147. Il fulcro

E’ esattamente così: avere qualcuno che ci aspetta è la cosa più bella del mondo.

I miei genitori erano il fulcro da dove partivo e tornavo, che accettavano il mio entusiasmo quando ero via che facevo cose belle, ma che si struggevano e mi struggevo quando non rimanevo tanto a Milano.

 

Ora il centro si è frantumato e sto vivendo questo dolore. Tanto più forte oggi, che sono andata nella casa dei miei a Milano, che è vuota da più di sei mesi, e che sto cercando di affrontare a piccoli passi, venendo di tanto in tanto ad aprire un cassetto o cercare qualcosa, e che mi mette un dolore lancinante di percepirli e capire che loro non ci sono più, ci sono solo le cose.

 

Non so cosa fare, non riesco ad affittarla, non riesco ad abitarci (è molto meglio della mia, che è il mio punto di appoggio a Milano), non riesco a gestirla. Ogni tanto la sto onorando facendo qualche cena e invitando amici, usando i cari servizi di piatti e posate delle feste che hanno fatto la mia storia…

Sapessi che Milano è la mia città forse saprei meglio cosa fare, ma Milano era un punto importante perchè c’erano loro, ed io andavo e venivo, e a Milano più di tanto non ci riuscivo a stare, anche perchè altrove mi era più facile fare la mia arte… ora a febbraio ho deciso che ritornerò a Berlino per finire alcuni progetti sospesi, sparpagliata più che mai, nomade come sempre, con cose care sparse in tre case in Italia e nessun luogo vero dove stare e sentirmi a casa. Sono fortunata ad avere un amore e un compagno, ora è in Italia con me, ma essendo canadese ed essendo artista, quando è in Italia non lavora e non fa molto, così è difficile per lui restare, è difficile fare programmi, e sempre più mi sento spersa, ci sentiamo confusi, come lo eravamo anche prima.

 

E’ tutto molto transitorio, mobile, sospeso. So solo che mi consento di darmi del tempo, di vivere il dolore, di avere pazienza.

Ogni tanto la carica vitale ritorna, a piccoli tratti, più forte del dolore della perdita. Sono solo momenti, ma so e sento che la vita è più forte di tutto. Ma a volte siamo così giù e così persi, così stanchi e così confusi, così tangibilmente sofferenti di non poter più sentire abbracciare parlare vedere queste persone così fisicamente presenti dentro di noi.

E’ un mistero che si fa fatica a capire, non sembra vero che c’è la casa e loro non ci sono più dentro, che fino a ieri gestivano e vivevano la casa, e ci si muovevano e respiravano, e pensavano e amavano… E per me il fatto che se ne sono andati a 3 mesi di distanza è molto complicato perchè rispetto a papà ho delle malinconie e delle struggenze, dei non detti e dei non vissuti che mi mancano e mi stendono di nostalgia, e vorrei riaverlo qui almeno una volta per stare con lui e dirci tutto, e invece la mamma con cui il rapporto era più facile ma di cui non ho avuto abbastanza, mi manca come una stella cometa, avevo bisogno di averla ancora, avevo bisogno di godere più vita in presenza con lei, e così si intrecciano questi dolori e per ognuno avresti bisogno di tempo e di completa dedizione..

 

 

Noi tre alla premiazione dell’ Ambrogino d’Oro a mio zio Elio Pagliarani, Milano 2010

 

 

 

143. Refugees Hunger Strike

Qui a Berlino ho ripreso a lavorare intensamente e parecchio. Ho l’aiuto di una persona che parla italiano che sta per 6 ore con mia madre, occupandosi di lei, così in quel tempo io sono libera di lavorare ai miei progetti.

 

E tutto sta andando avanti: il video The Finger and the Moon #3, che è finito e di cui ho gestito con un tecnico alcuni problemi inerenti l’rsportazione del filmato HD. Poi sto rielaborando nella parte tecnica anche il video The Finger and the Moon #2, invitato a un festival di videoarte in Baviera quest’estate ( e lo vogliono già da ora). Poi sto facendo un sito nuovo di zecca insieme a una bravissima web-designer developer australiana, con la quale stiamo lavorando molto bene insieme e pure velocemente…non vedo l’ora che sia online!

