103. Di nuovo a Genova per The Finger and the Moon #3

E’ dall’inizio di settembre che di nuovo sono a Genova per la preparazione del progetto ‘The Finger and the Moon#3.

La maggior parte del lavoro di questo progetto è un lavoro sulle persone e sul territorio, e il coinvolgere persone appartenenti a diverse fedi religiose, diverse comunità religiose o laiche, è la parte principale del progetto.
Per cui sono ancora qui che trottello come una matta da una comunità all’altra.

 

 

Come forse sapete tra l’altro, la performance collettiva finale, frutto del lavoro di ricerca sul territorio di un anno, e frutto di un calibrato lavoro multimediale di creazione di abito, musica, video, regia, era in programma lo scorso 19 maggio per la Notte dei Musei, che è stata annullata in tutta Italia, poche ore prima dell’orario di inizio della mia performance, per l’attentato di Brindisi. Magari avete già letto come ci eravamo rimasti male e cosa era successo (v. post), e che sberla è stato l’annullamento improvviso poche ore prima dell’inizio dell’evento.

 

 

La cosa utopica – perchè lo è – di questo progetto è l’andare in giro in una città che non conosco a trovare segnali, nomi, persone e comunità che vogliano partecipare alla performance. E’ un lavoro di tessuto umano. E’ vita che costruisce arte, o meglio il lavoro.
A volte mi sembra di dover vendere un detersivo, e non è facile agganciare le persone (metti magari quando vai alla chiesa anglicana o alla moschea) e cominciare a parlare del progetto, dell’intento, della modalità, e infine chiedere se vogliono partecipare (perchè un conto è dire uh che bello, molto interessante, fantastico… un altro è partecipare in prima persona, prendersi le proprie responsabilità e partecipare alla performance… Non molti ne hanno avuto il coraggio, ma quelli che poi lo hanno fatto è stato con una passione entusiasmante).

 

 

 

(Lavoro sul campo… rispettivamente con membri della comunità Anglicana, con un prete ortodosso, con la chiesa Valdese, con un induista.

Si notino le mie facce a volte stanche e stravolte, e gli sguardi allibiti o sospettosi degli interpellati…)

 

Possibile che mi invento sempre progetti artistici in cui mi trovo a fare mille mansioni più uno?

Per questo progetto: ideazione, progettazione, ricerca risorse umane, regia, videoinstallazione, musiche, performance, ideazione vestito, allestimento, segreteria, antropologa, globetrotter genovese, comunicatrice….!! certo che se ci fosse stato un budget adeguato alla vastità di questo progetto avrei potuto fare solo le già tante cose di mia competenza, ma essendo un budget ridotto all’osso mi sono dovuta prodigare in ogni direzione!… ma che dire, oggi – e non solo oggi – in Italia per far nascere dei progetti devi prendere tutto di petto e combattere sino all’osso, perchè altrimenti non li fai e tutto tace (soluzione che potrei adottare presto).

Per cui ancora una volta ho dovuto spingere il piede sull’accelleratore e dedicare anima e corpo alla realizzazione di questo progetto, ringraziando pure le tantissime persone che mi hanno aiutato ed hanno collaborato, perchè senza di loro sarebbe stato ancora più difficile, se non impossibile.

 

 

per maggiori info sul progetto, e il materiale in progress che a poco a poco vi verrà pubblicato, vedi il sito e blog: thefingerandthemoon.net

oppure qui sul mio sito

91. The Finger and the Moon #3… e il blocco

 

Ce l’avevamo quasi fatta. Avevo lavorato, per il progetto della performance collettiva a Genova (v.post precedente), con un team che comprendeva la curatrice, l’antropologa, il direttore del museo, la stilista, la webmaster, il traduttore, qualche donatore … I fondi erano irrisori per l’entità del progetto e la fatica di fare tutto quasi a costo zero è stata immensa per tutti, specialmente per me e la curatrice che abbiamo dovuto fare le magie per coprire anche ruoli che non ci competevano, data l’impossibilità di pagare persone esterne, però siamo riusciti a portare a termine ciò che avevo ideato. E poi l’aiuto delle persone di Genova, che è stato affascinante e fondamentale.

