183. La mia mostra col pancione al Museo Pino Pascali

Al sesto mese di gravidanza ho preso l’aereo e sono partita per Bari, dove mi aspettava l’allestimento e l’inaugurazione della mia personale con performance alla Fondazione Museo Pino Pascali di Polignano, che raccoglieva il ciclo di lavori che dal  2013 ho dedicato alla crisi dei rifugiati: dalle performance partecipative ai video, dagli oggetti alle fotografie alle videoinstallazioni.

 

A dire il vero ho potuto volare in Puglia perchè avevo programmato la data, furbescamente, in un momento della gravidanza in cui mi sarebbe stato probabilmente possibile muovermi, ossia nel secondo trimestre…  L’invito, di cui sono stata strafelice e che ho accettato con entusiasmo e commozione, l’ho avuto da Giusy Petruzzelli verso febbraio, all’inizio della mia gravidanza, quando ancora non sapeva niente nessuno 😊😉 ma io già sapevo che la sinergia con Sole stava producendo frutti meravigliosi e che già eravamo un fantastico team!

Cosi ho fissato la data, fra quelle proposte, nel momento in cui avrei potuto, in teoria, viaggiare, se la gravidanza procedeva senza problemi. E visto che doveva essere nella bella stagione abbiamo deciso per l’inizio giugno.

 

Quando ho accettato mi sono anche detta: vuol dire che se non riuscirò a viaggiare organizzerò la personale e le performance a distanza! Non sarebbe la prima e unica volta che un artista non può essere presente alla sua mostra!! Anzi ciò mi dava anche un non so che di fascino: nel passato ero abituata a sbattermi in lungo e in largo e in capo al mondo, quasi sempre col minimo di spese e spesso senza rimborsi, per realizzare le mie opere, e pensare ora di poter fare una mostra senza muoversi da casa mi affascinava proprio, facendomi sentire più ‘famosa’ 😜 anche se ero consapevole che è un gran casino per la realizzazione dei lavori site specific non poterci essere, e per il mio essere così esigente. Ma ero sicura che sarebbe riuscita comunque bene!

 

Ed ecco che invece passo fortunatamente la gravidanza in perfetta forma, sia fisica che mentale che spirituale (grazie!!!) e, seppur affaticata dal pancione, posso benissimo affrontare il viaggio e partire, quindi sì, Sole, andiamo a Polignano!! (che mi dicevano essere un fantastico posto di mare, come abbiamo visto coi nostri occhi –  i tuoi attraverso i miei).

 

La preparazione della mostra non è stata semplice, poichè le mie energie e il mio tempo erano comunque limitati, per il mio continuo occuparmi della tua crescita dentro di me. In realtà quasi tutti i lavori erano pronti, mancava solo da trovare la tenda dei rifugiati per fare la videoinstallazione You’re Welcome e da organizzare le performance partecipative coi rifugiati, in sinergia coi centri di accoglienza pugliesi che hanno partecipato al progetto con entusiasmo e che ringrazio. Ma il tutto comunque è stato complesso da preparare, perchè come ogni persona che fa una mostra sa, ci sono mille aspetti da curare e considerare, fra i quali anche la comunicazione.

La cosa bellissima è che sono stata supportata in modo fantastico sia dalla curatrice, Giusy Petruzzelli, che dall’organizzatrice e dal curatore del Museo, Susanna Torres e Nicola Zito, nonchè dai coordinatori dei centri di accoglienza SPRAR di Polignano e Bari, dall’ Accademia di Belle Arti di Bari  e dall’assistenza in loco di due giovani artisti, Aurora Avvantaggiato e Raffaele Vitto.

 

Mi avventuro dunque in quel di Bari, accolta con tutti i riguardi dai responsabili del Museo che, visto anche il mio stato, mi sono venuti a prendere all’aeroporto, mi hanno affittato una bellissima casa con terrazza, e mi hanno messo a disposizione tutti i loro tecnici per il montaggio della mostra. Una sensazione bellissima, di cui sono davvero grata!! Che nel mondo dell’arte non capita spesso, lo sanno bene tutti gli artisti!! E pensavo, beata, ecco la soddisfazione di esporre in un Museo, dovrebbe essere sempre così!

