177. La camminata metaforica del primo gennaio al Faro

Eccomi tornata da Ischia, ritemprata dalle vacanze, dall’aria, dalle terme, e pronta, anzi avendo già cominciato, LA grande performance di quest’anno, che per ora è un segreto per tutti. E non lo dico per non disperdere quella energia meravigliosa che trattengo dentro di me nel decidere e nel cominciare ad attuare questo grande progetto.

 

Sento di dover scrivere ciò che mi è successo a Ischia il primo gennaio – data che per me ha una simbologia particolare per il buon auspicio di tutto l’anno – perchè è  una cosa molto bella, e l’ho vissuta come una metafora di ciò che che potrà accadere e che quindi accadrà.

 

Il primo gennaio dunque, ho avuto l’istinto di andare a vedere il panorama (era una giornata di Sole da favola) al faro di Punta Imperatore, passeggiata di trekking che mi avevano consigliato, anche se ero piuttosto raffreddata ma avevo molta voglia di camminare, mentre invece Mario ha preferito stare al sole sulla spiaggia, e quindi sono andata da sola. Quel giorno fra l’altro avevo dimenticato in albergo il telefono – che segno denso di significato! – quindi dovevo tornare alla vecchia maniera: chiedere informazioni alla gente per l’itinerario da seguire.

 

Comincio inerpicandomi su una stradina nascosta sul lato della montagna, partendo dalla spiaggia di Citara, e mi trovo sotto a un tunnel di rampicanti fioriti dai colori rosso rubino meravigliosi. Poi mi perdo un po’ e mi trovo nei grovigli di strade pensili di un resort, nel quale vengo attirata da qualcosa che si muove: mi avvicino per chiedere informazioni e vedo che si tratta di una grande gabbia piena di pavoni e di colombe. Ma che bellezza!! Pavoni maschi, di colori strabilianti – quel blu cangiante unico che ti domandi come può la natura produrre tanta bellezza su un animale – che sono stata in estasi piena a contemplare, e tanti colombi bianchi. Davvero la bellezza illumina e guida il mondo, e cosa non è più simbolico e di buon auspicio per il primo dell’anno, che la bellezza rara e mozzafiato dei pavoni, e la semplicità densa di significato dei colombi bianchi?

 

Bene, siamo appena agli inizi del cammino, e piena di bellezza nei sensi e nei pori, proseguo ed esco dal resort sullo stradone di Cuotto e salgo sino al bivio dove comincia la stradina per il faro. Fortunatamente ci sono delle indicazioni per Punta Imperatore, quindi so con certezza di aver preso il bivio giusto.

 

La strada, asfaltata in mezzo a casette abitative sulla costa della montagna, si inerpica dritta e deserta. Nessuno in giro. Solo una macchina, che devo lasciar passare scostandomi. E’ il primo dell’anno.

Ci sono molti bivi e nessuna indicazione adesso. Devo andare ad intuito, perchè non ho il telefono, e ciò mi piace. Scelgo di andare in direzione del mare, e verso l’alto. Mi inquieto improvvisamente. Penso che posso perdermi fra le case ( la stradina è lunga e faticosa perchè è molto in salita) e poichè non c’è nessuno in giro mi rendo conto di essere vulnerabile. Ma recupero il mio coraggio e proseguo. Il “coraggio” è il cardine simbolico di questa storia, poichè il mio cammino era anche metaforico e ne ero consapevole: intraprendere una strada da sola, impervia e non battuta, per arrivare a godere la ricompensa di un panorama mozzafiato (chi ha orecchi per intendere intenda).

 

Ma intanto il faro non si vedeva, camminavo nelle stradine deserte con il naso che gocciolava per il grosso raffreddore, respirando male e facendo ancor più fatica, e non potevo chiedere a nessuno le indicazioni perchè non c’era anima viva. Però proseguo, stanca e decisa, prendendo i bivi ad intuito. Giungo alla fine della strada asfaltata. Il faro e la cima della montagna non li vedo.

 

Come direzione scelgo il cielo ( se devo arrivare al top della montagna devo proseguire verso l’alto) e mi inerpico su un sentiero mal ridotto e deserto, impervio, di cactus e rocce. Penso che se cado non posso telefonare a nessuno. La salita si fa scoscesa. Giro intorno alla montagna e finalmente scorgo il mare dall’altro lato, e mi godo il panorama. Ma è sempre deserto e impervio, come se fossi su una strada sbagliata. Possibile che non ci venga nessuno a fare questa passeggiata?  E poi non vedevo il faro. Non posso tornare indietro ora. Vedo tutto il mare verso ovest, infinito. Ma non vedo i tre lati dell’isola.

Allora seguo, questa volta scendendo, dei gradini fra le pietre e le piante, poichè ero al top del sentiero e si poteva procedere solo scendendo. Chissà dove porta. E dopo una serie di curve scoscese mi trovo finalmente sullo spiazzo esterno della roccia, sotto di me vedo il faro e, attenta a non cadere nel dirupo, vedo il panorama più bello possibile del mare e dell’isola, alla mia sinistra, davanti e alla mia destra. Vedo S. Angelo col suo promontorio, vedo Capri e Sorrento, vedo le isole di Ponza e Ventotene, vedo tutta Forio e al di là Pozzuoli, vedo tutto il blu più limpido e terso di cielo e di mare che mi entra dagli occhi nel cuore e nel profondo dell’anima, beandomi di questa ricompensa mozzafiato, e fiera di aver superato fatica, paura, indecisioni. Mi sentivo la regina del cielo su quella roccia e, quasi gesto animale di impossessarsi del territorio, feci la pipì al vento, proprio nel mezzo.

 

Che primo di gennaio straordinario! E che magnifico invito a non lasciarmi prendere dai dubbi, dalle paure e dalle fatiche, per arrivare al meraviglioso obiettivo scelto. E questo è ciò che di buon auspicio questo avvenimento, che ho raccontato dettagliatamente perchè è estremamente metaforico in ogni suo particolare, mi regala per il cammino difficile che ho intrapreso ora: la ricerca da sola di una gravidanza alla mia età non più giovanissima e con le difficoltà incognite delle cure, ma proseguo col coraggio e l’amore della bellezza estrema di tutto ciò, del cammino faticoso che porta a una gioia piena, se sarò onorata di avere il regalo di un figlio. E con questa convinzione e bellezza nel cuore, dal 5 gennaio, secondo quanto precedentemente programmato, ho cominciato il trattamento ormonale, le punture di eparina e tutto ciò che occorre per questa avventura del nuovo anno.

 

Chiedo alla mia Buona Stella di amore di starmi vicino e aiutarmi a superare tutto e ad arrivare al Faro. E già pregusto la bellezza di questa visione e di questa avventura, attenuando i dubbi e relativizzando – dandogli poca importanza – le paure.

Ho davanti agli occhi la bellezza sublime di quando ero sopra al Faro di Punta Imperatore e bevevo di gioia un panorama di miracolo divino, di cui non ho parole per esprimerlo ma solo gioia, gratitudine e felicità. E so che sarà lo stesso, ma centuplicato anche per il mio immenso progetto.