 

Insomma, alla fine ce l’avevamo quasi fatta. E avevamo coinvolto molte persone per fare la performance collettiva con me. Molte persone di diverse etnie e diverse religioni, come era la mia visione e il sogno che nutrivo nella mente. Il lavoro di contattare le persone, spiegare la performance e invogliarli a partecipare è stato uno dei più faticosi, ma anche il più affascinante. Un’arte che va in strada, nel territorio, fra le persone, che è vita, carne, contatto, ricerca, relazione … Ecco cosa cercavo. E tutto ciò stava accadendo. Ho avuto contatti con persone musulmane, buddhiste, protestanti, evangeliche, ortodosse, ebree, sikh, baha’i, cattoliche, africane. Avevamo documentato questo lavoro sul territorio con foto e video, per la successiva mostra, grazie anche all’aiuto di due giovani artiste genovesi che sono venute in giro con me, Elena e Luisa.

 

Pochi giorni prima della performance si viene a sapere che il museo non solo non ha luci per illuminare la chiesa gotica, ma nemmeno l’impianto audio. Salti, giri, richieste, apparizioni e fortuna ci aiutarono a risolvere anche questo problema, e all’ultimo riuscì a sistemare lo spazio come lo desideravo, con la video proiezione, le due musiche, le luci soffuse nella navata … è stato un duro lavoro di equipe, e tutto si stava risolvendo grazie all’aiuto di tutti … Anche della mia assistente Francesca che venne apposta da Milano il giorno della performance per portarmi il vestito/opera (v. foto qui sotto), che aveva avuto qualche problema dallo stampatore ed era pronto – a Milano – solo il giorno precedente.

 

 

Ce l’avevamo fatta. Io ero esaurita, con otite curata ad antibiotici e cortisone, l’ultima settimana avanti e indietro fra Milano e Genova (anche per problemi familiari che mi preoccupavano assai), ore di telefono per coordinare tutte le persone e rispondere alle domande tecniche di chi partecipava, preparazione psichica e fisica alla performance, gestione della regia collettiva, ma l’energia stava salendo, il venerdì abbiamo fatto le prove generali nella chiesa sconsacrata di Sant’Agostino (ma quanto è bella!) con alcuni dei partecipanti, e tutti eravamo emozionati. sarebbe stata una sinfonia di credo, meditazioni, azioni, interazioni, emozioni, immagini. Eccoci.

 

Ci siamo. Mancano poche ore. E’ il 19 maggio, la Notte dei Musei, e il nostro progetto-evento-performance era parte del programma della notte dei Musei di Genova, alla chiesa del Museo S. Agostino. Ma succede un attentato a Brindisi. Violenza. L’Italia che è sconvolta. Una ragazza uccisa.
Io subito che penso – e Alessandra la curatrice ha pensato in contemporanea lo stesso – di dedicare il nostro lavoro, la nostra performance, la nostra meditazione collettiva  con persone di diverse fedi religiose, alla memoria di questa ragazza, all’opposizione alla violenza. Ancora di più tutti eravamo emozionati, e fare questa performance era un segno. Il nostro segno. Erano le nostre energie che desideravano fondersi, mostrarsi, anche levarsi contro, ma in pace, in positività, in arte.

 

E invece poche ore prima dell’inizio, nel pomeriggio, si diffonde la notizia ufficiale che il ministro ha bloccato la Notte dei Musei in tutta Italia. Ha fatto tacere la cultura. Ci ha tolto la voce. Ha vinto la logica della violenza. E vedere bloccato tutto è stato l’ennesimo controsenso che si esperimenta qui in Italia, dove già resistere è difficile, già continuare a lottare è duro, dove cercare di creare dei sogni è quasi utopia, e poi quando ci si è quasi riusciti, tutto si spegne per motivi quasi soprannaturali.
E’ stata una ferita forte.
Forse non mi sono ancora ripresa.

