200. Quarantine Trilogy

Sono arrivata al post 200! ❤️ Ho cominciato come resoconto del mio trasferimento a New York per l’arte per descrivere dal di dentro la vita di un artista, aprendo un oblò sulla vita privata e su ciò che c’è dietro le opere.

Ancora oggi sono convinta che non ci siano abbastanza informazioni sugli artisti, questi esseri strani che vivono con l’obiettivo e la missione di esprimersi, di fare opere, di cercare la bellezza, di interrogarsi sul nostro vivere. Per molti un artista è come un animale esotico, poichè in giro ci sono pochi esemplari, e pertanto non si conoscono se non per stereotipi.  A questo proposito mi viene in mente il film di Sorrentino ‘La grande bellezza’ dove anche lì le scene che riguardano l’arte e gli artisti sono piene di stereotipi e clichè, a mio avviso piuttosto disturbanti, inutili e poco realistici (mi scuso con chi giudica questo film un capolavoro, ma io non lo amo, se non per la bella fotografia).

 

Festeggio questo duplice anniversario, dei 200 post e dei  10 anni del blog (v. il post n.1), celebrandolo con un post speciale, con la nuova performance Quarantine Trilogy fatta in casa nel periodo di quarantena e andata in onda live per Corpi sul palco, curato da Andrea Contin.  E proprio in questo lavoro unisco il mio essere artista al mio essere mamma ❤️❤️ così come in questo blog unisco la sfera professionale artistica con quella privata.

 

Allora… in questa quarantena me ne stavo tranquilla ( e impegnatissima) a godermi il mio adorato Sole di sei mesi, con moltissime cose da fare, tantissima gioia di momenti unici, lentezza mia solita del godere ogni momento, qualche ora al giorno, non tutti i giorni, tirata fuori ogni tanto per il mio lavoro creativo, senza scadenze e senza impegni. Guardavo con un po’ di lontananza e quasi di superiorità tutti gli artisti affaccendati a fare lavori sul virus, e pure i non artisti che ora avevano il tempo per fare gli artisti, tutti presi a dire la loro e a mostrare le loro opere in quarantena. Io mi limitavo portare allo scoperto e rendere accessibili online lavori già fatti, che erano estremamente pertinenti a questa situazione, come i video dello Slowly Project, o la serie di Virus, o altri, e a vivere di, diciamo, rendita, con i lavori già esistenti (tutti molto complessi, spesso fra performance e montaggio video mi occorre anche un anno per lavoro, per non parlare di quei video che monto alcuni anni dopo aver fatto la performance…).

 

Ed ecco che vengo improvvisamente stanata da un sacco di richieste: talk in diretta, autoritratto fotografico in quarantena, nuova performance per la rassegna corpisulpalco. Essendo tutte cose di qualità e venendomi l’invito da amici e professionisti del mondo dell’arte che stimo, ho accettato volentieri, sapendo che,  a parte i talk online dove mi sono divertita, era una grande sfida produrre una nuova performance, in casa, in sole due settimane, in questo periodo della mia vita dedicato alle cure del mio baby neonato.

Sono stata orgogliosa di essere riuscita a trovare l’idea e a realizzarla, fra una poppata e l’altra, mettendo nell’opera ciò che stavo vivendo in questo periodo,  un affresco di vita quotidiana, scene di famiglia, felicità immensa del bimbo, risate  taumaturghe contro il virus, e citando anche la mia performance Virus Tableau Vivant, fatta 14 anni prima nella vasca di un hotel per la Flash Art Fair del 2004 esposta da Lino Baldini.

 

 

Sono felice di condividere qui con voi questo lavoro, testimonianza in diretta di un periodo storico speciale e di un periodo personale speciale e straordinario.

 

LIUBA, Quarantine Trilogy, 2020, web version from LIUBA on Vimeo.

