158. Sui rifugiati, i media italiani, le testimonianze

Non riesco a capire come mai (meglio tardi che mai) il problema dei migranti, del loro sfibrante e pericoloso viaggio per sfuggire a guerre, persecuzioni e violenze, le leggi europee che impediscono di avere documenti se non dove non sei sbarcato (e quindi solo in italia) ecc.. siano diventati pubblici mediaticamente in Italia SOLO ORA, mentre è da anni che c’è questa situazione, e infatti a Berlino il problema dei rifugiati era esploso dal 2012 con la solidarietà di tutte le persone e con la tendopoli dove i rifugiati dormivano e protestavano a Oranienplatz, nel centro di Kreuzberg. Sto terminando il secondo video del progetto coi rifugiati che avevo cominciato a Berlino nel 2013, dove parlo anche di queste cose, con testimonianze reali.

 

 

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LIUBA, refugees Welcome, performance and video, 2013-2015

 

 

Gli anni scorsi in Italia il fenomeno dei migranti e rifugiati era letto e visto solo come ‘persone che vengono qua a rubarci il lavoro’.

Eppure, dall’altro lato, il governo ha invece fatto e aiutato i rifugiati: ho sentito molte storie in questi anni a Berlino di rifugiati africani che erano sbarcati a Lampedusa ed avevano ricevuto una grande assistenza dal governo italiano, che li smistava anche in alberghi in ogni parte di Italia. Ovviamente questa ospitalità aveva una fine, e poichè il lavoro in italia non c’era (ricordiamoci che il 2013-14 è stato il picco della crisi in italia) cercavano lavoro in Europa.

 

Alcune persone mi hanno raccontato che avevano trovato lavoro per un periodo in Italia, ma con l’acuirsi della crisi l’avevano perso, quindi avevano pensato di andare via, al nord europa, e moltissimi in Germania. E che succede? si trovavano in Germania come deportati, senza avere diritto ai documenti (che invece in Italia avevano come emergenza umanitaria poichè era il primo paese europeo in cui erano sbarcati) e senza avere il diritto quindi di cercare un lavoro. Fortunatamente per loro Berlino che è la capitale della Germania e la rappresenta, è una città ‘anche’ alternativa, e una parte dei politici ha preso a cuore e difeso i loro casi, mentre altri politici del governo continuavano a sostenere che ‘Lampedusa is in Italy’ per cui il problema dei migranti erano cazzi nostri, come si suol dire. Cosa che ovviamente non è giusta, poichè loro sbarcano a Lampedusa o altrove per venire in Europa e non in Italia.

 

Addirittura ho saputo che Monti, per cercare di ‘risolvere’ il problema del continuo arrivo dei rifugiati da Libia, Siria e via dicendo (che, ripeto, c’era già allora), ha dato un ‘bonus’ di 500 euro a chiunque volesse uscire dall’Italia, per aiutarli ad andare altrove, e per lavarsi le mani alla Pilato, come d’altronde faceva l’Europa, che ha lasciato si può dire l’Italia sola con questo problema.

 

Quindi queste persone accettano con gioia il bonus di 500 euro e se ne vanno dall’Italia con la speranza di trovare lavoro in zone europee più ricche, dove i rifugiati sono più tutelati. E che succede? Non solo arrivano in un Paese dove non conoscono nessuno, ma non hanno neanche i documenti validi per restare o per lavorare! Addirittura ho conosciuto molti che dovevano andare in Italia per ‘rinnovare’ i loro documenti, documenti però che in Germania non erano validi.

Ciò ovviamente ha scatenato un caso politico anche in Germania, e le fazioni dei politici si sono divise in due, la via dura e razzista del ‘non li vogliamo’ e la via aperta di chi li voleva aiutare. Ma la legge che consente a un rifugiato di ottenenere i documenti in Europa SOLO nel primo paese in cui tocca terra (Convenzione di Dublino), non è stata ancora modificata.

 

Quindi strabuzzo gli occhi ora a vedere che finalmente i media italiani si stanno occupando di questa realtà, e di questo problema, ma perchè solo ora, con anni di ritardo?? Purtroppo un paio di anni fa e più, i problemi erano sempre gli stessi, e i nostri politici nascondevano la testa sotto la sabbia facendo gli struzzi e cavalcando l’onda emotiva (che avevano creato coi media) che sosteneva che gli italiani non volevano gli ‘emigrati’ che gli rubavano il lavoro. E forse purtroppo solo ora, dopo che le morti nel mediterraneo sono continuate e acuite, anche in Italia si sta facendo luce su questa situazione. E se i media danno le informazioni più o meno giuste, la gente risponde e reagisce (come gli episodi di solidarietà delle persone che stanno accadendo in Italia, e che a Berlino erano cominciati nel 2012) e i politici non si possono sottrarre a prendere decisioni, che possano tutelare tutti, anche i più deboli.