 

The Finger and the Moon  #3 non sarà annullato, solo spostato. ma bisogna riorganizzare tutto e ricontattare tutti, e ritrovare il tempo, l’energia, il coordinamento delle persone e la voglia di dare corpo anima cuore settimane e mesi per realizzarlo di nuovo … Abbiamo bisogno dell’aiuto e del sostegno di tutti voi. La performance si farà dopo la metà di settembre in data da definire, chi vuole avere info può lasciare un segno qui o mandare un email

 

 

LIUBA, The Finger and the Moon #3, mantello da indossare per la performance, composto da 40 foto scattate a New York di chiese e templi di varie religioni e stampate su tessuto, 2012. Foto e composizione: LIUBA, realizzazione mantello: Elisabetta Bianchetti

 

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v. il comunicato stampa e l’email che annuncia l’annullamento

 

 

 

82. Occhi e vuoto in Flushing, Queens

Come vi dicevo nel post precedente, alcuni giorni fa sono andata a Flushing, capolinea della linea 7 nel Queens.
Mi avevano detto che in quella zona c’era un’area piena di templi di ogni religione, uno accanto all’altro. Poiché ciò mi interessa molto, per il progetto delle religoni che sto sviluppando, e per la serie fotografica a cui sto lavorando qui a New York sulle varie – e strane – e numerosissime chiese, e templi, e luoghi di culto di ogni ordine e grado, ho preso la mia metro e sono andata in fondo al Queens a Flushing.
Devo premettervi però, per darvi l’idea dei miei ‘feeling’, che nei giorni precedenti era piena primavera, con sole tipo maggio e un’esplosione di fiori. Vi metto la foto, finalmente mi sono comprata una buona macchina fotografica da tasca e giro facendo le foto … , mentre quel giorno, poco dopo essere uscita, mi ero accorta che era inaspettatamente freddo ed ero vestita inadeguata (ma non avevo voglia di tornare indietro a cambiarmi). Inoltre, il cielo era cupo e grigio e umido, come i giorni di autunno a Milano …

 

 

 

Con questo sfasamento metereologico nelle ossa e un po’ infreddolita, scendo dalla metro 7 accompagnata da un fiume di gente e mi trovo in mezzo a una super brulicante altra Chinatown dove faccio straordinarie foto di cibo ammassato sulle strade e cheap chino take away food (mamma mia … ), che vanno bene per il mio progetto sul cibo, ma mi mettono un po’ di depressione (queste foto sono un progetto artistico inedito, e non ve le metto qui … 🙂
Rimango attonita al vedere un formicolio di gente, di cose, di volti, di tutte le razze ma tutti grondanti povertà e fatica. Vado un po’ di qua e di là, ma non c’è traccia dei templi, o almeno io non trovo nulla. Chiedo alle persone, ma non trovo quasi nessuno che parla inglese (?!), quei pochi che lo parlano mi guardano diffidenti quasi mandandomi a quel paese con gli occhi.

 

Gli occhi.  Ho girato e rigirato per quelle strade infreddolita alla ricerca dei templi, e vedevo occhi spenti, occhi zombi, occhi vuoti, occhi arrabbiati, occhi depressi, occhi rassegnati …
Percepivo e sentivo sulla mia pelle la fatica di vivere, l’abbruttimento della miseria, la diffidenza di chi ‘resiste’ e non pensa … Questi corpi, questi occhi, queste energie mi erano entrate dentro la pancia e vagavo per le strade di Flushing assorbendo tutte queste vibrazioni e sentendomi anch’io contagiata, arrivando a sentirmi piccola, fragile, brutta, sola, inutile … Non ho mai visto una concentrazione così fitta di persone abbruttite dalla vita.