 

Videostill

155. La mia performance al Festival Internazionale di Performance a Monza

Sono onorata di essere stata invitata da Nicola Frangione a fare una mia performance per l’importante Festival Internazionale di Performance che lui organizza a Monza. Poichè il problema dei migranti e dei rifugiati ora è sempre più sentito anche in Italia (come sapete io ho cominciato ad occuparmene a Berlino nel 2013 dove c’era un dibattito acceso mentre in Italia non se ne parlava molto), e ha molte valenze sociali e politiche, ho concepito sempre su questa tematica una nuova performance, partecipativa per tutto il pubblico, su questo tema.

 

Mi sono immaginata che dei tappeti siano le barche gremite di gente in cui i migranti arrivano in Europa, la vicinanza asfissiante dei corpi contro i corpi, e ho fatto stipare sui tappeti tutte le persone del pubblico, chiedendole di non scendere (fuori dai tappeti c’era il mare) per 12 minuti di silenzio, in cui ognuno aveva il tempo di focalizzarsi sulle proprie sensazioni, sulla presenza vicina degli altri, sul viaggio metaforico che stavano facendo insieme ai migranti, sulla compartecipazione del loro destino, ecc… mentre sul muro dello spazio veniva proiettato, in silenzio, il mio video Refugees Welcome con i rifugiati in silenzio.

 

E’ stato un grande successo, tutto il pubblico ha partecipato con commozione alla performance.

 

 

Venerdì 29 maggio 2015 h. 21,00
@ URBAN CENTER, MonzaLIUBA
With No Time
duetto di performance e video
in
ART ACTION 2015
12° International performance Art Festival
Direzione artistica di Nicola Frangione

 

All the pictures: LIUBA, With No Time, 2015, photos from performance (Ph. Mario Duchesneau)

 

 

152. Ritorno a Berlino e video

2015-03-07 18.00.47

 

Sono stata a Berlino più di un mese, e per lo più ho lavorato al nuovo video Refugees welcome, il progetto site specific che ho in corso sulle tematiche dei rifugiati e le loro storie. Potete avere più notizie su questo progetto cliccando qui.

 

Sono stata contenta perché per la prima volta non ho montato il video da sola come ero solita fare per i precedenti progetti (devo riconoscere che sono in un periodo delicato dove mi è fondamentale lavorare con qualcun altro, almeno per non perdermi nei miei pensieri),  ma con l’aiuto di un montatore spagnolo, il supporto di un regista americano e la supervisione di un tecnico del suono italiano.

Questo poutpurri di persone e incontri da provenienze diverse non poteva accadere che qui a Berlino, ed è per questo anche che ho deciso di venire qui a produrre i lavori. E’ da novembre 2013 che avevo scelto Berlino (e non più New York) come luogo ideale per vivere e fare arte. Purtroppo ci sono stati dei forti dolori nel frattempo e delle grandi perdite, che hanno reso questo ultimo periodo davvero il più difficile della mia vita.

 

A volte ti dicono che le grandi prove della vita vengono per insegnarti qualcosa, oppure per rafforzarti, io posso solo dirvi che sto facendo una grande fatica, a volte sono proprio giù e mi sento sospesa in una bolla di vuoto che non va da nessuna parte e di cui ho paura. Ma poi da qualche parte profonda l’entusiasmo fa di nuovo capolino, l’entusiasmo per la vita e per l’arte, e riesco a procedere per la strada che penso mi sia assegnata (dico ‘penso’ perché non fa giorno che quasi non mi interrogo se sto facendo la cosa giusta o se sto seguendo la strada che devo seguire, e come potete prevedere le risposte sono alterne…!)

 

 

still refugees-141202_163929-2   Refugees Welcome, videostills, 2015

LIUBA, Refugees Welcome, videostills, performance @Kreuberg Pavillon, Berlin, 2014

 

 

 

Allora, vi dicevo di questa esperienza sociale e lavorativa berlinese che mi ha dato molta soddisfazione perché innanzi tutto ho condiviso l’entusiasmo per i miei progetti con alcune persone, e il processo di creare qualcosa di bello insieme.