 

 

 

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LIUBA, YOU’RE OUT, performance and video, 2014-2016

 

 

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LIUBA, With No Time, performance, 2015

 

 

 

Alcune immagini tratte dalle mie performance fatte con e per i rifugiati.

 

Dall’alto in basso:

Refugees Welcome, 2013-2014

YOU ARE OUT, 2014,

Senza Tempo (Without Time) 2015

 

 

https://liuba.net/projects/refugees-welcome-2/?lang=it

 

 

136. La performance Refugees Welcome e il crollo post performance

(post scritto come bozza in dicembre e pubblicato solo oggi, poichè ci sono stati gravi fatti familiari)

 

 

Sono stata davvero fortunata in questo mese a Berlino, non ha mai fatto molto freddo, così ho potuto liberamente uscire, incontrare persone, conoscere i rifugiati, ascoltare le loro storie, andare agli incontri su questo problema, eccetera, molto di ciò anche in bicicletta. Se c’era più freddo non ci sarei riuscita.
Però eccome se mi sono stancata: vai di qui, di là, parla, conosci, supera la timidezza, registra, pensa, scarica il materiale, scrivi email, ecc…

 

Sabato c’è stata la performance al Kreuzberg Pavillon, commovente, semplice, toccante, interattiva. Tre ragazzi africani, rifugiati e in protesta ad Oranien Platz hanno deciso di partecipare e si sono presentati in galleria. Un ready made umano. Una rosa di sguardi e sinergie. (leggi i post precedenti sul project in progress: 132, 133, 135-con video).

 

Ho chiesto al pubblico e a tutti i presenti in galleria, di fare 12 simbolici minuti di silenzio, per sintonizzarsi insieme e accogliere nello spazio della galleria i rifugiati, mettendo sullo stesso piano l’umanità di tutti.
Anche se il compito era semplice, per essere eseguita la performance ha implicato un lungo e anche stancante lavoro di conoscenza, relazione, contatto, con le persone, soprattutto coloro che sono sbarcati a Lampedusa, che hanno il problema dei loro diritti come rifugiati in Europa, e che stanno conducendo una pacifica protesta. Molti incontri, parole, scambi, energia, situazioni. Un arricchimento di vita. La performance risultante, la loro presenza in galleria, era solo la punta dell’iceberg visibile di un lungo processo di vita e relazioni.

 

(v. il progetto e il video della performance qui sul mio sito)

 

 

Il solito down post performance poi non l’ho potuto assaporare e assecondare in pieno perchè mi è stato chiesto di partecipare a una trasmissione televisiva di una TV privata con un intervista e un video. In realtà era una cosa che già sapevo, ma che doveva essere la settimana successiva, e a bruciapelo mi hanno chiesto di spostarla all’indomani. Ho accettato perchè sto imparando a usare il ferro quando è caldo, ma dovevo anche prepararmi un po’ ed ero molto agitata, proprio perchè ero stanca stanchissima delle fatiche di tutto il periodo preparatorio della performance.

 

Sono andata quindi domenica negli studi di questa TV a Wedding, e con mia grande agitazione ho scoperto che in questo talk show quel giorno ci sarei stata solo io come ospite….una incontrollata e inconscia insicurezza e paura si impossessò del mio respiro, e dovetti sudare 70 camice per imporre al mio fisico un po’ di non-scialance e tranquillità, appena appena sufficienti per permettermi di parlare dicendo cose sensate e senza balbettare (che poi essendo l’intervista in inglese, e pur parlando io abbastanza fluentemente, non è così facile dare risposte abili e brillanti in un’altra lingua in diretta televisiva…
Devo confessarvi che, insicura del risultato che è venuto fuori, non ho ancora avuto il coraggio di guardare il dvd della trasmissione che mi hanno regalato… 😉

 

E così, distrutta e liquefatta, dopo di ciò ho bassi-pressionato per circa per due giorni interi, amebizzando il tempo che non dormivo.

 

 

Ed ora eccovi qualche foto della performance “Refugees Welcome” fatta al Kreuzberg Pavillon di Berlino in dicembre 2013.

 

 

 

 

 

LIUBA, Refugees Welcome, performance and open letter, Kreuzberg Pavillon, Berlin Dec. 2013

 

 

 

AGGIORNAMENTO: Per maggiori notizie su questo progetto, che è poi continuato con altre performances e la realizzazione dei relativi video, vedi la pagina dedicata sul sito, nonchè le tante recensioni.

 

132. Ho cominciato ad andare al campo profughi di Oranienplatz

Appena arrivata a Berlino ho captato subito che il problema di maggior portata e coinvolgimento era quello dei rifugiati che richiedono asilo (molti di loro provenienti dallo sbarco a Lampedusa), della loro protesta, della problematica di queste persone, del rapporto fra le migrazioni, gli stati e la libertà. E’ un problema che mi sta a cuore (e non solo per esperienze personali) e che mi interessa enormemente approfondire, perlustrando il lato umano delle storie di queste persone migranti, e il lato sociale-antropologico che questi problemi comportano.