 

E’ bellissimo e come un sogno per me stare a Berlino con mia madre. Di solito ero io che per tutta la mia vita viaggiavo, e avevo la nostalgia di loro che erano a Milano, ma io a Milano non riuscivo a starci mai più di tanto. Questa volta ero in viaggio con lei, e lei condivideva la mia vita artistica nel mondo, potevo spartirla con lei, farla partecipe, e vivere al tempo stesso il grande amore per lei e la famiglia e la mia grande voracità di arte e di viaggi. Non mi sembrava vero. E non mi sembrava vero poter vivere con lei, godermela davvero, poichè in tutti questi anni lei è sempre stata in ‘coppia’ con papà e i momenti in cui eravamo in un posto da sole – e ci piaceva tantissimo – sono stati molto pochi.

 

Non sono mai stata così felice nella mia vita. Una cosa similare, ma meno intensa, fu quando abitai con Mario a New York, dove pur essendo in un paese del mondo per fare arte mi sentivo in famiglia e a casa. Ma con mia madre era una cosa straordinaria. Io e lei insieme. E per la prima volta lei inserita nella mia vita, e non il contrario.  Una gioia immensa, e un dono unico, poter essere qui con lei, anche se la logistica non è facile, perchè non posso lasciarla da sola ( e allora spesso me la porto dietro nei posti più impensati, tanto qui a Berlino, non so come, si può parcheggiare dappertutto, anche in centro davanti ai portoni, così la posso scarrozzare ovunque senza farla stancare troppo o prendere freddo).

 

E, last but not least, sto proseguendo con le riprese e la ricerca sulla situazione dei rifugiati e dei Lampedusa People.

Recentemente è stato sgomberato il campo profughi di protesta ad Oranienplatz. Alcuni sostengono che c’è stato un accordo e un patto fra i rifugiati e il comune, altri, compreso alcuni di loro, sostengono che il patto era più uno specchietto per le allodole e i media, che un passo concreto verso la risoluzione della loro situazione, per cui si è creata una ulteriore resistenza, ed è stato iniziato uno sciopero della pace in Oranienplatz.

 

Qui di seguito potete vedere un video, fatto appena lo sciopero della fame cominciò ( e montato mischiando velocemente anche dell’altro materiale che avevo archiviato, in attesa di fare un lavoro video più ampio su tutta questa situazione).

 

 

112. vacanze natalizie: nuovi progetti e un po’ di relax

Circa una settimana prima di Natale ho deciso, improvvisamente, di proporre un progetto per un’importante manifestazione da tenersi a Milano e, quasi improvvisamente, ho saputo che è stato accettato e che cominciava la realizzazione pratica e la messa a punto di una serie infinita di diversi livelli (poichè ci sarà una mostra personale e una nuova performance, i piani di lavoro sono proprio tanti, a livello di creazione e produzione, a cui si aggiungono quelli dell’archiviazione, comunicazione, relazione, ecc.).

 

Nel frattempo, come programmato, il mio amico e curatore Mark Bartlett è giunto a Milano da Londra con l’intenzione di lavorare all’imbastitura del libro (sorpresa…) che lui ha in cantiere di fare. E si è trovato ad essere la persona giusta al momento giusto… poichè ho parlato a lui del nuovo progetto imminente e gli ho chiesto di farmi da curatore, cosa che lui ha accettato con entusiasmo.

 

La cosa bella di questo rapporto è che lui conosce, credo, il mio lavoro meglio di chiunque altro, e lo sta seguendo dal 2006, quando vide la mia mostra personale a New York a Chelsea (da quei matti della WeissPollack Galleries, vedi il diario New York) e mi scrisse impressionato dal mio lavoro. Ciò mi ha fatto enormemente piacere, e da allora siamo in contatto, prima per email e poi anche di amicizia, soprattutto da quando lui da S. Francisco dove viveva si è spostato (e sposato) a Londra, e negli ultimi anni la collaborazione comincia a diventare più concreta (per esempio il bellissimo essay che ha scritto in seguito alla mia performance The Finger and the Moon #2 a Piazza S. Pietro in Vaticano (leggi).

