8. L’Aquila: sopralluogo nel centro storico

Sono stata a L’Aquila solo due giorni e mezzo che sono però stati molto intensi e ho potuto parlare e conoscere molte persone.

Ho sentito storie, ho sentito malinconie, ho sentito speranze, ho sentito pazienza. Ma la cosa più importante è che ho percepito un’atmosfera di vita che rinasce, di positività e speranza, anche se farcita con la consapevolezza della complessità dei problemi e delle contrastanti realtà.

 

Quasi ogni persona che ho conosciuto ha una storia diversa rispetto alla casa: chi ha la casa bloccata ma deve continuare a pagarne il mutuo, pur non potendo nè abitarci nè toccarla nè rivenderla, altri che dopo essere stati in albergo per un anno e mezzo sono tornati all’Aquila ma la loro casa non era pronta per cui sono dovuti andare ospiti in giro, chi ha avuto la fortuna di non aver avuto danni sostanziali e che, dopo un paio di mesi vissuti in garage per la paura, ha fatto qualche lavoretto e poi è ritornato ad abitare in casa propria.

C’è chi abita nelle new town costruite nella periferia oltre il centro storico, e chi sta aspettando ancora. C’è chi non ha più il suo negozio in centro, e la sua attività commerciale e il suo lavoro sono scomparsi, e c’è chi ha ripreso l’attività in un container dislocato nei sobborghi limitrofi, gli unici dove si è riversata la vita di tutta la città. Locali notturni, farmacie, ristoranti si sono reinventati la loro sede in edifici di fortuna o in prefabbricati o in camion sparsi fuori dal centro.

E poi c’è il centro storico, che è un immenso guscio vuoto, dove ogni palazzo è avvolto, protetto, sostenuto, da ponteggi, travi di legno, di ferro, archivolti, supporti. Materiali nuovi che abbracciano i vecchi e li tirano su. Si vedono molto le ditte di ricostruzione al lavoro, ma le strade accessibili e aperte ai cittadini sono poche, tutto il resto è ancora zona rossa presieduta dall’esercito.

 

Ho vissuto molte emozioni camminando nel centro storico dell’Aquila, e queste emozioni le ho messe nelle foto che ho fatto. Ho una serie di 200 fotografie, ne condivido alcune con voi, perchè parlano più delle parole.

 

 

 

6. All’ Aquila in treno

Provenivo da Roma, e dopo essermi fermata ad Amelia, sulle colline in provincia di Terni da una simpaticissima coppia di amici servas, prendo il trenino che da Terni mi porta all’Aquila.

Sembra di salire su una vecchia cremagliera che, a stantuffi e fatica, si arrampica tra gli appennini, fuori è freddo e il paesaggio di novembre è dolce e di colori rossastro bruno gialloverde. Novembre non è il mio mese preferito. Anzi è quello che più mi pesa ogni anno, però questo tour italiano si sta rivelando romantico e dolce, con la sua pioggia battente, le colline, gli ulivi e le montagne avvolti da colori indefiniti, né vivaci né assenti, un ibrido molle come un nylon davanti alle cose.

 

Mi sono goduta il viaggio in treno, come sempre, perchè adoro viaggiare in treno, adoro guardare dal finestrino e vedere il paesaggio che scorre e va, cullata dal ritmo del vagone che ballonzola. E addirittura preferisco di gran lunga i treni vecchi e lenti, come questo, col loro sapore retrò e caldo. Non amo prendere gli eurostar, e ancor meno le frecce rosse, che saranno pur veloci, ma non poetiche e oltretutto care come non mai (e in linee come Milano – Roma praticamente hanno tolto tutti gli altri treni che non siano freccia rossa, un’operazione di marketing occulto che mi indigna e che boicotto, prendendo le frecce rosse solo quando è strettamente necessario, ossia quasi mai – ecco, scusate se ho divagato ma questa roba delle frecce rosse mi sta qui).

Sto scrivendo da Rimini, mentre la gatta di Claudio, la Gina che adoro, sonnecchia russando e facendo strani mugolii (forse sta sognando? o ha il naso chiuso anche lei??).

 

Bene, arrivo all’Aquila a metà pomeriggio e mi viene a prendere la professoressa Lea Contestabile, che mi ha invitato a un workshop con gli studenti dell’ Accademia dell’Aquila, meraviglioso stimolo per venire in questa città e capire anche come stanno le cose post terremoto e la sua ricostruzione.

 

Gentilissimo il marito di Lea mi accompagna al Bed and Breakfast in mezzo al traffico di una L’Aquila nuova, che scorre nei poggi limitrofi al centro storico – che è quasi un fantasma – e la vita continua altrove tra una new town e un prefabbricato, e la farmacia nel container, e l’unica via di raccordo con la fila delle macchine.

 

Il giorno dopo gli studenti mi diranno, a proposito del mio progetto della lentezza, che se prima la loro vita nel centro storico era ‘lenta’ e camminata per le stradine, ora è frenetica e convulsa in mezzo al traffico delle poche strade che contornano la città. Ho visto coi miei occhi che tutto è distante da ogni cosa, e che ciò che è ripartito è sparso ovunque.