174. Il tubetto che non voglio che finisca

Oggi vorrei raccontarvi un’altra cosa strana che mi sta accadendo, in questo periodo post-grande tunnel. Mi sta accadendo, ormai è da parecchio che me ne sono accorta, che per la prima volta in vita mia dò peso e importanza alle cose materiali, agli oggetti. Prima non me n’era mai importato niente.

 

Mi trovo ad avere un rispetto quasi feticistico per gli oggetti appartenuti ai miei genitori o che mi ricordano la mia vita di bambina, o che appartengono a case dove loro hanno vissuto. Questo atteggiamento, che non è tanto conscio ma soprattutto inconscio, fa sì che io provi ferite abissali se qualcuno tocca o muove o altera uno di questi ‘ricordi’ od oggetti, a tal punto di avere avuto una crisi isterica (e questo già l’anno scorso) quando una ragazza, che era ospite a casa mia per un periodo, in mia assenza mise in un mio armadio ‘personale’ oggetti dozzinali da ripostiglio tipo ferro da stiro, scope ecc.. Io mi sentii profanata, qualcuno che ha messo le mani dove avevo radunato alcune cose personali, e ebbi una reazione dolorosissima, più forte di me, e strana anche a me stessa. O anche mi capitò quest’estate quando la sorella  canadese del mio compagno ruppe i rubinetti del bidè (poichè per loro è un grande sconosciuto) ed io mi sentii come mancata di rispetto, violentata. Reazioni molto esagerate, ma che non riesco a controllare.

 

Oppure mi capita di portare da una casa all’altra (da quella dei miei genitori, che a luglio mi ero decisa di affittare per un periodo) oggetti anche insignificanti e che passo tantissimo tempo a capire dove stiparli in casa mia, e come archiviarli, ricordarli.

 

Ci sono cose ovviamente importanti affettivamente, ma non riesco a separarmi nemmeno da cose più banali e quotidiane. Per esempio in questi giorni guardavo il tubetto di una crema idratante colorata della shiseido che mia madre negli ultimi tempi aveva comprato (sbagliando colore, perchè era di una tonalità molto più scura della sua pelle, mentre per me quando sono abbronzata va benissimo). Quando mia mamma se ne andò cominciai subito ad usarla (è pure buonissima e anche protettiva dal sole) e la uso parcamente, di quando in quando, per non finirla, come se in quel tubetto ci fosse ancora la mamma, ed in effetti poichè lei l’aveva usata, in quel tubetto ci sono i segni delle sue mani, del suo tocco, penso che c’è un segnale fisico della sua energia. Questa mattina mi sono messa quella crema, e ho pensato che mi dovrò rassegnare all’idea che prima o poi questo tubetto finisca, anche se sorprendentemente dura ancora, e da 4 anni ce l’ho fissa nel mio beautycase. Ci scriverei un poema su questo tubetto.

 

 

 

 

Non so se ciò che mi sta accadendo è successo o succede anche a voi. E’ davvero quasi feticistico il mio attaccamento a certi oggetti, un rispetto altissimo come se fossero animati, e mi accade anche con oggetti miei personali ma che appartengono al periodo della mia infanzia o adolescenza. Praticamente sto passando anche molto del mio tempo a mettere a posto cose, a perdere oggetti e ritrovarli, ad archiviare parte del mio passato (anche artistico) e quasi sto provando più piacere nel fare questo ordine, questo archivio che nel produrre lavori nuovi.

 

Nemmeno mi piace più comprare cose nuove, perchè ho un sacco di da fare con le cose che ho, visto che alle mie si sono aggiunte quelle dei miei genitori, alcune delle quali hanno trovato posto nella mia casa (ma che è già così stipata che poi non ricordo dove le ho messe ecc. ecc.). Non sopporto fare shopping, perchè mi sembra di togliere spazio ed energia a tutte le cose e i vestiti che già ho, e che mi collegano col passato. Non farei mai il cambio fra un vestito nuovo e invece uno vecchio che mi ricorda periodi di vita o ancor più le persone che amo, le sensazioni che avevo quando li indossavo o i ricordi visivi della persona amata che li indossava. Per cui non riesco a comprare quasi mai niente di nuovo.

 

Sembra tutto un po’ stranetto, non trovate? Però non mi preoccupo più di tanto, probabilmente passerà, mi permetto questo tempo di riflessione, transizione, archiviazione, attesa, senza sforzarmi più di tanto a nasconderlo a me stessa. Tanto più che siamo in un mondo così caotico e super-ingolfato di messaggi/cose/prodotti/informazioni che l’unico atteggiamento attuale, anche per quanto riguarda la mia propria vita artistica e professionale (che essendo così intimamente legata alla vita intima non può fare altro che seguirla), è quello del fare un passo indietro, mettere in ordine il già fatto e il già vissuto – anche per goderselo aggiungerei – archiviare, prendere tempo ed aspettare..

 

Non mi sento molto stimolata a fare cose nuove, e quando mi invitano a partecipare a una mostra o a una performance istintivamente mi innervosisco, perchè non ho voglia di pensare a cosa creare. Ho lavorato come una pazza per anni e anni (cominciando ufficialmente dal 1992 ma esperimentando da ancor prima) ed ora non ho voglia di produrre niente di nuovo e mi sento come un po’ a disagio quando mi continuano a chiedere dei lavori. Poi però, almeno a livello artistico, trovo sempre la soluzione, ossia mando opere o presento lavori già fatti, magari rinnovati per l’occasione, perchè sono questi che sento che voglio mostrare, e non qualcosa di ex novo che ora non mi appartiene.

 

Ancor più curioso, e ci penso solo ora, che una delle poche cose ‘nuovissime’ a cui ho lavorato negli ultimi due anni, è un mio libro artistico (LIUBA PERFORMANCE OBJECTS) dedicato agli ‘oggetti‘ usati nelle mie performance, e attraverso di essi parlare di altro, dei progetti sottesi, dell’iceberg celato sotto la punta…un modo di archiviare che è esaltare la banalità del quotidiano e dell’oggetto usato nel procedimento artistico, e un modo per fare il punto della situazione. Curioso. Forse però completamente umano. Poichè non trovo più la mia vita di prima, sento il dovere di bloccarla, onorarla, dargli spazio ed energie, forse per credere che esista ancora. O toccare con mano il fatto che è esistita. Non so. Forse un giorno verrà il momento di scrollarmi tutto di dosso e lanciarmi in nuovissime imprese e territori. Ora questo momento non è ancora arrivato e mi sembra che tutti questi oggetti e ricordi mi siano di boa e di zavorra. Zavorra dolce, comunque, non pesante, anche se un pochino zavorra lo è. Ma è bello naufragare in questo mare perchè permette di ritrovarsi appieno.

 

Raccontatemi di voi e del vostro rapporto con gli oggetti

 

 

ps. Ho cercato disperatamente di ricomprare questa stessa crema, ma come spesso accade ai prodotti di profumeria, questo modello non c’è più, e c’è una nuova crema con una nuova confezione… uffi, ho rovistato nei meandri dei siti per vedere se qualche shop online aveva ancora qualche esemplare di questa crema ma niente, hanno tutti la nuova confezione con la nuova formula.. che ho poi comprato, ma non è la stessa cosa per niente.