 

Mark è partito pochi giorni prima di Natale, per andare a passare le feste a Cinzago, sul Lago Maggiore, dove hanno una casa, e sarebbe ritornato a Milano il 5 di gennaio. Io intanto… dovevo creare la serie di lavori nuovi per la mostra (ancora vi tengo in sospeso e non vi dico qual’è, ma sarà a Milano presto…) e soprattutto preparare le immagini per il catalogo e inviarle entro il 4-5 gennaio. Insomma, fuoco e fiamme!

 

Però il giorno di Natale e la vigilia sono stati belli e tranquilli, come da copione, riposo, cibo e soprattutto tanta famiglia.

La mia famiglia è piccola, e quel poco che c’è è piuttosto sparpagliata, ma è stato molto bello festeggiarlo con i miei genitori e con Mario, e vedere per la prima volta dopo tanto tempo in seguito all’operazione, mio padre essere sereno, di compagnia e a camminare anche solo nel piccolo tragitto dalla stanza al tavolo da pranzo. Devo confessare una cosa, a me e anche a voi: nonostante gli scontri, le incomprensioni, le litigate che abbiamo avuto nel passato, come non mai ora mi sento attaccata a mio padre e a ciò che lui rappresenta nella mia vita e sento molto forte il bisogno della sua figura che, solo ora, mi accorgo quanto mi ha fatto sentire protetta in tutti questi tempi, nonostante mi sia sentita per la maggioranza degli anni passati non capita e in tensione con lui. Certo capire le piroette della mia vita, accettare le mie scelte inconsuete, vedermi annaspare con fatiche e pochi soldi, può essere agli  occhi di un genitore cresciuto con altri valori e in un’altra epoca, qualcosa di molto difficile da accettare e da capire. Forse solo ora mi sento accettata e amata, anche se lo sono sempre stata, e questo è stratosfericamente, enormemente importante per me, ora.

 

Poi giorni intensi di lavoro, in quei giorni placidi e beati dove la città sonnecchia e tutti sono partiti o si rilassano o si vedono con gli amici (e questa energia come si sente, ti dà la giusta pace e la giusta tranquillità di una dimensione bella, calma…mi sono sempre piaciuti un sacco i giorni tra Natale e Capodanno, contenitori aperti per tutto ciò che si desidera fare, senza forzature). Mi sentivo solo un po’ in ansia per la scadenza delle foto da pubblicare nel catalogo, che era così vicina e appena dopo capodanno, e ho lavorato con molta lena e determinazione (e devo dire pure divertimento!) alla creazione di nuovi lavori polittici (v. Finger and the Moon#5) da produrre prossimamente.

 

E poi però per Capodanno, si parte! Alcuni giorni in montagna a Briançon nella casa del mio caro amico Alberto. Giorni di un sole che non si può, aria azzurra, niente freddo, montagne e panorami mozzafiato e una gioia nel cuore di essere vivi, e di tanta bellezza circondati!

 

 

Ehi, Buon anno!!! Ben arrivati nel 2013 e che sia un anno ricco di gioia amore e soddisfazioni!

 

101. Abramovic, famiglia, forza

Leggendo un’intervista a Marina Abramovic (è un’intervista fatta in occasione della sua mostra al PAC di alcuni mesi fa, a cui sono pervenuta oggi leggendo del nuovo film su Marina Abramovic ora in onda a Venezia) sono stata colpita da alcune frasi che rappresentano un po’, con le dovute differenze, anche la mia storia e le mie difficoltà. Molto spesso anch’io credo di essere diventata forte attraverso le difficoltà, ma non sempre è facile superare le sofferenze e gli ostacoli. Ma anche se si cade, c’è una strepitosa forza segreta che non ti abbandona mai, che a poco a poco ti ritira su pronta a lottare di nuovo.