Inoltre, e cosa fondamentale, per quanto riguarda i video ero bloccata da alcuni anni. Il video nel mio lavoro è una parte assai importante, che fa da complemento alla parte performativa,  Era dal 2011 che non finivo completamente un video. È impressionante! Ho lavorato a molti progetti, fatto molte performance e mostre, accumulato molto materiale di riprese, ma nessun video è stato finito. Se devo essere sincera mi sono impantanata nella realizzazione del video di The Finger and the Moon #3, al quale sto lavorando da due anni, e pur avendolo finito un paio di volte, non ne sono soddisfatta, per cui il progetto è sempre aperto, non lo ritengo finito e non l’ho ancora esposto ( e a genova stanno aspettando per esporlo!). Poi ci sono state le mie dolorose vicende personali dell’ultimo anno, che mi hanno bloccato ulteriormente, paralizzato quasi. Ora quindi è quasi una conquista aver finalmente ripreso a lavorare al montaggio dei video, e ad avere finito una nuova opera! E sapevo che da ora in poi non posso più occuparmi interamente del montaggio, e che devo cominciare a collaborare con dei montatori.

 

Così sono doppiamente contenta di aver inaugurato con questo video una nuova fase, che implica la collaborazione di diversi professionisti. Un lavoro di equipe, tenuto insieme dalla mia regia, come succede nei normali film. Mi sento grata a queste persone di aver collaborato con me, e contenta di aver cominciato questa fase collaborativa. Non posso ancora farvi vedere qualche immagine del video, perché manca la correzione colore e la lavorazione dell’audio, anche queste parti che di solito facevo da sola e che ora affido a dei collaboratori professionisti. Ciò mi diverte parecchio, di potermi occupare più precisamente della parte registica e creativa, delegando ai tecnici più esperti di me gli aspetti di loro competenza. E tutto ciò non poteva che avvenire qui a Berlino, città piena e pullulante di giovani (e non) creativi provenienti da ogni parte del mondo. E’ facile trovare collaboratori entusiasti e motivati, oltre ad essere la città sia stimolante, per le proposte, sia tranquilla e lenta, cosa che favorisce la creatività. In questo tempo quindi, a parte qualche evento sociale, o qualche uscita per andare al cinema o a sentire del jazz, o a bere la buonissima birra, ho passato la maggioranza delle mie giornate a lavorare creativamente al video e ad altri progetti, solo inframmezzate dalla ormai abitudine acquisita di correre due volte alla settimana e nuotare una volta alla settimana. Cosa che mi aiuta molto.

143. Refugees Hunger Strike

Qui a Berlino ho ripreso a lavorare intensamente e parecchio. Ho l’aiuto di una persona che parla italiano che sta per 6 ore con mia madre, occupandosi di lei, così in quel tempo io sono libera di lavorare ai miei progetti.

 

E tutto sta andando avanti: il video The Finger and the Moon #3, che è finito e di cui ho gestito con un tecnico alcuni problemi inerenti l’rsportazione del filmato HD. Poi sto rielaborando nella parte tecnica anche il video The Finger and the Moon #2, invitato a un festival di videoarte in Baviera quest’estate ( e lo vogliono già da ora). Poi sto facendo un sito nuovo di zecca insieme a una bravissima web-designer developer australiana, con la quale stiamo lavorando molto bene insieme e pure velocemente…non vedo l’ora che sia online!

