71. Mamma Canada, l’ Hotel di Ghiaccio e altri pensieri

Sono arrivata in pullman da New York a Montreal martedì scorso, il giorno prima del mio compleanno il primo di febbraio, ma date le 6 ore di differenza, alle 18 del 31 era già il primo febbraio in Italia, e così ho avuto due giornate di compleanno ! (alle 18 del 31, ossia la nostra mezzanotte, ho avuto subito un meraviglioso messaggio di auguri da Claudio, il primo in assoluto!. )

 

Ho fatto un ottimo viaggio, (v. post!) seppure lungo – sono solo 500km ma ci vogliono 9 ore in bus e ancor più in treno … !
Adoro vedere scorrere i luoghi dai finestrini e sentire di avere tutto il tempo che mi serve per scrivere, leggere, pensare, guardare … perfetto quando si ha il mood giusto, ed io l’avevo.
Sono arrivata a Montreal per stare con Mario un paio di settimane. Lui ha trovato una casa dove poter stare insieme, e mi sembrava importante vederlo subito, prima di affittarmi la stanza a New York e restare là come programmato per alcuni mesi.
Ultimamente lui ed io siamo sparpagliati in diverse parti del mondo e ci vediamo poco, e quando ci vediamo poco non riusciamo nemmeno a capire se il rapporto funziona o no. Quindi, eccomi qui per una pausetta canadese (o meglio quebecois) che mi risulta gradita anche perché ho pure molto tempo per preparare e focalizzare cosa mi servirà per il mio rientro a New York (parlando in termini di materiali contatti e lavori).

 

Sono arrivata qui con l’idea di stare in casa per la maggior parte del tempo, non ho voglia di fare molte incursioni nel freddo dell’inverno canadese, anche se questa volta mi sono attrezzata bene, e non ho sofferto il freddo (e il tempo è stato pure per lo più soleggiato). Adoro stare in casa con tutto il tempo per pensare ai miei progetti e lavorare agli svariati aspetti che tutto ciò comporta (scrivere le e-mail, aggiornare il sito, il blog, scrivere i progetti, lavorare ai vari video, ecc … ), in più ora cade perfettamente perché Mario ha un lavoro regolare – che lo rende tra l’altro più rilassato e contento – e quindi è fuori casa 5 giorni su 7.

 

Non vi sto a raccontare dettagli sul nostro rapporto, perché sono privati, però voglio condividere con voi alcune riflessioni su Montreal e sulla vita in Canada in generale (devo dire Quebec, perché qui ci tengono molto a sottolineare la differenza tra il Quebec e il Canada inglese).
Montreal non è una città che mi entusiasma molto, però bisogna riconoscere che è molto rilassante, e che la qualità della vita è alta. Raramente vedi persone nervose, perché si respira un’aria da paese, con poco rumore, case per lo più basse, poche macchine in giro, neve ovunque (d’inverno). A me sembra un po’ come essere in una baita di montagna, mi manca solo il camino!

Questa cosa delle case basse è curiosa: eccetto il centro, situato verso il porto, tutta la grande estensione in superficie della città di Montreal è composta da case generalmente di tre piani, tutte con la stessa tipologia: un appartamento per piano e di solito ingressi indipendenti, con scale anche a chiocciola che partono dalla strada per arrivare all’appartamento del primo e secondo piano. Il risultato è che tutte le strade hanno case basse e spesso con giardino. Mi dicono che c’è una legge che vieta di costruire case più alte, per poter vedere il cielo (!! … Ciò suona un po’ all’opposto dell’abuso edilizio, no??).

 

Altra curiosità: l’altro giorno mi è venuta voglia di andare in piscina: mi piace fare dello sport e muovermi, soprattutto in una fase intensa di lavoro al computer. Poiché ho visto una piscina vicino a casa, ci informiamo sugli orari e sulle modalità di ingresso. Risultato: per gli abitanti di Montreal è gratis, per tutti gli altri costa una cifra … Mario è riuscito a farmi avere una tessera come ‘Montrealais’ e così ho la mia bella tessera per entrare gratis in piscina (in realtà la vasca non è granché, però mi piace perche c’è anche il bagno turco … ).
E sapete perché le piscine sono gratis per gli abitanti? Poiché – questa è la spiegazione come me l’ha fornita Mario – il Governo preferisce spendere per il benessere dei cittadini in modo da risparmiare sulle spese sanitarie (+ sport = meno persone che si ammalano). Anche questa mi sembra una grande dimostrazione di lungimiranza e di civiltà.