 

“Ho avuto una famiglia davvero difficile e un’infanzia altrettanto difficile. È stato molto duro combatterli e opporre loro resistenza, ma questo mi ha reso più forte. Quando ho cominciato a realizzare le mie performance nella ex Jugoslavia, ho dovuto fronteggiare la mia famiglia. Specialmente mio padre e mia madre, che mi criticavano direttamente e continuavano a chiedersi quale tipo di educazione mi avessero dato, che cosa mi portasse a tagliare il corpo o a bruciare la stella comunista a cinque punte. Il mio intero percorso è davvero cominciato contro tutto e tutti. I miei professori, all’accademia, sostenevano che dovevo essere internata in manicomio, perché quella che io facevo non era arte. Io apparivo come una specie di nonsense. Sono dovuti passare anni e anni. Venti, trent’anni per riuscire a far capire che la mia era arte, pratica accolta, in fondo, solo negli ultimi dieci anni al massimo. Andare contro ogni aspettativa e ogni credo rende più forti. Soprattutto quando si sfidano le regole del mercato. Nella performance non c’è merce, non c’è un prodotto da vendere, tutto deve rimanere immateriale, non fisico. Anche se esistono foto, video-installazioni e oggetti legati al momento della performance, questa deve comunque continuare a essere la forma d’arte più immateriale che esista.”
 
Dall’intervista: “L’Abramovic secondo Marina. L’intervista vera”, scritta da Ginevra Bria Artribune, 11 marzo 2012

 

 

93. Stasi, riflessioni, ripensamenti, letture, famiglia

Stasi, dopo la marcia col piede sull’accelleratore per tutti questi mesi e forse anni, ho sentito come il bisogno di fare un vuoto, uno stop, un blank, e dell’ordine.
Anche dopo i fatti di Genova (v. post precedente), poiché la fatica e la successiva delusione dell’annullamento ti lasciano un po’ di dubbi e di bisogno di riflessione, o al minimo di ri-centrarti e capire che motivazioni ti spingono a fare arte e a fare così tanti – eh sì, lo sono, – sacrifici. E a volte i dubbi e la stanchezza rodono, e affiorano, ed esigono di essere guardati.

 

In questo periodo mi sono occupata della mia famiglia e degli affetti, e soprattutto di sostenere mio padre in un impegnativo percorso di salute, con anche annessi ansia e preoccupazioni per la vicenda. E questo mi sta occupando tantissime energie, ma anche dando molta dolcezza.

 

E’ anche palese, qui in Italia più che altrove dove sono stata, che questo periodo di ‘crisi’ sta contagiando tutti, sia nel morale, sia nelle possibilità e nelle frustrazioni. E’ un’energia bassa, piatta, spesso soffocante, in cui tutti più o meno, chi per un motivo o per l’altro, ci sono impastonati dentro. E queste energie si avvertono. E per una come me che ha le antenne ricettive e sensibili – spesso troppo e così tanto che assorbo umori e tensioni che mi circondano, anche mio malgrado – queste emozioni affiorano ancora più forte, e non si può non sentirle. Tanto più che, non so se per un fatto di incapacità o di costituzione, nella mia vita non riesco ad occuparmi di tante cose, a seguire tutti i giornali i fatti la politica o la vita pratica, ma sono per lo più volta a captare emozioni e pensieri, indagare intuizioni, percepire la vita, e poi cercare di tradurre tutto ciò col mio linguaggio. Ma non sono molto centrata e abile sulla vita pratica, tanto che tutti i problemi logistici e burocratici mi mettono un’ansia non indifferente (poi li risolvo, ma devo mettermi lì e scendere dalle nuvole, cosa che a volte non mi riesce proprio facile … ).
Mi fermo. Forse è una frase che non si capisce. Certo, non riuscivo a dormire, tra il cibo pesante al ristorante indiano e la grande afa di questi giorni, che ho acceso il computer alle 5 di notte e mi sono messa a scrivere (e fare qualche giochino, confesso), per cui non è che connetto benissimo, sono come in un flusso di coscienza, lento, caldo, pure un po’ strano.

 

Sto leggendo molto in questo periodo (forse sarò un po’ ovvia, però sto divorando un bellissimo libro sulla vita e le opere di Marina Abramovic, scritto molto bene, che mi entusiasma e mi diverte nel vedere anche tante affinità col mio modo di essere e di lavorare, e entrare nella vita dei ‘grandi’ mi aiuta a rifocalizzarmi) e ho pure intrapreso un corso per artisti in videoconferenza da Chicago che aiuta a focalizzarsi e ri-centrarsi. Sono un po’ stanca di produrre. Devo riflettere.