 

E’ bellissimo e come un sogno per me stare a Berlino con mia madre. Di solito ero io che per tutta la mia vita viaggiavo, e avevo la nostalgia di loro che erano a Milano, ma io a Milano non riuscivo a starci mai più di tanto. Questa volta ero in viaggio con lei, e lei condivideva la mia vita artistica nel mondo, potevo spartirla con lei, farla partecipe, e vivere al tempo stesso il grande amore per lei e la famiglia e la mia grande voracità di arte e di viaggi. Non mi sembrava vero. E non mi sembrava vero poter vivere con lei, godermela davvero, poichè in tutti questi anni lei è sempre stata in ‘coppia’ con papà e i momenti in cui eravamo in un posto da sole – e ci piaceva tantissimo – sono stati molto pochi.

 

Non sono mai stata così felice nella mia vita. Una cosa similare, ma meno intensa, fu quando abitai con Mario a New York, dove pur essendo in un paese del mondo per fare arte mi sentivo in famiglia e a casa. Ma con mia madre era una cosa straordinaria. Io e lei insieme. E per la prima volta lei inserita nella mia vita, e non il contrario.  Una gioia immensa, e un dono unico, poter essere qui con lei, anche se la logistica non è facile, perchè non posso lasciarla da sola ( e allora spesso me la porto dietro nei posti più impensati, tanto qui a Berlino, non so come, si può parcheggiare dappertutto, anche in centro davanti ai portoni, così la posso scarrozzare ovunque senza farla stancare troppo o prendere freddo).

 

E, last but not least, sto proseguendo con le riprese e la ricerca sulla situazione dei rifugiati e dei Lampedusa People.

Recentemente è stato sgomberato il campo profughi di protesta ad Oranienplatz. Alcuni sostengono che c’è stato un accordo e un patto fra i rifugiati e il comune, altri, compreso alcuni di loro, sostengono che il patto era più uno specchietto per le allodole e i media, che un passo concreto verso la risoluzione della loro situazione, per cui si è creata una ulteriore resistenza, ed è stato iniziato uno sciopero della pace in Oranienplatz.

 

Qui di seguito potete vedere un video, fatto appena lo sciopero della fame cominciò ( e montato mischiando velocemente anche dell’altro materiale che avevo archiviato, in attesa di fare un lavoro video più ampio su tutta questa situazione).

 

 

35. Il black out e il video Slowly di New York

Et voilà! Finalmente ricompaio e vi do notizie!
C’è stato un ‘black out’ di quasi un mese, vero? La ragione è molto semplice e molto ‘radicale’: sono stata incollata, con la testa, il corpo e lo spirito, al computer per finire il video di New York della serie “The Slowly Project. Take your Time- New York”.

E’ stato un periodo in cui – e mi conosco e so che riesco a lavorare solo così – ho dovuto interrompere ogni cosa, anche ogni pensiero, e ogni deviazione, per concentrarmi solo interamente sul montaggio e la creazione del video. E così ho fatto. Avevo cominciato a lavorarci 6 anni fa!!  La prima performance a New York è del 2005, con le relative riprese, e ho ripetuto la performance per tre volte, nel 2005, nel 2006 e nel 2011 alla ricerca delle riprese migliori e la sintesi di tutto è confluita nel video finale.

 

Video, dormire, mangiare, funzioni vitali, e qualche chiacchiera. E stop. Video, dormire, mangiare, funzioni vitali, qualche chiacchiera. Stop. A ciclo continuo. Sempre lì con la testa e il cuore. Totalmente. Per un mese. Solo ed esclusivamente quello. E ho finito il video.
E ne sono molto, ma molto orgogliosa. Ecco a voi un excerpt del video.

 

 

Ho dovuto fare questa kermesse finale perché sono stata invitata a partecipare a una mostra sul ‘tempo’ intitolata “Unhooked from Time” alla Gallery Project di Ann Arbour in Michigan. (guarda il concept della mostra).
I curatori, durante il periodo del festival di Brooklyn, hanno visto il mio lavoro e mi hanno invitato subito a presentare in galleria i tre video dello ‘Slowly Project’ fino ad ora realizzati (Modena – Basel – New York).

