34. “Unreal Exit” performance @ Grace Exhibition Space

La domenica subito dopo la presentazione dei video avvenuta di sabato, c’è stata la mia performance ‘live’ per il SITE fest al Grace Exhibition Space. Ve l’avevo già detto che queste ultime due settimane erano inverosimilmente piene, e non ho avuto un attimo di respiro, ma sono stata davvero onorata di essere stata invitata a fare una performance in questa galleria emergente dedicata esclusivamente alla performance art.

In questo week-end c’erano 75 performance in 4 spazi in contemporanea, e nonostante ciò lo spazio era pieno, e molte persone erano venute appositamente per l’orario della mia performance, e amici che seguono il mio lavoro, e ringrazio tutti. Davvero felice! davvero davvero!

 

Ma sono stata emozionata e colpita e onorata che fosse venuto a vedermi Tehching Hsieh, e sua moglie!

Teching è un artista performer famoso per le sue ‘One Year Performance‘ che ha fatto negli anni 70, e avevo conosciuto il suo lavoro un paio di anni fa quando qui a New York vidi una mostra bellissima al Moma. Emozionata dal suo lavoro gli scrissi un’email e da allora siamo rimasti in contatto, e qualche mese fa, al mio arrivo a New York, ci eravamo finalmente conosciuti di persona. E’ un artista che adoro e che considero un maestro e uno dei più importanti artisti che abbiano lavorato con la performance. Tra l’altro lui mi diceva che ha ormai 60 anni e che il riconoscimento vero e proprio gli è arrivato da non molti anni … Guardatevi un po’ del suo lavoro, che proprio merita!

 

La dolcezza e la soddisfazione di vedermi Tehching che è venuto apposta per vedere la mia performance, nonostante pure il diluvio universale di quel giorno, mi ha commosso e dato un senso di gioia profonda dentro. E ciò mi aiuta ad andare avanti e dare un senso a ciò che faccio.

 

La performance che ho presentato questa volta non era a sorpresa tra la folla, ma fatta per essere guardata da un pubblico.
E’ ormai più di 10 anni che ho scelto soprattutto di agire con azioni a sorpresa e in contesti di vita reale, lavorando site specific e in maniera interattiva, appunto perché volevo andare ‘dentro’ la vita e non fare le performance per un pubblico negli spazi prestabiliti,  però per questa rassegna avevo deciso che avrei di nuovo fatto una performance che andava vista poiché ci sarebbe stato un pubblico specifico a ‘guardare’.

Così ho ripreso in mano la tematica delle ‘scatole’, su cui lavoravo anni fa, perché mi era diventata attualissima nella mia esperienza newyorkese, e ho costruito un lavoro di interazione e ‘duetto’ tra la performance reale e la performance ‘virtuale’ del video sovrapposto, una dialettica tra la speranza e la rassegnazione, fra la realizzazione e il fallimento … un pendolo che oscilla da entrambe le parti forse per tutta la vita …Si intitola UNREAL EXIT, Uscita irreale, come irreale è la virtualità dello schermo rispetto alla vita.

 

LIUBA, Unreal Exit, performance and videoprojection, sunday March 6, 2011, photos: Julie Finton
Grace Exhibition Space – 840 Broadway, 2nd Floor, Brooklyn
 
The piece is a ‘duet’ between live performance & video projection, where the same performance goes in a different way. Real & Unreal mix together through the theme of being imprisoned into boxes & the ‘virtual’ possibility to get out of them.

 

 

 

 

 

E questo è il video.
Desidero però che fate attenzione, e per me è molto importante, a percepire la differenza fra un video che è la pura ‘documentazione’ di una performance fatta per essere vista, come in questo caso, dove la videocamera registra in tempo reale cosa si sta svolgendo, e i video invece che risultano dalle mie azioni a sorpresa tra la realtà e la folla. Quei video mi richiedono una fatica immane, di solito faccio una o più giornate di performance riprese da una o più cameraman, e impiego anche anni a dare la forma a quel materiale e a creare il video, che è opera, con tutta la casualità delle interazioni e di ciò che succede … Ci ritornerò su questa cosa, ma intanto godetevi il video ‘documentazione’ della performance ( di cui non ho fatto altro che scaricarlo, toglierli qualcosa all’inizio, convertirlo e caricarlo (per le mie opere video impiego dai 3 mesi ai 5 anni per finirle! (v. lo ‘slowly project’ … )

strabaci

 

 

 

27. Idea da attuare!

Passeggio per Miami Beach e Surf Side e la trovo davvero molto simile a Rimini, solo con i grattacieli più alti, gente molto più ricca, miriadi di palme, un’atmosfera un po’ più fredda e ordinata, e i dollaroni che girano …
C’è la spiaggia di bellissima sabbia chiara, la costa col mare continuo, la passeggiata con tutti i locali e la vita notturna, i mega alberghi, il carnaio dei punti congestionati della spiaggia … non posso non pensare alla mia Rimini (di cui però soprattutto amo l’entroterra e la collina, e la giovialità romagnola e mangiarsi le tagliatelle fatte in casa … ) tanto che mi è venuto in mente di fare qui l’anno prossimo una nuova performance, sulla scia di quella intitolata Rimini Rimini e questa sarà intitolata Miami Miami!

Liuba, Rimini Rimini, foto da performance su alluminio, 2003 – 2005 (foto Marco Cenci)

 

 

Da quando feci la performance a Rimini inscatolata, avevo in mente un’idea che è rimasta nel cassetto e in fase di progetto per tutto questo tempo ma che ora sento che è decisamente arrivato il momento e questo è il posto perfetto!

E’ un’evoluzione del lavoro di Rimini Rimini, e in qualche modo riprende ancora il tema delle scatole, anche se in modo molto diverso (e che naturalmente ora non vi dirò) e sto rendendomi conto del fatto che qui negli Stati Uniti mi sta rivenendo a galla il tema delle scatole su cui lavoravo alcuni anni fa, e si rispecchia in pieno sia nella esperienza personale che ora sto facendo, sia nella società che mi trovo davanti e con cui mi trovo a reagire. Lo stile di vita americano, detto senza peli sulla lingua, per certe cose è esilarante, perché puoi incontrare il meglio di tutto il mondo e le produzioni più strepitose e giganti, ma dall’altra parte è un sistema che stritola: la morsa del dio denaro e l’assoluta necessità del soldo sono davvero delle ‘scatole’ che tengono l’uomo imprigionato dentro gli schemi del guadagno, della lotta del più forte, e della necessità del dollaro per esistere.

E così sono ritornata sul tema delle scatole risentendolo attuale per me qui e ora, e proprio per questo motivo la prossima performance che sto preparando per il Site Fest di Brooklyn sarà una rielaborazione su questo tema.

 

Per vedere le foto di Miami: clicca qui