 

Quando sono stata invitata a presentare una performance il 14 dicembre in una galleria di Berlino, il Kreutzberg Pavillon, ho deciso che invece di presentare uno dei miei tanti progetti pronti e performance già effettuate, farò un lavoro sul territorio e darò il mio ‘spazio performativo‘ alle persone rifugiate che lottano per i loro diritti. Voglio coinvolgere queste persone a venire con me in galleria standing for their rights e, semplicemente, stare in silenzio, e guardarsi e accettarsi con le persone presenti. Tutti in uno stesso luogo, e tutti con lo stesso ‘diritto’ di esserci.

 

Mi interessa sempre la vita più dell’arte, e non mi interessa ora presentare una mia ‘opera’ ma dare attenzione a questo problema e queste persone. Potrei definirla un’operazione duchampiana animata: portare la vita quotidiana in galleria, portando le persone e la lotta per i loro problemi, perchè siano ‘viste’, conosciute e quindi rispettate.

(v. Refugees Project)

 

 

Ebbene, questo progetto, essenziale e forte al tempo stesso, semplice da dire, non è assolutamente semplice da fare. Ero già andata a un meeting con persone e attivisti di vario tipo focalizzato sul problema dei rifugiati, e avevo qualche contatto, ma conoscere alcuni immigrati e portarli in galleria non è cosa affatto semplice (e ho solo circa 10 giorni..).

Ricordo la fatica che feci per il progetto The Finger and the Moon #3 che richiese moltissimi mesi per contattare le persone delle diverse comunità religiose in Genova, e fare in modo che gli interessati venissero alla performance (e ne vennero 12, di fedi assortite, che fu già un successo, e la performance fu un momento sublime, per tutti – partecipanti e pubblico -unico, che ora sto cristallizzando in maniera universale in un video…), e fu un lavoro di relazioni, amicizie, comunicazione ed empatia umana di grande proporzioni. Ora si tratta di fare lo stesso… solo con molto meno tempo.

 

Ieri quindi sono andata in Oranienplatz, dove c’è una tendopoli come presidio di protesta, e con 100 persone che ci vivono da un anno (supportati anche dalla città e dai volontari che garantiscono pasti caldi giornalieri per tutti), a conoscere qualche persona…

 

Questa che vedete non è una mia foto, poichè mi impedirono di fare delle foto, l’ho presa dal web.

Ora vi racconto cosa è successo ieri, l’ho scritto in inglese poichè è parte del processo del lavoro.

 

1.

Today i went to the Oranien Platz Refugees Camp with the purpose of talking with some of them and of inviting them to perform with me standing symbolically into the gallery space with the idea of giving them ‘my performance space’ for their rights and respect.

As i was approaching to Oranien Platz I decided to turn on my small hd camera to self-filming my arrive to the camp place.

I just shot a few minutes of video while walking arriving there, when i was surrounded by suspicious and angry refugees activists from Africa shouting against me that i was stolen images. We talked, aggressively, for 10 min telling them my purpose to ‘work for them’ giving them my performance space and so on. I also had to explain them my personal experience with foreigners laws and extra-communitaire experiences having with my husband being Canadian. They slow down after a while but they pretended i deleted my short shootings. They didn’t accept that shootings done before meeting them (none of them was in the recording. Only the square and me..).
I finally deleted it in front of their eyes. In this way i was accepted to come after lunch to talk with them.
I went away, sort of confused and touched.
I took a few recordings of the place camp from a far away street later on and from a cafe on the other side of the square.

 

 

2.

I went back at the camp after lunch. I met friendly people who talked to me about their stories. I talked expecially with two guys, one coming from Algeria, the other from Giamaica (escaping from Mexico). The first one had been living and working in Spain for over 5 years (saying it was very nice for him staying there) but then the 2012 crysis arrived and he had to go away. He moved to Italy, where he found the same situation..no work (yes, we know it…). Then he went to Germany, and the only thing he asks is the right to work. The other guy is from Giamaica, and after having lived and studied in United States he escaped from Mexico for some personal problems and asked asylum in Germany, haven’t got it.

Both of them liked very much the idea of getting attention on their problems coming to the Art Gallery on saturday 14 with me. Let’s see if they will come. I never know what is gonna happen.

 

Tomorrow I will go back here again. I also met a young marocco filmaker who is here to make a documentary, with the refugees permission, about their struggle.

I didn’t take shootings neither asked for it. I was afraid they could be reluctant and they won’t like anymore to talk with me. I thought that I have to do things step by step, and first get their confidence. I really want to help their cause.