 

Il video di Modena l’ho già esposto in varie gallerie in Italia, ma il video di Basel, terminato l’anno scorso, è quasi inedito (è stato presentato in anteprima allo STRAFF Hotel di Milano per un evento del Salone del Mobile, invitata da un gruppo di Designers).

 

Ma come ero felice quando ho ricevuto questo invito! Questo mi piace dell’America, che tutto può accadere velocemente e pure  mi piace un casino, lo dico francamente, che la gente mi chiama, mi invita, mi cerca – e in Italia accade molto di meno … – dovete ammettere che è una endovenosa di benessere e autostima che aiuta le endorfine a spuntar fuori!
Quando mi hanno invitato ho detto subito ‘sì’, anche se la mostra era programmata per gli inizi di aprile, e il video di New York era in alto mare, ma mi piace moltissimo il concept della mostra, e pure la galleria, e così ho detto sì, vi mando i video e finisco quello di New York (a cui si erano aggiunte anche le riprese fatte quest’anno della performance per la Giornata Mondiale della Lentezza).
 

I video dovevano arrivare in galleria per l’inizio di aprile, per cui mi sono tappata in studio, e potevo essere in qualsiasi parte del mondo, la vita era ridotta all’osso … però sono stata felice.

La fatica fisica di dover stare ‘creativamente’ al computer per montare i video è tantissima (almeno per me), lo sforzo di prendere costantemente decisioni che prima o poi devono essere definitive, è davvero totale, ho fatto una lotta feroce con la materia, come fosse un blocco di marmo da modellare e assottigliare e scolpire per trovarci ‘michelangiolescamente’ la forma nascosta … e solo imparando a memoria la visione di tutte le riprese e sequenze possibili (ore e ore di girato nell’arco di 6 anni … è uno slowly project, no?) credo di essere riuscita a creare una sintesi poetica dove sono rinchiuse molte chiavi di lettura.

 

Poi ho spedito i video, e nel frattempo sono dovuta ritornare in Italia, per motivi incombenti e logistici, ma con lo spirito allegro, di essere stata voluta e cercata artisticamente in questi mesi, ed aver dato ogni possibile microangolo di me attraverso l’arte, avendone avuto la possibilità, mi ha dato tantissimo.
A volte in Italia mi era capitato di sentirmi emarginata, qualche volta dimenticata, e non è bello per la propria autostima, anche se le ragioni non sono personali (di solito il mio lavoro piace) ma di contesto (è spiacente dirlo ma a mio avviso in Italia è tutto così statico e anche così ‘amico-dell’amico’ funzionante …)
 

Ed ora eccomi qui. Sono rientrata in Italia per alcuni mesi. Dovevo rientrare e godo nel vedere e sentire, a poco a poco, tutte le persone a cui voglio bene. Però un po’ con lo spirito è come se fossi ancora in America, volevo essere all’opening in Michigan, e il fervore febbrile di NY già mi manca (anche se non va preso a dosi massiccie, e qualche break è più che salutare).
Dell’Italia mi godo il cibo, la primavera e gli amici (anche se però ho molti progetti a cui lavorare e sarò sempre all’opera … )

Il video integrale è visibile in pay per view su Visualcontainer TV, la televisione della videoarte internazionale, a questo link

9. Rimini. Art Omi e altri incastri

La casualità del muoversi sempre mi sorprende mi cattura e mi affascina.

Mentre ero a Roma ricevo l’invito a presentare i miei video in un bell’evento all’i-Suite Hotel di Rimini, insieme con l’artista Kiril Cholakov. Mi metto in contatto con gli organizzatori, io sono in giro e ora sono a L’Aquila, ma domenica 28 novembre tecnicamente potrei, dopo non so perchè vorrei partire per New York (non ho ancora deciso se prima o dopo Natale, se fare il Natale qua in famiglia o andare in Canada da Mario, ecc..) e così ci accordiamo per questa data. Per cui da L’Aquila prendo il trenino per Terni e poi un Eurostar (stavolta ci sta) che va diretto a Rimini.
Starò ospite a casa di Claudio, perchè a casa nostra a Viserba sono rotti i termosifoni! (non apro la pagina di questa casa, che amo tanto ma che non posso gestire e che viene lasciata cadere a poco a poco….ma la mia dose di amore nei suoi confronti mi permette di farla rifiorire ogni primavera!)