 

Ho chiamato questo post ‘Mamma Canada’ perché per questi come per tanti altri motivi mi sembra sempre che lo Stato Canadese si faccia carico in maniera complessa e completa del suo cittadino. Avevo però coniato questo modo di dire alcuni anni fa riferendomi a Mario quando, ogni volta che stava più a lungo in Italia, con lo stress di non trovare lavoro e quello della burocrazia tentacolare (che poi mi dovevo sbobinare io per lui, che manco capisco a volte come funziona per me), se ne ritornava sempre in Quebec, perché Mamma Canada ci pensava  lei: sussidio di disoccupazione, possibilità di avere ingenti sponsorizzazioni per fare l’artista, o il gallerista, il curatore, il danzatore, l’attore, e qualsiasi altra attività si desideri, fondi accessibili per farsi aiutare in varie attività (Mario ha appena fatto una richiesta per un finanziamento per farsi il sito – secondo un bando che garantisce agli artisti le spese per questa ‘necessità’). Potrei continuare all’infinito, descrivendovi le cose che vedo, attraverso Mario (sono facilities solo per Canadesi, però! … ) e cose che vedo coi miei occhi.
Gli affitti, per esempio. A Montreal sono molto accessibili. Addirittura si possono trovare appartamenti per alcune centinaia di euro. Molto care invece sono alcune altre cose come i trasporti pubblici, e il vino (ma quest’ultimo perché il governo ci mette su le tasse come a noi per la benzina).

 

Però, nonostante tutto questo ben di Dio di agevolazioni, a me non piace molto stare a Montreal, perché non mi sento stimolata, nè mi riesce molto di divertirmi. Forse perché Mario sembra quasi che non conosca bene i posti o forse perché non ha la macchina (e col freddo invernale è meglio andare nelle zone servite dai bus), ma ogni volta che vado in giro non trovo niente di particolarmente eccitante e divertente – a parte un’ottima produzione culturale di spettacoli, per lo più in francese, e di mostre, che non è comunque cosa da poco.
La settimana scorsa per il mio compleanno siamo andati all’inaugurazione di un Museo e a un concerto di musica classica, ma quando siamo usciti, verso le 22.30, affamati, abbiamo girato almeno un’ora a piedi e al freddo per trovare un ristorante aperto, che poi alla fine non abbiamo trovato – e ci siamo dovuti accontentare di un fast food greco – Vabbè, è inverno, ma possibile che non abbiamo trovato niente di meglio e che le 2230 di sera siano notte fonda???

 

 

Domenica scorsa, che era una giornata di gran sole e di freddo intenso ma sopportabile, siamo andati alla festa della neve, nel parco dell’isoletta di S. Elena di fronte a Montreal.
Premesso che ero imbaccuccata come un pinguino, perché comunque un bel -10 c’era di certo, nonostante il sole e il cielo blu, è stato davvero insolito e divertente tutto ciò che ho visto, e merita che vi allego delle foto, anche della mia buffa tenuta da pinguino.

 

 

 

 

La Festa della Neve era un Paradiso per bambini e teen-agers, piena di giochi. Dai più classici, come lo slittino, l’hockey su ghiaccio, il pattinaggio, a quelli più insoliti …

Quello che mi è piaciuto di più era il calcetto con persone viventi, che vedete qui sotto. I giocatori, disposti come il noto schema dei calcio balilla, erano agganciati all’altezza della vita a una sbarra movibile e pertanto potevano muovere solo i piedi … esattamente come i giocatori di plastica del calcetto!

Tenete conto che il suolo era una lastra di ghiaccio, quindi i giocatori per colpire la palla scivolavano a tutto spiano, senza cadere perché agganciati alla sbarra di mezzo … e giù a calciare e cercare di fare goal! L’idea mi è piaciuta un casino, ed era pure divertentissimo vederli giocare.

 

 

 

Pista di automobiline per bambini, con tanto di
pompa di benzina da cui rifornirsi…

La pista per la corsa delle slitte …

e la pesca nel ghiaccio … (vedete Mario intento a capire come funziona ..).

 

 

 

 

Scultura di ghiaccio e …

… Atelier degli scultori: c’erano dei tavoli con diversi attrezzi a disposizione, e blocchi di ghiaccio da prendere e modellare a piacimento.

