151. Questa non è una performance

Dopo essere rientrata in Italia da Berlino e aver vissuto rimuovendo le vacanze natalizie, arrivò gennaio e il periodo di Arte Fiera a Bologna. Ero così spompata che ovviamente non avevo nessuna voglia di preparare una performance, per cui mi dissi che sarei andata là solo come visitatrice. Poi riflettendo ho capito che anche le altre volte che avevo fatto una performance ero andata là come visitatrice, e magari anche questa volta le persone avrebbero pensato che stessi facendo una performance, mentre non la stavo facendo affatto. E così decisi di scrivere un biglietto dove avvisavo che non stavo facendo una performance (e quindi in realtà la stavo facendo!)

 

Mi misi così a scrivere centinaia di bigliettini, che avrei consegnato alle persone durante l’opening, avvisandole che “non sto facendo una performance”. Ma l’atto stesso di scrivere i bigliettini e prepararli era davvero una performance!

 

LIUBA. QUESTA NON E’ UNA PERFORMANCE, Opening di ArteFiera. Bologna, gennaio 2015

 
 

 
Un’azione – non azione che riflette sulla natura del linguaggio e sui concetti di verità-finzione, arte-vita, mescolandone le carte.

L’intenzione è quella di esplorare la relazione tra l’atto performativo e la realtà quotidiana attraverso un gesto che sta accadendo nel momento contingente all’azione.

La metaperformance si basa, infatti, sulla giustapposizione paradossale dell’immagine e della scritta che la smentisce.

 

 

 

 

 

 

 
 

129. Arrivo a Berlino per un po’

Dico ‘arrivo a Berlino per un po’ perchè ancora non so quanto ci voglio stare. Sicuramente non poco, ma la mobilità e l’elasticità mi appartengono così tanto che ormai mi ci sono abituata e diventano un’esigenza.
Qualcuno di voi penserà che io sia miliardaria a muovermi sempre così, invece no, e lo faccio per esistere, per sopravvivere, e per fare l’artista sempre nel migliore dei modi, ma prima di tutto per vivere. E’ da quando ho 18 anni che sono abituata a viaggiare, e da subito imparai come si fa a viaggiare stando bene e spendendo meno di quando si è a casa propria, così negli anni ho affinato una rete di scambi case, ospitalità, subaffitti, sharing e quant’altro, che mi rendono possibile muovermi con facilità e potermelo permettere… (potrei tenere dei corsi in merito: come muoversi nel mondo sentendosi a casa propria e poterselo permettere: qualcuno è interessato?)

 

Ed eccomi qui, in quella che ritengo essere ora il fulcro d’Europa, e una delle città più internazionali e creative dei nostri tempi. Si sente subito l’energia, e già questo mi fa bene. Ho molti difetti, ma una dote che non mi manca è quella di non subire troppo le cose, di reagire e di avere coraggio: per cui mi sono detta ancora una volta che se stavo in Italia ancora un po’ mi trovavo depressa come un cioccolatino sciolto, e così ho chiuso baracca e burattini, come si dice, ma avendo l’accortezza di avere tutti i salvagenti possibili al mio ritorno (questo è un altro segreto del viaggiare bene e del potersi muovere) e sono partita.

 

 

Quando ci si muove spesso, e quando si fanno mostre in diverse parti del mondo, ti capita sempre di avere conoscenti o addirittura amici in diverse parti del mondo (o direi meglio, in diverse parti strategiche del mondo) e quando sono in un posto mi vengono sempre in mente le persone connesse con quel luogo, o a volte ne sono in contatto ancor prima.

 

Vi dico già che sono stata felice sino alle lacrime di rivedere Gaby, la flautista tedesca con cui feci una delle mie prime performance nel 1993 (La Margherita dai petali colorati al Centro Masaorita) a Bologna: erano 20 – oddio 20! – anni che non ci vedevamo, e in questi vent’anni lei ha continuato a fare la musicista ed io ho continuato a fare l’artista, entrambe siamo un po’ invecchiate, ma sempre gli stessi sogni e la stessa passione ci abitano, e tutto ciò mi rimbombava nel cuore quando ho sentito un suo concerto l’altra sera al Shoneberg Rathaus, donandomi emozioni forte e tanta felicità di stare al mondo e forse tanta nostalgia delle cose che passano, che girano, ma che poi restano e si ritrovano. Se sapessi in anticipo dove andrebbe proposto, mi piacerebbe rifare con Gaby la performance della margherita dai petali colorati che avevamo preparato insieme a Bologna tanti anni fa!

Gaby Bultmann e LIUBA durante la performance “La Margherita dai petali colorati”, Bologna 1993

 

Ho cominciato qui a Berlino, come faccio di solito quando arrivo in una città straniera, ad essere ospitata da qualche servas, poichè mi piace la situazione di sentirmi accolta, a casa, e di conoscere le vite di queste persone sempre interessanti che fanno parte del circuito mondiale di servas, è un modo per sentirsi subito a casa nella città in cui vai. Per una logistica varia ho passato solo la mia seconda notte in un ostello, e pur avendo una camerata tutta per me, mi sentivo un po’ sola e triste, sensazioni che sono sparite subito quando il giorno dopo sono andata nella bella e accogliente casa di Eva a Charlottemburg, che mi aspettava con gioia e disponibilità. Whau!