 

Arrivo a Viserba giovedì sera. Per complicare le cose, c’è la scadenza di una borsa di studio per la famosa residenza per artisti OMI di New York, in palio per un artista che lavori sulla tematica delle religioni, tolleranza conflitti etnico religiosi…..ma mi sta a pennello!!!

E’ quattro anni che lavoro sul progetto delle religioni ‘The Finger and The Moon‘ che sta riscuotendo molto interesse e apprezzamento ( per vederne il sito clicca qui )

Or dunque… come al solito partecipare a questi bandi è faticosissimo e la preparazione odiosa,ed io non sguazzo bene in queste acque. Scrivere in inglese presentazioni con un massimo di 100 parole, mettere pezzi di video non più di un minuto e via andare è uno stillicidio, non una sintesi e mi stresso sempre.

La deadline è mercoledì 1 dicembre ma non col timbro postale, il primo dicembre deve essere a New York. Mentre ero in giro per la mia piccola ‘tournè’ italiana tra una preparazione e l’altra, una mail e l’altra, una cena e l’altra, ho pure affrontato la preparazione di questo concorso – lavorando pure in treno – ma come al solito accade mi sono ridotta all’ultimo a finire tutto.

Quindi quando arrivo a Rimini devo buttarmi a finire sto concorso, che altrimenti lo perdo e me ne pento! Ci lavoro tutto il venerdì, ben sapendo che dovevo spedire il pacco massimo il sabato (e pregare perchè da Rimini qualcosa arrivi a New York in tre giorni!). Venerdì dunque mi tappo in casa – sempre da Claudio, però lui era a Barcellona – e finisco e decido tutto. Salto le prove tecniche all’albergo per l’installazione dei video – a tutto ci penserò sabato pomeriggio quando sto pacco sarà in viaggio, tanto l’evento è domenica, da sabato pomeriggio sarò solo lì con la testa e deciderò quali video presentare.

 

Vi interessa la continuazione della storia?? Venerdì notte finisco tutto il materiale da spedire al concorso, telefono a Fed-Ex (con cui mi trovo molto bene di solito a spedire) ma la filiale italiana il sabato e la domenica è chiusa (!!) e poi a Rimini non c’è una filiale vicina (vi rammento che io ero in giro in treno, e muoversi qui di inverno senza macchina è un’impresa. Per fortuna che per tutti gli spostamenti essenziali ci sono stati amici e organizzatori adorabili che mi hanno dato passaggi ).

Allora l’unica possibilità sono le poste…sudo freddo, delle poste italiane purtroppo non mi fido un bel niente. C’è il pacco celere internazionale, per 41 euro (!) il pacchettino dovrebbe arrivare a New York in 3 – MASSIMO – 4 giorni. Faccio il conto: sabato-lunedì-martedì-mercoledì 1 dicembre. sì ce la si fa! Poi però la gentilissima impiegata suda freddo a sua volta, perchè i pacchi per gli Stati Uniti sono così complicati che spesso tornano indietro (e risudo freddo anch’io…) allora cominciamo una maniacale compilazione di tutti i 49 moduli possibili, corro a casa a cercare il telefono del destinatario che non avevo, ma lì sul sito c’era scritto di non telefonare e usare la mail! – no, mi dicono le poste italiane, se non c’è il telefono del destinatario il pacco non si può mandare! – …. uffa e strauffa, corro a casa (la posta chiude alle 12.30 e sono già le 11.59), vado nel sito di ART OMI, lo rigiro come un calzino, ma niente, non mettono il telefono…. sudo ancora freddo, detesto tutti, poi mi invento ogni possibile ricerca sul web e finalmente trovo il loro numero di telefono.

