153. Sebastianstrasse e il muro

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Quando sto a Berlino non ho abitato altro che a Kreuzberg e a Neukolln. Sono queste le parti della città che amo di più. E’ qui che sento soprattutto questa atmosfera speciale di internazionalità, di creatività, ed è qui che la città si manifesta in tutti i suoi parchi e i suoi canali. Non è una cosa strana che mi piaccia questa zona, anzi è quasi ovvio, e forse è pure un pochino inflazionata, ma non posso farci niente: per me è ancora la Berlino che amo di più.

 

In questo periodo ho abitato in Sebastianstrasse, strada di Kreuzberg vicino ad Oranienplatz, e proprio su questa strada passava il muro che divideva Berlino. Per cui, il lato della mia casa è nella parte ovest, ma davanti ci sono case che prima erano nella parte est. Strano e curioso. Fa molto pensare. Ancora oggi si può distinguere precisamente, sia a livello architettonico che urbanistico, quale parti prima erano dell’est e quali dell’ovest, ed averle entrambe vicine fa un certo effetto. Ieri ho visto una mostra ‘panorama’ in cui c’era una ricostruzione fedele, attraverso un collage di fotografie ingigantito a dimensione reale, della Berlino anni 80, quindi col muro, proprio a partire da Sebastianstrasse, cioè esattamente dove ho abitato in questo periodo. Condivido con voi alcune foto della sebastianstrasse di allora, col muro. Il portone rosso sulla sinistra, quello in cui stanno facendo il trasloco e portando il tavolo, è la casa dove ho vissuto fino a qualche giorno fa.

 

 

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138. Duro inizio d’anno

Poichè il progetto di questo blog è aprire una finestra sulla vita quotidiana di un’artista, con i suoi aspetti connessi alla vita normale di tutti i giorni, i problemi legati alla famiglia, alla salute, alle difficoltà, le gioie universali, l’amore, le speranze, e al tempo stesso inserire il back stage e gli stati d’animo che sta dietro ogni lavoro, ho deciso che devo essere onesta e parlarvi anche delle cose più difficili,  che però sono umane e universali per tutti, ossia la malattia e la morte.

 

Tutto ciò incide poi profondamente sulla propria vita, ma anche sulla propria arte, essendo ogni nostro lavoro plasmato e nutrito con le nostre storie vissute, con la nostra anima gettata nel mondo (per dirla con Heidegger) e le sue molteplici avventure, facili o difficili che siano, leggere o pesanti.

 

 

sempre in viaggio… la mia stanza a Berlino

 

 

 

L’anno è cominciato in maniera molto difficile. Intanto la situazione precaria e fragile e sofferente dei miei, con la malattia di mio padre, dalla quale non voleva tirarsi fuori e non voleva cooperazione, e la malattia, più cerebrale che fisica, di mia madre.

L’anno scorso rimasi a Milano per questo tutto l’anno, e fu molto difficile. Quello non è il mio posto, dopo una settimana che sto in quella città mi prende una morsa di ansia e stress che mi impedisce quasi tutto il resto: per cui quest’anno, verso ottobre, ho sentito che ancora dovevo muovermi dall’italia e per non andare lontano dai miei genitori e poter essere presente, scelsi proprio Berlino, in quanto il posto che più mi attrae in Europa e il più adatto al mio lavoro. Partii per Berlino, quindi, come avete visto dai precedenti post di questo blog, sapendo anche che sarei ritornata spesso a Milano.

 

Così, appena finita la performance coi rifugiati al Kreuzberg Pavillon, e l’intervista alla Tv, rientrai a Milano il 18 dicembre per il periodo natalizio, dedicato alla famiglia, e allo stare vicino, a volte senza capirli, a volte anche litigandosi un po’, ai miei genitori, che essendo figlia unica, sono la parte più profonda di famiglia che ho. Non fu facile, come spesso accade, ma anche dolce, spesso un po’ triste.

 

 

Per capodanno però decisi di tornare a Berlino, era lì il mio posto in questa stagione, lo sapevo benissimo, poichè si adempissero le strade che si dovevano adempire. Di questo avevo ed ho l’intuizione, per cui la seguii.

 

Ricordo lo stress per partire per Berlino il 30 dicembre: tutti gli aerei, of course, erano pieni e impossibile prenotare un posto, e poi per giunta carissimi, passaggi con blabla car non ne trovavo, allora decisi di prendere la mia macchina, e offrire passaggi alle persone, sempre attraverso lo stesso sito. Inutile dirlo che trovai tonnellate di persone che volevano un passaggio per Berlino poco prima di Capodanno!