 

84. Nuove foto dello zio Elio

Sono rientrata a new York dal weekend a Washington col mio amico Mengoz, e archiviando alcune nuove foto dei mei work in progress newyorkesi, ho trovato in una cartella queste bellissime foto dello zio Elio Pagliarani che riceveva l’Ambrogino d’oro a Milano, fatte da Mario, e non ho resistito dalla voglia di condividerle con voi, con affetto immenso per lo zietto, che ci ha lasciato poco tempo fa e che onoro sempre nella mia memoria.

La cerimonia è stata qualche anno fa, e se pur vi dovete sorbire l’allora Assessore alla Cultura, vi addolcisco con una chicca: una delle rare foto private della mia famiglia (quella che vedete accanto a mio zio è mia mamma, sua sorella, dietro fa capolino mio padre, e a sinistra ridendo c’è la zia Cetta, moglie di Elio …).

 

 

 

Ed ecco le foto della Premiazione dell’Ambrogino d’Oro. Mio zio, romagnolo di Viserba, visse a Milano negli anni ’50, dove scrisse il suo componimento più famoso, La ragazza Carla, prima di trasferirsi definitivamente a Roma nel 1960. Per questo motivo è stato onorato del premio più importante della città di Milano.

 

 

Elio Pagliarani riceve l’Ambrogino d’oro a Milano (foto: Mario Duchesneau)

39. La mia famiglia romagnola e lo zio Elio Pagliarani

Ho passato la settimana di Pasqua a Rimini finalmente a riposarmi, dopo aver macinato e macinato, senza mai fermarmi. Quando vado in Romagna mi sento a casa, perché è quella la terra da dove proviene la parte più importante della mia famiglia a cui sono più legata!

 

Ricordo con commozione le numerose estati passate da sola con la nonna Pasquina a Viserba, che mi sono rimaste dentro e che mi hanno plasmato. Inoltre adoro il lato romagnolo di mia madre Rosanna (o Rossana come le piace farsi chiamare), che mi ha trasmesso anche geneticamente, e di cui la ringrazio!

 

E poi fa parte della mia famiglia romagnola pure il mio zio Elio Pagliarani che è un poeta molto importante.
Lui sin da quando ero piccola vive a Roma, e ricordo le lunghissime passeggiate per le vie di Roma, io adolescente, dove si fermava ogni tre passi raccontandomi la storia di ogni palazzo e gli intrighi di ogni famiglia storica che si nascondeva dietro. E siccome è sempre stato un grande affabulatore, io lo seguivo incantata.
Ricordo però che una volta gli dissi: perché non mi racconti del presente invece che del passato? E lui si fermò, mi guardò tra lo stupito e l’arrabbiato: ma come, non ti interessa la storia?? E’ importantissima! Io risposi che sì mi piaceva, però che la vivevo come una cosa passata e che mi stimolava più conoscere il presente.
Allora lui mi guardò soddisfatto, mi sorrise e mi disse: eh sì perchè sei tanto giovane! Che bella risposta, brava! – Ed io mi gongolai di gioia.

A volte lui mi metteva un po’ di soggezione, e quando mi faceva dei complimenti mi gratificava tantissimo.

 

Ho parlato di mio zio anche perchè in questi giorni è uscito il suo ultimo libro, che si intitola: ‘Pro-memoria a Liarosa e sono suoi scritti autobiografici scritti dal 1979 al 2009.

 

Sono molto felice di condividerlo con voi, e poi devo confessare che un po’ me lo sento dedicato … Liarosa è mia cugina, e nel libro lo zio Elio racconta alla figlia tutte le memorie della sua infanzia romagnola e delle nostre radici, dei nonni di mia cugina, che erano anche i miei nonni, e di tutti i personaggi della nostra famiglia romagnola. E naturalmente mi sento coinvolta!
Ah, e poi vedete questa foto? Quella a sinistra è la nonna Pasquina da bambina, con la madre, la mia bisnonna!!

 

 

 

 

 

più info sul libro e sullo zio …
http://affaritaliani.libero.it/culturaspettacoli/l_autobiografia_di_elio_pagliarani070411.html