 

Sempre a piedi ri-corro alle poste, mancano 10 minuti alla chiusura. Ormai sono diventata amica dell’impiegata, che sta tifando per il mio concorso come fosse mia parente, e mette ogni cura per non sbagliare ogni dichiarazione sui 49 moduli. E alle 12.30 il pacco è timbrato, e pronto per partire. Ho anche il numero per seguire il tragitto online. Finalmente mi rilasso.
Poi mi chiama Ugo l’organizzatore dell’evento all’ Hotel, nel pomeriggio facciamo le prove tecniche e concordo orario per farmi venire a prendere. Ora sono pronta per affrontare questo nuovo evento, e preparare la proiezione dei miei video, che di solito mi diverte un sacco e mi dà molta soddisfazione.

 

P.S. è arrivato il pacco??? volete saperlo vero? Bè, martedì mattina, 30 novembre, quando già il pacchetto doveva essere a New York, mi chiama una donna da un ufficio postale vicino a Malpensa, chiedendomi che valore ha il mio pacco. ‘Come??? E’ ancora in Italia?? Ma deve essere a New York per domani!’ Vuole sapere il valore del pacco. ‘L’ho scritto in tutti i moduli: no commercial value!! sono fotocopie e un dischetto dvd!! Urlo con tutto il fiato in gola’ – ‘No mi deve dire un valore sennò il pacco non parte’ ‘Ma a quest’ora doveva già essere a New York!!’ – ‘Ma dobbiamo sapere il valore’ ‘Non è valore commerciale, ci sono fotocopie e un dischetto, ripeto’ ‘ Devo mettere una cifra, una qualsiasi!’ – ‘Vabbè metta tre euroooooo!! dico io tra le lacrime, credendo di essere dentro una commedia di Beckett. Piango così tanto per il concorso di New York che le poste stanno mandando a monte che si mette a piangere pure lei! Io non posso farci niente mi dice. Vabbè mi dico, il pacco non arriverà, e come al solito la colpa è mia perché l’ho spedito all’ultimo momento … ma come sono messi quelli delle poste che chiedono 41,00 euro per un servizio che poi non si sa se riescono a dare!
Martedì notte e mercoledì mattina seguo il percorso del pacco dal sito delle poste, sono arrabbiata e depressa. Il pacchetto parte martedì notte per la Germania (!!!!!!), mercoledì però è in America. Dai forse ce la fa!!!! Mi hanno scritto dall’Omi, mi han detto che se arriva poche ore dopo del primo dicembre lo prendono ugualmente (e poi ci sono 6 ore di fuso orario di vantaggio!)  Bene, mi rilasso, mi sa che questa borsa di studio posso proprio sperare di prenderla! Però ancora una volta: che stress l’organizzazione e la burocrazia italiana! (seppur amo l’Italia ci sono cose però che sono difficili da amare … )

Data Ora Stato della spedizione Luogo
02-12-2010 06:06 RICEVUTO FILIALE Stati Uniti D’America
02-12-2010 05:55 LETTURA IMPORT Stati Uniti D’America
02-12-2010 00:06 RICEVUTO FILIALE Germania
01-12-2010 16:45 PARTENZA DAL GATEWAY INTERNAZIONALE ORIGINE Italia
01-12-2010 09:42 ARRIVO AL GATEWAY Milano Gateway
27-11-2010 15:15 SMISTATA DAL CENTRO DI MECCANIZZAZIONE POSTALE Ufficio Postale
27-11-2010 12:49 USCITA DALL’UFFICIO POSTALE Viserba
27-11-2010 12:43 ACCETTAZIONE UFFICIO POSTALE Viserba