 

Così caricai 5 persone, sulla mia Hyunday Getz, tanto brava quanto comoda, pur essendo comunque non una macchina grande. Non avevo mai fatto un viaggio così lungo, e per lo più d’inverno, per cui mi informai come un’ossessa sulle condizioni del tempo nel tragitto (sapevo che c’era il sole, altrimenti non avrei fatto la Svizzera), mi comprai le catene da neve – si lo ammetto, non le avevo, anche se non bisogna dirlo – sentendomi a disagio nella scelta, poichè di queste cose non ne capisco niente (e il mio maschio era in Canada – come quasi sempre – e poi loro hanno altri tipi di macchine e non usano di certo le catene, con un inverno a -20 per 4-5 mesi all’anno! ma le gomme invernali).

 

Ricordo molto bene il paio di giorni prima della partenza (e decisi di partire in macchina solo il giorno prima!), così faticosi per la forza che mi costò tenere tutto in pugno e fare questa performance automobilistica fino a Berlino… Poi il viaggio andò bene, conobbi persone molto simpatiche e interessanti, nessun inceppo solo alcuni inconvenienti proprio alla partenza (che non vi sto a raccontare sennò dite che sono grulla…) e una multa in Svizzera, scattata con la foto, mentre andavo a 100 all’ora sull’autostrada :O ….in quell’unico tratto il limite era 80 ma io non lo vidi…) più a meno vicino al punto dove scattai la foto qui sotto.

 

Il viaggio per Berlino attraverso il San Bernardino 

 

Beh, che dire, arrivai il 30 sera, stanca ma felice di aver trovato tutte le strade ed essere arrivata a casa di Claudia dove Ingo mi aspettava col minestrone, quando il 31 pomeriggio – dico il 31 pomeriggio – mamma mi chiamò disperata che il mio adorato gattino Fiore, preso anche per lei, per fare compagnia a mia mamma, spesso annoiata dato che papà stava sempre a letto, e che era l’amore mio e di mammà, dunque allora mi chiamarono dicendomi con poco tatto che Fiore era caduto dal balcone del 7 piano, e non c’è stato niente da fare.

 

Cominciai a piangere e non mi fermai più, non ebbi voglia di organizzare niente per il capodanno, volli solo andare a vedere i fuochi sul ponte con una mia conoscente tedesca (la convinsi, lei voleva stare in casa, ma io avevo paura di stare in casa a piangere), ma per tutta la notte, e buona parte del giorno dopo, piansi lo stesso, per la fragilità, per il gatto, per la preoccupazione per la mamma pure distrutta, per la malattia di papà, per la mia situazione di vicinanza/distanza (ero appena ripartita da Milano!), per lo stress, la fatica, la confusione…

In più ero ospite in una casa nuova, che non mi apparteneva, perchè il bell’appartamento a Gorlitzer Park che mi avevano fortunatamente subaffittato in novembre dicembre, non era più disponibile. Mi ritrovai da sola quindi, i primi giorni dell’anno, in una casa che mi spaventava, forse per la dura fragilità della mia condizione, con una nostalgia e preoccupazione fortissima per i miei, con la mancanza e la rabbia per Mario, che era sempre in Canada e non aveva potuto volare in europa per le feste, con la voglia di tornare, e la voglia di stare, in una zona di Berlino, Stieglitz, che per me non è Berlino – amo Kreuzberg e sono sempre stata lì.

 

E così decisi di tornare subito a Milano per un po’, per consolare mamma, stare vicino a papà, sentire la famiglia, vivere ancora una volta quel senso di tristezza di questa situazione così malata e fragile.
Partì piena di ansie con un volo che costoso è dire poco (il 4 gennaio prenotato il giorno prima, pensate voi), ma non me ne fregò niente. Dovevo tornare e basta.

 

Rimasi una settimana, poi rientrai a Berlino. rientrai nella mia bella casa in subaffitto a Kreuzberg, e pochi giorni dopo ripartii improvvisamente in giornata per Milano, piangendo a dirotto.