 

 

 

LIUBA, Refugees Welcome, 2014-2019 videoinstallazione interattiva. Qui mi vedete insieme alla curatrice Giusy Petruzzelli (a sinistra)

 

 

La sorpresa fantastica, assolutamente non programmata e inaspettata, che forse ha anche reso magica questa mostra, è che per le performance site specific coi rifugiati, previste all’opening del 7 giugno, si sono presentate a partecipare due donne africane anche loro in gravidanza!! Eravamo così tre pancine, tutte e tre in attesa, con i semi della vita dentro di noi e dentro l’opera!! 😍😍❤️❤️

Era commovente e toccante. Non so se tutti se ne sono accorti, eravamo circa tutte e tre al sesto mese di gravidanza (altra coincidenza!) e le pance si vedevano facilmente, ma potevano anche sfuggire per chi ci vedeva per la prima volta!! E’ stato un caso, ma straordinario, e frutto, come sempre capita, di un regista sopraffino!😉

 

 

LIUBA e SOLE, Welcome Here, 2019, performance partecipativa, Museo Pino Pascali, Polignano (BA)

 

LIUBA e SOLE, YOU’RE OUT, 2014-2019, performance partecipativa Museo Pino Pascali, Polignano (BA)

 

 

La mostra al Museo Pino Pascali ( leggi qui il comunicato) e tutto il soggiorno a Polignano è stata un’esperienza bellissima, sia a livello artistico che a livello umano, per la sinergia, l’entusiasmo, la partecipazione, la collaborazione e l’inclusione di tutti. E’ bello, e sono felice, quando l’esperienza artistica dialoga con la società e si interseca con altri ambiti, e diventa esperienza per molti! Fra l’altro, in un periodo delicato dove il governo italiano ha fatto vedere cose poco simpatiche sulla tematica dei rifugiati, la coraggiosa apertura della Fondazione Pascali a volere il mio lavoro è stato un gesto anche molto simbolico, di cui vado orgogliosa e grata.

Devo ammettere che mi stavo commovendo durante l’inaugurazione, per le parole e per l’entusiasmo di tutti! (Qui sotto potete vedere il video del discorso ufficiale di apertura della mostra).

 

 

 

 

 

Ringrazio davvero tutti per l’accoglienza, il supporto, la collaborazione, l’entusiasmo! Ringrazio Rosalba Branà, Direttrice del Museo Pascali, Susanna Torres, Nicola Zito e tutto lo staff del Museo, la curatrice Giusy Petruzzelli, Alessandro e Giulia, responsabili degli SPRAR di Polignano e Bari, l’Assessore alle Politiche Sociali, Santa Nastro, per la comunicazione, Raffaele ed Aurora, per la loro assistenza alle installazioni, e tutti i partecipanti delle performance. E le gallerie Franco Marconi di Monsampolo del Tronto e Crac arte Contemporanea di Terni che sono state con me in questo progetto. Un grazie a tutti di cuore! 😘😘

 

 

ps.

L’edizione unlimited dei miei video coi rifugiati aiuta i rifugiati stessi!

se a qualcuno interessa si può comprare qui: https://www.amazon.it/LIUBA-REFUGEES-VIDEOS-Un…/…/B079WP4B54

 

 

 

 

 

 

 

155. La mia performance al Festival Internazionale di Performance a Monza

Sono onorata di essere stata invitata da Nicola Frangione a fare una mia performance per l’importante Festival Internazionale di Performance che lui organizza a Monza. Poichè il problema dei migranti e dei rifugiati ora è sempre più sentito anche in Italia (come sapete io ho cominciato ad occuparmene a Berlino nel 2013 dove c’era un dibattito acceso mentre in Italia non se ne parlava molto), e ha molte valenze sociali e politiche, ho concepito sempre su questa tematica una nuova performance, partecipativa per tutto il pubblico, su questo tema.

 

Mi sono immaginata che dei tappeti siano le barche gremite di gente in cui i migranti arrivano in Europa, la vicinanza asfissiante dei corpi contro i corpi, e ho fatto stipare sui tappeti tutte le persone del pubblico, chiedendole di non scendere (fuori dai tappeti c’era il mare) per 12 minuti di silenzio, in cui ognuno aveva il tempo di focalizzarsi sulle proprie sensazioni, sulla presenza vicina degli altri, sul viaggio metaforico che stavano facendo insieme ai migranti, sulla compartecipazione del loro destino, ecc… mentre sul muro dello spazio veniva proiettato, in silenzio, il mio video Refugees Welcome con i rifugiati in silenzio.

