47. Arrivo a Venezia, il pre performance day

Ritmo serrato. Un’altra performance. Sono a Venezia, inaugura la Biennale.
Bello essere a Venezia ma non ho voglia di casino. Non sono andata all’opening ai Giardini oggi, c’era una coda assurda e voglio stare tranquilla. E poi domani ho preparato una performance a sorpresa e voglio concentrarmi. Una performance come piace fare a me, mischiata tra le persone, mischiando la vita con l’arte, e quest’ideuzza che ho avuto pochi giorni fa è il mio modo di rispondere, come artista e col mio linguaggio, alla mostra organizzata da Sgarbi per il Padiglione Italia.

 

Sono qui a scrivere in una riva incantata, tra le Zattere e l’Accademia, in un deposito di Gondole su un canale, dove la Moldavia ha fatto il suo Padiglione. Molto semplice, un grill, del vino, le gondole ormeggiate, un’opera con le scarpe. C’è una luce eccezionale. Ho incontrato per caso Oxana e mi ha fatto piacere, anche se lei era impegnatissima perché era la curatrice del Padiglione Moldavo.

Farò una performance domani e oggi me la voglio  prendere comoda. Non ho voglia di andare in giro per mostre nè di stare nella confusione, ero passata anche ai Giardini (erano già le 17.00 però) e non sono entrata, troppa bolgia dentro, preferisco godermi la luce veneziana.
Siamo arrivati oggi verso le 2 a Cioggia, io e Mario, avendo trovato fortunatamente una camera per dormire a Chioggia attraverso un amico che abita lì. Nel viaggio ancora litigi stupidi con Mario (che dalle cose stupide emergano abissi che pescano dai nostri modi inconsci di percepire e di percepirsi è qualcosa che sto imparando e da cui sto cercando di difendermi … ). Sono un po’ triste perché questo rapporto non funziona, e perché lui è sempre nervoso. Il rapporto paradossalmente funziona quando non ci vediamo ma ci amiamo, e ci sentiamo a molti km di distanza … Era diverso sino a due anni fa, quando la distanza di un oceano non ci spaventava pur di vederci e cercare di vivere insieme.

Arrivati a Chioggia lui ha voluto rimanere lì, ed io ho preso il traghetto per Venezia, ed eccomi qui. Ora sono in giro da sola, la qualcosa non mi dispiace, perché il mio temperamento ha bisogno di solitudine e di meditazione per ricaricarsi e per creare (credo che questa sia una difficoltà comune a tutti gli artisti e per questo che le relazioni sono sempre un po’ difficili e burrascose … tanto più se gli artisti della coppia sono due … ), però ero sola anche quando eravamo a migliaia di km di distanza, per cui, che rapporto è che quando siamo insieme facciamo tutto da soli lo stesso?

 

Domani farò una performance semplice, ‘sottile’, che ho preparato con poco, ma, almeno nel mio intento, elegantemente polemica. Sono contenta di farla. Ancora una volta ho deciso di fare tutto ciò che mi passa per la testa, e visto che l’idea mi era venuta chiara, forte, e divertita, alcuni giorni prima dell’opening di Venezia, ho deciso di attuarla, anche per seguire la mia ormai consolidata tradizione di ‘performance a sorpresa’ all’opening della Biennale (cominciata nel 2003 col Cieco di Gerico).

 

Sono contenta di farla, anche perché è un mio modo di rispondere, agire e dialogare, usando il mio lavoro e il mio linguaggio, alle scelte fatte da Sgarbi per il Padiglione Italia alla 54° edizione della Biennale di Venezia.
La mia performance sarà sottilmente polemica, è un modo di parlare e dire il mio dubbio, o comunque far riflettere e porre domande sull’operazione. Non ho intenzione di fare un capolavoro, semplicemente di esprimermi col mio linguaggio e con i miei gesti per parlare agli altri. E chi accoglie accoglie. Anzi, per precisione,  per parlare all’Italia, dato che sono disgustata dai modi in cui viene gestita spesso la cosa pubblica, specialmente per la cultura e l’arte. Però non farò una cosa aggressiva, sarà una performance leggera, con la sua ironia, e un filo beckettiana …
La performance si intitola ‘Senza parole’ e nel prossimo post vi racconto come è andata (e magari vi mostro qualche foto … ).

 

LIUBA, Senza Parole, 2011, performance e video, Biennale di Venezia, Padiglione Italia

 

43. Brema, l’ospitalià e la performance

Sono arrivata a Brema da Amburgo giovedì sera. Anette, l’organizzatrice del Performance Festival, mi è venuta a prendere alla stazione e mi ha portato a casa sua, dove mi ha sistemato in un appartamento sotto il suo, completamente a mia disposizione, con bagno, cucina, giardino, e un sacco di delicati e dolci accorgimenti di benvenuto: la piantina di Brema con segnato il luogo della loro casa, una rosa del loro giardino sul comodino, frutta, succhi, pane formaggi tipici nel frigo.
Mi sono sentita commossa e riconoscente, e dolcemente viziata e cullata, e nelle migliori condizioni per rilassarmi e prepararmi pscicofisicamente alla performance di domenica.Quando ho preparato tutto per una performance, quando l’idea concettuale è pronta, i materiali scelti decisi e installati, la parte organizzativa più o meno finita, ecco che comincio l’ultima fase della preparazione: quella dell’energia e della concentrazione.Non provo mai le mie performance prima dell’evento, poiché per me la performance è un’azione unica che esalta il momento, ma mi preparo sempre intensamente con la concentrazione e la meditazione, in modo da trovare la parte più profonda delle mie energie e dare il meglio delle mie possibilità.E’ la ricerca del centro, e l’essere profondamente centrati o no è quello che fa la differenza tra una ottima performance o una solo buona (questo vale anche per un musicista, un attore, un trapezista … ). Adoro attingere a quei livelli di profondità, e godo moltissimo quando faccio le performance perché entro in una dimensione di centratura e concentrazione, di potere e di energia, che non è facile ottenere nella vita quotidiana, ma che è preziosa più che mai e infinitamente bella. E’ come un tuffo al centro della vita, ed io anche spero che questo tuffo sia percepito dagli altri, e che lo possano assorbire  le persone che ‘incontrano’ le mie performance.

 

L’energia e la pace che ho respirato in quella casa, le persone interessanti che ho conosciuto, hanno contribuito a creare la concentrazione e la forza necessaria per dare il meglio di me nella performance. E spero che questo sia riuscito!

Mi sono divertita molto a fare la performance Jericho in Bremen, che è cominciata col mio arrivo alla stazione dei treni della città, ed è proseguita per le vie del centro cittadino, fino ad arrivare nel luogo dove c’era la grande mostra e visitarla, sempre performanco con gli occhiali che non fanno vedere, ma camminando come se vedessi…

Ecco alcune foto della performance!

 

 

LIUBA, Jericho in Bremen, performance interattiva per la città, Brema 2011
photos: Gisela Winter

 

All’interno dell’esposizione del Padiglione Fieristico c’era anche una bella mostra di videoarte, allestita con televisori di varie epoche e di vari formati, fra i cui video esposti c’era anche il mio Cieco di Gerico della Biennale di Venezia del 2003, che era correlato alla performance che presentavo a Brema. In queste foto di sotto ci sono io che durante la performance gioco a ‘vedere’ e ‘non vedere’ il mio video dove non vedo anche se sembra che ci veda…

 

 

 

photos: Mario Duchesneau