136. La performance Refugees Welcome e il crollo post performance

(post scritto come bozza in dicembre e pubblicato solo oggi, poichè ci sono stati gravi fatti familiari)

 

 

Sono stata davvero fortunata in questo mese a Berlino, non ha mai fatto molto freddo, così ho potuto liberamente uscire, incontrare persone, conoscere i rifugiati, ascoltare le loro storie, andare agli incontri su questo problema, eccetera, molto di ciò anche in bicicletta. Se c’era più freddo non ci sarei riuscita.
Però eccome se mi sono stancata: vai di qui, di là, parla, conosci, supera la timidezza, registra, pensa, scarica il materiale, scrivi email, ecc…

 

Sabato c’è stata la performance al Kreuzberg Pavillon, commovente, semplice, toccante, interattiva. Tre ragazzi africani, rifugiati e in protesta ad Oranien Platz hanno deciso di partecipare e si sono presentati in galleria. Un ready made umano. Una rosa di sguardi e sinergie. (leggi i post precedenti sul project in progress: 132, 133, 135-con video).

 

Ho chiesto al pubblico e a tutti i presenti in galleria, di fare 12 simbolici minuti di silenzio, per sintonizzarsi insieme e accogliere nello spazio della galleria i rifugiati, mettendo sullo stesso piano l’umanità di tutti.
Anche se il compito era semplice, per essere eseguita la performance ha implicato un lungo e anche stancante lavoro di conoscenza, relazione, contatto, con le persone, soprattutto coloro che sono sbarcati a Lampedusa, che hanno il problema dei loro diritti come rifugiati in Europa, e che stanno conducendo una pacifica protesta. Molti incontri, parole, scambi, energia, situazioni. Un arricchimento di vita. La performance risultante, la loro presenza in galleria, era solo la punta dell’iceberg visibile di un lungo processo di vita e relazioni.

 

(v. il progetto e il video della performance qui sul mio sito)

 

 

Il solito down post performance poi non l’ho potuto assaporare e assecondare in pieno perchè mi è stato chiesto di partecipare a una trasmissione televisiva di una TV privata con un intervista e un video. In realtà era una cosa che già sapevo, ma che doveva essere la settimana successiva, e a bruciapelo mi hanno chiesto di spostarla all’indomani. Ho accettato perchè sto imparando a usare il ferro quando è caldo, ma dovevo anche prepararmi un po’ ed ero molto agitata, proprio perchè ero stanca stanchissima delle fatiche di tutto il periodo preparatorio della performance.

 

Sono andata quindi domenica negli studi di questa TV a Wedding, e con mia grande agitazione ho scoperto che in questo talk show quel giorno ci sarei stata solo io come ospite….una incontrollata e inconscia insicurezza e paura si impossessò del mio respiro, e dovetti sudare 70 camice per imporre al mio fisico un po’ di non-scialance e tranquillità, appena appena sufficienti per permettermi di parlare dicendo cose sensate e senza balbettare (che poi essendo l’intervista in inglese, e pur parlando io abbastanza fluentemente, non è così facile dare risposte abili e brillanti in un’altra lingua in diretta televisiva…
Devo confessarvi che, insicura del risultato che è venuto fuori, non ho ancora avuto il coraggio di guardare il dvd della trasmissione che mi hanno regalato… 😉

 

E così, distrutta e liquefatta, dopo di ciò ho bassi-pressionato per circa per due giorni interi, amebizzando il tempo che non dormivo.

 

 

Ed ora eccovi qualche foto della performance “Refugees Welcome” fatta al Kreuzberg Pavillon di Berlino in dicembre 2013.

 

 

 

 

 

LIUBA, Refugees Welcome, performance and open letter, Kreuzberg Pavillon, Berlin Dec. 2013

 

 

 

AGGIORNAMENTO: Per maggiori notizie su questo progetto, che è poi continuato con altre performances e la realizzazione dei relativi video, vedi la pagina dedicata sul sito, nonchè le tante recensioni.

 

135. Ancora sui rifugiati, Berlino e video

In questi giorni continuo a contattare i rifugiati (molti parlano italiano poichè sono sbarcati a Lampedusa e sono stati lì per parecchi mesi). Storie, emozioni, incontri, persone.

Qui di seguito condivido con voi alcuni stralci del diario di bordo in inglese che sto scrivendo. Quando riuscirò, ho intenzione di mandare alcuni stralci di riprese delle dichiarazioni dei rifugiati e delle loro storie (chi accetta di parlarne) diffondendole per il web e pure per i siti informativi, poichè credo che, in Italia sicuramente, non ci sia abbastanza informazione su ciò che sta succedendo, e di come questa questione sollevi problemi ben più ampi, che la comunità europea e la comunità umana devono risolvere: come accogliere profughi che scappano da cattive condizioni nel loro paese? come accogliere chi deve fuggire per una guerra? (mi domando che ne sarebbe stato di Duchamp, di Man Ray, di tutta una parte dell’avanguardia che è fuggita in America durante le guerre mondiali in Europa…e se non fossero stati accolti? quanta  ricchezza in meno per la nostra storia e la nostra cultura!)