 

E’ stato un grande successo, tutto il pubblico ha partecipato con commozione alla performance.

 

 

Venerdì 29 maggio 2015 h. 21,00
@ URBAN CENTER, MonzaLIUBA
With No Time
duetto di performance e video
in
ART ACTION 2015
12° International performance Art Festival
Direzione artistica di Nicola Frangione

 

All the pictures: LIUBA, With No Time, 2015, photos from performance (Ph. Mario Duchesneau)

 

 

148. La Seconda Performance Refugees Welcome a Berlino

Nonostante il periodo difficile, come scrissi nel post precedente ho accettato l’invito di un regista americano, Zachary Kerschberg, che mi chiese di tornare a Berlino per rifare la performance Refugees Welcome, alla quale lui aveva assistito a dicembre 2013, da inserire nel film che stava facendo.

 

Mi ha commosso quando mi ha detto che era al Kreuzberg Pavillon quel giorno di dicembre 2013 quando feci la performance collettiva invitando i rifugiati in galleria, e che quella è stata la cosa più commovente e speciale a cui lui aveva assistito in quella città, e voleva inserirla nel suo film. La sua telefonata è stata musica per le mie orecchie, in un momento della mia vita così doloroso e in cui ero così persa, senza fulcro, senza famiglia, senza appartenenza, e senza sapere cosa avrei fatto e dove avrei vissuto.

 

Così abbiamo fatto un accordo: io avrei rifatto la performance veramente (ossia l’avrei fatta in uno spazio e per un pubblico e non solo per le riprese del film) e lui poteva filmarla e in cambio mi dava le riprese dei suoi cameraman, da usare per il mio video, e mi avrebbe aiutato ad organizzare la complicata logistica della performance.

Poichè avevo in mente anche una nuova idea di performance collettiva da fare con i rifugiati e a lui e alla sua troupe piacque tantissimo, decidemmo che le avremmo fatte entrambe, e che mi avrebbero aiutato a produrre e organizzare il nuovo lavoro, oltre a farci le riprese.

 

Che meraviglia e che felicità! Un invito coi fiocchi e una troupe di ragazzi in gambissima con cui lavorare , l’onore di essere cercata perchè il mio lavoro li aveva colpiti, la possibilità di produrre un nuovo lavoro che era nella mia mente… tutto era un segnale perchè io tornassi a Berlino e direi come una coccola in quel lungo periodo di lutto e solitudine estrema che stavo passando.

 

Certamente non ero molto in forma quando arrivai là, nè molto allegra e in energia nei giorni in cui sono stata a Berlino, è come se tutto fosse più difficile nel mio stato e ho fatto moltissima fatica a lavorare e a concentrarmi, ma le due performance sono venute benissimo e con l’aiuto di Zach, Dominique e tutti gli altri hanno avuto una partecipazione altissima di rifugiati, ovviamente maggiore della prima volta quando andavo in giro per Berlino da sola a conoscere i rifugiati e ad ascoltare le loro storie (v. post 132, 133, 135), anche se abbiamo comunque lavorato sodo in tanti per contattare e coinvolgere i rifugiati che volevano partecipare a questa nuova performance, aiutati da alcuni rifugiati stessi.

 

Anche questa volta la performance la feci al Kreuzberg Pavillion di Berlino, poichè i galleristi, che avevano creduto moltissimo nel progetto quando l’avevo fatto la prima volta, accettarono molto volentieri di rifare una serata speciale solo per la performance.

Ed ecco alcune foto della nuova performance, e la presentazione.

 

LIUBA, REFUGEES WELCOME, Performance interattiva e collettiva con i rifugiati e il pubblico,  Kreuzberg Pavillon, Berlino 14/11/2014

 

 

Questo progetto ripropone a grande richiesta la performance effettuata da LIUBA l’anno scorso e sarà inclusa dal regista americano Zachary Kerschberg nel suo nuovo film documentario.