 

Che devo dire? In due settimane ho rivisto parecchi amici artisti, conosciuti molti di nuovi, visto mostre, lavorato al video (non ancora finito ma ci manca poco, haugh!), alle mail, ho avuto l’invito per una performance, mi è stata offerta una casa in subaffitto a Kreuzberg, davanti a un parco (anche se freddino, sono andata a fare footing – abitudine cominciata l’inverno scorso a milano grazie a Mario) per alcune settimane….ma grazie Berlino per la bella accoglienza!
Bisogna ripeterselo sempre: farsi un sogno, un progetto, un obiettivo, e poi indirizzarsi verso la strada…la vita ti farà incontrare abbondantemente ciò che hai seminato….

 

Non so cosa succederà qui ancora, so solo che mi sento bene, che sono felice, e che sto imparando. C’è ancora molta strada da fare per continuare i propri sogni, e il lavoro si prospetta lungo, ma affascinante. E, nota bene, i miei sogni non riguardano Berlino in sè, riguardano l’amore, l’arte, la vita, la felicità, come i sogni di molti altri uomini (beh, forse il sogno dell’arte non ce l’hanno proprio tutti! – e a volte sarebbe anche un po’ più facile non averlo ! ;), ma per me ciò si identifica con la vita, con l’amore, con la mia vita. Bon, e adesso basta paroloni, mi preparo ad uscire che vado a un opening, dove mi vedo con vari amici.
(Ultima considerazione: ciò che mi fa sentire bene in ogni luogo è fare la stessa vita in ogni parte del mondo: sia io a new york, a berlino, a milano, o a rimini, come imposto la mia giornata, ciò che faccio è sempre simile, perchè in questo sono fortunata, lavorando col corpo, col computer e col territorio posso lavorare in ogni luogo! (diverso è capire quando si è pagati per ciò, ma questo fa parte dell’instabilità di essere artisti, e se ciò non ti va bene è tanto che avresti già smesso – comunque sono qui a Berlino anche per vedere di incrementare, se è possibile, l’aspetto economico di tutta la faccenda…).

 

la torre di alexander plaz vista dalla chiesa di marienkirche

 
Un ultimo inciso: e gli affetti, vi chiederete? (domanda da 300 milioni di dollari, che non sarebbe da inciso): è proprio per questo motivo che mi muovo molto, perchè desidero fare molte vite, e poter vivere insieme a chi amo, quando è possibile, e andare dove voglio andare, quando è possibile. Andare e tornare, questo è il mio motto. E poi a volte, pur mancandosi, l’amore a distanza riempie i cuori più di quello accanto al materasso….)

113. Il 2013 festeggio i 20 anni!

Buon anno a tutti e buon 2013!!!

Sono molto eccitata perchè nel 2013 festeggio i 20 anni di performances e di attività artistica, e sto preparando alcune sorprese in proposito.
In realtà la prima performance la feci nel 1992 al centro d’Arte Masaorita di Bologna (Zucchero e le fragole, performance multimediale tratta da una mia fiaba con musica originale di Nicola Cursi dal vivo), ma è dal 1993 che cominciai a fare performance ed esporre con più consapevolezza e regolarità, ed è per questo che i vent’anni ho deciso di festeggiarli nel 2013!

 

Sempre al Centro d’arte Masaorita di Bologna infatti (ma che bello quel posto era, e come ci sentivamo una famiglia! Ricordo con commozione Gianni e Maurizio Venturi e tutti loro) feci la seconda performance nel 1993 intitolata ‘La margherita dai petali colorati’, in collaborazione con la musicista tedesca Gaby Bultmann, che ora vive a Berlino.

 

Anche questo lavoro era una performance multimediale che partiva da una mia fiaba, con immagini, testi, azioni e musiche originali. A quel tempo scrivevo fiabe per adulti (poi le pubblicai anche per un editore per bambini, con dei miei disegni fatti apposta) oltre a dipingere e scrivere, e proprio con le fiabe cominciai a fare performances, con l’idea di perlustrare, con la sinergia dei linguaggi, i diversi livelli simbolici del testo (Sui simboli, le fiabe e la semiotica ci lavoravo molto allora, e feci anche la mia tesi di laurea al DAMS su questo argomento).

E da quelle sperimentazioni performative scoprii quanto mi piaceva l’aspetto corporale, fisico, immediato, interattivo della performance e del contatto col pubblico, e così da allora continuai per quella strada con molta gioia e fatica, pur continuando, specie nei primi anni, a dipingere e scrivere. Anzi, le immagini e le poesie che producevo rientravano poi tutte nelle performances, e l’aspetto visivo e verbale fanno sempre parte del mio background e del mio percorso.