Come garantire a tutti la propria dignità? e l’uguaglianza? Tutte queste questioni urgono di trovare una soluzione, o quantomeno di essere discusse, per questo che anche il ruolo di informazione acquisisce importanza, e anche di informazione poetica, per coinvolgere le sensibilità delle persone.

 

 

 

Logisticamente sono molto fortunata: per mia gioia anche se è Dicembre non fa assolutamente freddo, ci sono 7-8 gradi, è grigio e piove un po’, e mi piace questo tempo, mi sento perfettamente a casa, è quello che di solito caratterizza i nostri inverni nel Nord Italia. In più sto abitando in una casa perfetta, a Kreuzberg-Friedrichshan, vicino alla maggioranza dei posti dove devo andare, e pure davanti a un bel parco dove, sempre grazie a un clima accettabile, vado a volte – non sono una fanatica – a correre. Così riesco a prendere la bicicletta e mi muovo per Berlino come i Berlinesi. Ah, con la casa ho ricevuto anche la bici! 🙂 Al freddo sottozero non mi abituerò mai, ogni volta mi sento a disagio, ingoffata dai vestiti, impossibilitata a vestirmi come mi pare (di solito mi vesto da marziano mettendo su tutto ciò di pesante che posso avere, strato dopo strato..!), quasi paralizzata nei movimenti, e anche un po’ nervosa…Per ora quindi mi ritengo fortunata che in questo mese a Berlino non si è mai andati sottozero se non qualche giorno fa, che poi ha anche leggermente nevicato, ma è sparito subito. Altrimenti non so come avrei fatto a seguire tutte le conferenze sul problema dei refugees che sto seguendo, e ad andare ogni giorno a parlare con le persone…

 

Fra pochi giorni ci sarà la performance dove invece di fare una mia azione ho invitato i rifugiati a venire in galleria, e non posso indugiare!

 

Ed ecco la continuazione della cronaca dei miei contatti coi rifugiati (v. post precedente 1 e post precedente 2 per le prime puntate)

 


5. Saturday, December 7, 2013

 

I went at the tent at 3.30pm. I had an appointment with some refugees people, for going to see the gallery (that opens only on Saturdays) where we were supposed to make the participative performance piece. I met people and I talked with people, mostly in front of the camp fire (afterwards I was smelling like the smoked scamorza cheese..).Then 3 of us went to the gallery.
After that I met an italian architect, Manuela, living in Berlin since 13 years wishing to help me with the project. I am having a lot of encouragement and helping by friends in all the world, many of whom put me in contact with some of their friends living in Berlin. Manuela and I decide that she would have come with me on Monday to the occupied school, to meet more people.
 
6. Sunday, December 8, 2013

 

I had to prepare, in 1 hour and among previous Sunday friends visits already programmed, a short video of me talking about the refugees project for a political Performance Art Symposium in Belgrade. I wanted to send them a video of a previous and already finished work, but they were so interested about this issue, that they asked me just to share what’s going on with the audience in Belgrade. I prepared a short video. Even if it could be simple, preparing a short video is not so easy and fast, but it was fun. I was at Waltraud’s studio, a German artist friend, and she helped me gladly with location, scenography and recordings.

 

Here’s the video:

 

 

 

 

6. Monday, December 9, 2013

 

I went to she occupied school with Manuela. It was dark because we went there after her job, at 5.30 (here in winter sun sets down around 4pm…). 
I looked for Turgai, the Turkish activist who is living there. He invited us to a panel discussion occurring in an occupied part of the Betanja building in a couple of hours. Then we met people in the school and we talked with two guys very nice, telling us their stories coming from Africa to Lampedusa and then being in Berlin. There were reggae music on their phones. Everything was friendly. I was with them. I asked them recording their stories with the camera, but they didn’t want. They were interested in participating to the performance and being at the gallery. I wrote the address on a little paper. Everybody is intimidate by the camera, so I never use it, neither I show it. But everybody is ok with audio, so I often record our voices while talking. We went to the activist meeting at the Betanja occupied section, invited by Turgai. They had a conference explaining the process of the protest and the next steps. They showed interesting videos. I had the permission to film. We also met some of the more active refugees leaders of the group. I could talk easily with them of the idea of the performance action for their respect, voice and rights. Maybe some of them will come. As usual I don’t know. I really want to help. They’ll decide what is best for them.