’ orgogliosa! …
“I consider my videos like paintings, books and sculptures.
I carve them, beginning with hours and hours of shootings as they were a huge marble stock, cutting and selecting piece after piece in order to obtain the final shape.
I paint every single second of the video, deciding colors and combining sequences, in order to arrive to the final pattern.
I write the chapters and the scenes as a story, where I give a sense to each step following the other.
And I mix the music with the intent to give voice to the whole levels of lecture implicit in the work.
I use only original shootings taken during my performances. No studio shootings or actor interactions are used to edit my videos. What is shown is part of what ‘really’ happened and it’s chance one of the main hero of the work.
I consider my videos as portraits of a specific society, city, country, because everything that happens reflects the identity of the place. Each video is completely different from the other, even when it’s made from the same performance in different locations. Seeing the differences of the videos it’s a way to investigate the differences of the places.
I’d like that people consider the video as a poetry, catching the emotions and the concepts that there are inside.
I’d also like that people reflect upon how difficult is to perform perfectly in ‘slow motion’, controlling each muscle movements not to go faster, for hours and hours in the same day. I consider ‘taking our time’ in life and society as difficult as this performance but, nevertheless, necessary. “
Durante questa settimana, qui a New York, a parte qualche giro e qualche incontro, ho lavorato quasi esclusivamente al mio Slowly Project. Qualcuno di voi conosce questo progetto, e sa che è dal 2002 che è nato e che, “lentamente”, va avanti.
Ora mi rendo conto benissimo che qui a questo progetto sto dando la priorità, perchè sta piacendo molto e perché questa tematica, qui come altrove, è molto sentita.
C’è anche una grossa novità per questo progetto, e sarà proprio qui a New York a fine Febbraio, ma non vi anticipo niente … Sorpresa!
Intanto gustatevi il demo, che non è un pezzo del video finito. Il video è ancora in lavorazione, questo è un estratto in anteprima, montato in questi giorni.
In questi giorni c’è Marina Abramovic a Bologna, ed io sono qui a New York … ci siamo scambiate i posti, come il re con la torre quando si arrocca.
Sono molto contenta che ora la Abramovic sia così popolare e che abbia un trionfo ovunque. Amo molto il suo lavoro naturalmente, e da sempre è stata la mia maestra (e qualcuno in Italia mi ha chiamato la Marina Abramovic italiana … ).
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