 

Non ho visto qui la miseria nera che si può trovare in altre zone del mondo, ma la noia la cattiveria la diffidenza e l’abulia di chi fa una vita dura, di chi fa una vita piena di fatica e poca gioia, di chi è abituato a stare nel ghetto (nei margini lottando per non sprofondare) e diventa di pietra per sopportarlo … Sento ancora quelle sensazioni addosso, e vedo ancora quegli occhi vuoti senza pupille spenti dalla vita.
Sono stata malissimo. Purtroppo o per fortuna ho delle antenne sensibilissime, ultra sensibili, per captare le energie e le cose che non si vedono – ma che ci sono. Questa sensibilità mi aiuta a penetrare i livelli di profondità dell’esistenza, a percepire istintivamente le persone, a capire e sapere le potenzialità e le energie dei luoghi, ad avere un intuito sottilissimo … però fa sì che spesso io sia contagiata da queste onde sottili e mi accorgo a volte di assimilarle, senza potermi difendere, come se un grande vento mi arruffasse i capelli e non ci puoi fare niente ( i capelli tornano a posto solo quando vai via dal flusso del vento … ).

 

Spesso mi accorgo che gli altri non lo vedono questo ‘vento’, ma io lo percepisco spesso, lo sento, e a volte non riesco a difendermi se non andando via. Ciò mi capita ovunque: a Milano per esempio, quando percepisco le ondate di stress della città che mi si sbattono in faccia impedendomi a volte di pensare anche se sto tutto il giorno in casa, o quando devo spostare un letto per riuscire a dormire … sono una dormigliona e non ho mai problemi a dormire, ma a volte mi capita di dormire in letti – e sapete che viaggio parecchio … – in cui non prendo sonno e rimango con gli occhi sbarrati sentendo energie che mi impediscono di dormire … poi ho imparato che risolvo la faccenda spostando in qualche modo il letto o spostando la direzione in cui dormo, e subito mi addormento.

 

Allora, l’altro giorno nel Queens è stato doloroso e drammatico, ho vagato anch’io come una zombie – e non ho trovato la zona dei ‘templi’, solo qualche chiesa o sinagoga o tempio sparso qua e là, come ovunque a New York. Sono tornata a Manhattan e ho vagato tutta la sera come una zombi anch’io, senza meta e senza senso (ricordo di essere andata verso Wall Street per un supposto concerto a Trinity Church alle 7 che non c’era, poi ho preso il treno per Brooklyn, ho preso un caffè e sono tornata indietro, ecc… ecc … ).

 

Questo è il risultato della giornata a Flushing…vi pubblico questa foto in anteprima. All right reserved.

 

 

New York è 20 città al tempo stesso, ci sono zone giganti, zone ricchissime, zone solo di lavoro, zone di business, zone di vita di strada, zone di divertimenti,  zone di certe categorie di negozi, zone sporche, zone verdi, zone rumorose, zone tipo paese, zone ultratecnologiche, zone afroamericane, zone russe, zone cinesi, zone coreane, zone ebraiche, zone ispaniche, zone indiane, zone commerciali, zone residenziali, zone di gallerie, zone di teatri, zone di barche, zone di disperazione, zone di gioventù, zone di milionari, zone di reazionari, zone di vacanza, zone di fatica, zone di depressione, zone di euforia … e ovunque tanta gente, tanta umanità, miriade di storie, talenti, sentimenti, capacità, idee, consumi. Numeri immensi, così come spazi immensi, giganti, e movimenti e flussi senza fine. La vita scoppia gira esplode giganteggia soffre esulta ama cade e sussurra in questa metropoli che è il mondo, e che non si ferma mai.

 

 

(Testo scritto sempre sul bus cinese, di notte, sul mio quadernino, mentre tornavo da Washington).