 

 

 

 

 

 

 

 

… Dulcis in fundo … (del nostro elenco, c’erano innumerevoli altri giochi e attrazioni) il famoso syrop d’erable, ossia lo sciroppo d’acero,  la specialità Canadese: lo mettono bollente sopra la neve fresca e questo si coagula subito, tanto da poterne fare degli involtini con gli stecchetti per poi mangiarlo come un lecca lecca …

 

 

 

 

E ora le foto dell’Hotel di Ghiaccio: Albergo fatto tutto interamente di ghiaccio, nel quale si può soggiornare realmente (auguri!) e sembra sia pure molto richiesto, nonostante dormire nella stanza di igloo con letto in ghiaccio si aggiri sui 200-250 dollari … !!!
Però, guardate per credere, l’effetto è impressionante! – però io non ci dormirei nemmeno se me lo regalassero! Dicono che ti forniscono un sacco a pelo adatto per temperature fino ai -35 gradi, però però … come fai a leggere nel letto o fare qualcos’altro??? Molto meglio una camera al caldo dei tropici!!

 

 

 

 

20. Il PS1 e la neve

Lo scorso week-end l’ho praticamente passato al PS1. Sono andata sabato con Mario, che è qui a New York per il week-end, per vedere le mostre, e poi anche la domenica, da sola, perché inauguravano delle nuove mostre, che pure mi interessavano molto.
La prima osservazione da dire è che ho avuto piacere estetico, fisico intellettuale ed emotivo, a vedere molte di queste mostre. Finalmente vedo davvero cosa vuol dire presentare delle mostre ‘curatoriali’, dove dietro a questa parola c’è davvero un lungo lavoro di ricerca del curatore e di conoscenza della materia. Non come molte volte succede che i curatori sono soltanto quelli che scrivono un testo di presentazione alle mostre, e tutto il lavoro è dato dall’artista, che crea l’opera, e dal gallerista, che investe, che ci crede, ed entrambi usano le loro risorse. Invece il curatore (e non parlo di tutti, ma parlo di una tendenza che ho visto così spesso in Italia …) arriva, scrive il testo di presentazione dell’artista – che dovrebbe piacergli, ma a volte capita che invece si debba inventare danze di parole roboanti per scrivere qualcosa – prende il suo compenso e se ne va. Perdonatemi la franchezza, ma non potevo non pensare a questo quando si vedono delle mostre curate meravigliosamente come quelle al PS1!

 

Altra considerazione fondamentale, che mi riempie di gioia, è che ora TUTTI i musei, i testi, le tendenze, qui a New York sono connesse con la performance, l’azione, il corpo e il video o la videoperformance. E’ una musica per i miei occhi. Una grande musica, e una grande contentezza. Ho fatto i primi passi nel 1993, arrivando alla performance per pura sperimentazione di interazione di linguaggi, per mischiare pittura con scrittura – dedicandomi ad entrambe – e ho assai goduto delle possibilità infinite che questo mezzo poteva darmi, e soprattutto anche del lato fisico, emozionale, live, carnale, dell’essere lì col mio corpo, di essere vivente in mezzo ad esseri viventi, ed è per quello che ho continuato, sempre, nonostante mille fatiche e mille difficoltà. Ma allora nessuno se la filava la performance, la maggior parte delle persone non sapeva cos’è, e i pochi restanti anche se amavano le cose che facevo, non capivano dove collocarle … ( i galleristi dicevano: ed io cosa vendo? le persone del teatro dicevano: dovresti fare corsi di dizione … i miei genitori quando gli chiedevano che lavoro fa sua figlia non sapevano che rispondere e dicevano: libera professionista …).
Sarei tentata di andare avanti a raccontarvi la mia storia di come andai poi in Brasile e fu da lì che acquisii la consapevolezza PROFONDA del corpo, andando in territori che in Italia non era possibile esplorare, ma non credo che ora vi interessi la mia storia, sto divagando, penso vi interessino le mostre al PS1 e ora ve le racconto.

 

La prima si intitola ‘The Talent Show’ ed è tutta incentrata su pratiche artiste che si focalizzano sull’interattività con le persone, siano essi persone di tutti i giorni o parte attiva della performance o del progetto dell’artista. La mostra cominciava con ‘la scultura vivente’ di Piero Manzoni (due impronte su un piedistallo, con scritto che si poteva salire e mettere i propri piedi sulle impronte) e un video di Andy Warhol, per proseguire con una serie interessantissima di lavori degli anni ’60 e ’70 centrati sull’interattività col pubblico. Sono stata colpita da una performance di un’artista argentina, Graciela Carnevale, fatta nel 1968, in cui aveva invitato le persone a una sua ipotetica personale in una galleria, ma non c’era nessuno show, e quando le persone erano tutte in galleria, l’artista le ha chiuse dentro a chiave …

 

Ora devo andare, sono stata invitata a fare a palle di neve a Central Park … dovevo finire un progetto da presentare a un  produttore, ma non riesco a resistere alla tentazione, (e i giorni scorsi ho lavorato come una pazza), mi metto l’attrezzatura adatta ed esco! A dopo!

 

 

 

 

Siamo al Central Park di NY non in montagna…