 

Il progetto è’ composto da due parti: la performance in galleria, e il precedente e lungo lavoro preparatorio site-specific, consistito nel prendere contatti con rifugiati in protesta a Berlino, nel conoscerli e ascoltare le loro storie e i loro problemi, per poi invitarli a partecipare alla performance in galleria che consiste in 12 simbolici minuti di silenzio in segno dei loro diritti e della loro accettazione.

 

Alcuni concetti che hanno portato LIUBA a questo lavoro:

 

Penso che le persone e i loro problemi siano più importanti dei progetti artistici.

Porto delle persone viventi in galleria perchè le persone, le loro vite e le loro problematiche sono ciò che veramente importa adesso.

Raduno insieme persone diverse in uno stesso luogo, perchè ciascuno ha il diritto di stare in quello stesso luogo.

Voglio che le persone stiano in silenzio, osservandosi l’un l’altro. Il pubblico della galleria e i rifugiati. Osservare è il primo passo per conoscere, accettare, rispettare.

Guardare l’altro significa trovare la base comune della nostra esistenza: essere vivi adesso.

Costruisco la performance col proposito di creare esperienze personali per le persone, interiori ed esteriori.

L’arte diventa un mezzo per dare ai rifugiati un modo per essere ascoltati, per essere visibili, per essere rispettati.

 

 

 

90. A Genova per preparare The Finger and the Moon #3

Appena rientrata in Italia e dopo qualche giorno di catalessi (ma perché sono sempre spompata? Certo, direte, faccio molte cose, ma a volte neanche poi tanto, oppure sì??) e di dormite ininterrotte causa fuso orario e annessi e connessi, mi sono dovuta subito catapultare mente corpo e cuore a Genova per l’ultimo slancio realizzativo del progetto ‘The Finger and the Moon #3“.
Era più di un anno che l’avevo concepito e visto nella mia testa, e poi deciso come e dove realizzarlo.
E da allora ho lavorato per concretizzare e dare realtà a questa visione stampata nella mia testa.

 

Una delle cose più caratteristiche e speciali del fare arte è il fatto di far diventare reale qualcosa che è immaginario, è il miracolo di trasformare un pensiero, idea, emozione, in un qualcosa di tangibile, dare realtà, ossia realizzare. Questo è il creare. Dal niente all’oggetto – o al progetto – dall’invisibile al visibile, e per compiere questo tragitto lo sforzo è spesso immenso, a volte titanico (almeno per me lo è proprio). Chi non realizza non sa cosa vuol dire. Si possono avere mille idee, si può passare il proprio tempo a pensare e programmare, ma è solo realizzando che si tramuta la realtà e si crea. Ma quanta energia ci vuole! Di pensare sono bravi tutti, di avere belle idee sono bravi in molti, ma è il realizzare le proprie idee che fa la differenza, e pochi ci riescono.

E questo progetto, che implica la partecipazione di persone di varie fedi religiose della città, da coinvolgere nella performance collettiva prevista nella Chiesa Sconsacrata del Museo Sant’Agostino, richiede energie organizzative e artistiche davvero infinite.

 

Ho passato molti giorni in questa bella città (quanto è stata piovosa e umida però in questo periodo!), ospitata un po’ dal gentilissimo amico servas Carlo, che ha aiutato e collaborato in maniera generosa ed essenziale, e un po’ nella casa per artisti che il Comune di Genova mi aveva messo a disposizione nella zona del Ghetto, vicino a via del Campo (una delle canzoni che più amo di de Andrè!).

Il lavoro era andare in giro per le comunità delle varie fedi religiose e chiedere alle persone se volevano partecipare con me a una performance collettiva in cui ciascuno pregava nella sua maniera, formando un coro di voci multireligiose. Non è stato facile presentarsi dalle persone e spiegare il progetto e poi spiegargli come partecipare se avessero voluto… Ho avuto accoglienze entusiaste, ed altre di totale chiusura (ricordo che alla Sinagoga e in nessuna altra comunità ebraica mi fecero entrare), e ho intrapreso, con l’aiuto di due assistenti, un’antropologa, la curatrice e amici vari, un lavoro capillare di informazione nella città.

 

Tutta la parte preparatoria di questo back stage, è stata documentata, dove possibile.

E’ stata un’esperienza umana straordinaria.

 

LIUBA, The Finger and the Moon #3, Backstage photos, Genova 2012