 

Dunque, in quest’anno di festeggiamenti vorrei un po’ fare il punto della situazione e mettere in campo un percorso. Sto lavorando, insieme a un’assistente, all’archivio dei lavori dei progetti e della press, è un lavoro lungo e lungi dall’essere finito, ma ne vale la pena, e già ora si sta rivelando utile e divertente. E vedrete che si produrranno alcune cosette nuove in proposito…

Un importante festeggiamento che sto preparando e di cui sono molto contenta, eccitata e, forse, un po’ spaventata (le responsabilità mettono sempre un po’ di paura, vero?), è una nuova performance collettiva e una mostra (con una serie di lavori nuovi) per l’imminente fiera di Flash Art, il Flash Art Event che si terrà a Milano agli inizi di febbraio. Ecco, ve l’ho detto. Ora non vi anticipo niente sui lavori, che sarà una grande sorpresa.

 

Vi dico solo che la performance collettiva sarà fatta PER VOI e concepita perchè chiunque vi partecipi, persone che vengono alla fiera, volontari, pubblico, curiosi, ecc.. Partecipare alla performance è molto facile e non è richiesta nessuna esperienza performativa. E’ qualcosa che tutti sono possono fare e sono invitati a fare! Ci sarà soltanto un piccolo contratto di partecipazione da rispettare 😉

 

Questo nuovo progetto al Flash Art Event sarà presentato da Visualcontainer di Milano e curato da Mark Bartlett, il quale è ritornato a Milano per lavorarci insieme apposta (e abbiamo passato l’Epifania a fare brainstorming come pazzi!) prima di rientrare a Londra. Arriverà presto tutta la comunicazione ufficiale, ma intanto vi anticipo le date dell’evento: dal 7 al 10 FEBBRAIO: la performance collettiva sarà tutte le sere alle 19 o alle 20 (orario ancora da definire..) … per cui ‘save the date’ e venite numerosi a partecipare!

 

 

Qui di seguito vi metto la foto recentissima fatta da Alessandro Brunello (che ringrazio) al Frida mercoledì sera, dopo l’Opening al (.Box) di Visualcontainer della rassegna video Playtime curata da Cecilia Freschini (a destra nella foto). Ho pubblicato questa foto perchè è bella e anche per ringraziare la giovane artista Federica Cogo, abbracciata con me, per le bellisime parole che ha detto sul mio lavoro e su questo blog, che mi spronano ad andare sempre più avanti. Queste cose fanno scaldare il cuore e danno un gusto grande e forte a continuare. Grazie Federica!

 

Da destra a sinistra: Cecilia Freschini, Domenico Veneziano, Federica Cogo e LIUBA

 

100. Questo è il post 100!

Ecco, siamo arrivati al post n° 100.
Ed io che avevo da scrivere, contorcendomi su me stessa e facendomi male, di alcune disavventure artistiche date dalla crisi imperante che regna in Italia, e che ti fa ritrovare come un coyote che striscia in un deserto senza una goccia d’acqua, ebbene ho deciso però che il post 100 non può parlare di cose difficili o tristi. C’è da stare allegri, se sono ancora qui a scrivervi, se ancora una qualche punta di entusiasmo trapela dai pori, se in ogni caso e per tutto la vita è degna di essere vissuta e immensamente bella, anche nei suoi momenti più sprofondanti…insomma, sono felice di essere qui a scrivere il post 100.

 

 

Polypolis Bologna, cibachrome da video da performance, 2000

  
 

Certo che poche settimane fa, quando si avvicinava il post 100 pensavo che ci sarebbero stati scritti a caratteri cubitali nuove avventure o i preparativi del bel progetto da fare in Puglia (che ahimè il Comune e gli organizzatori hanno fatto saltare a una decina di giorni dall’inizio della rassegna, che pure era molto ampia e ambiziosa). Pensavo di parlarvi del nuovo lavoro che avevo preparato, una performance collettiva con workshop preparatorio, che includeva un percorso nel territorio e i cui protagonisti erano le persone e i luoghi. Ma nulla, tutto ciò per ora è ancora e solo nella mia mente e nel mio cuore (e il testo del progetto nel computer di organizzatori e curatori…).

 

Invece sono qui col post 100 a portarvi un po’ di vuoto. Beh, finalmente sto intravedendo il vuoto buono.
Slow down, aria buona (sì finalmente da un paio di settimane sono nella mia amata Romagna dove solo a respirare l’aria già mi sento meglio), bagni nel mare, rosolate di caldo al sole e fresca lettura sotto l’ombrellone ( mi sono divorata Anna Karenina- altro libro trovato nella mia libreria ma che non avevo ancora letto – ma che capolavoro e che sottigliezze psicologiche e quanto succo sulla vita!), qualche buona mangiata con gli amici e parenti (che ringrazio tutti di cuore perchè mi sono stati molto vicino), e, importantissimo, i massaggi shiatsu e dialoghi con Luciano che mi stanno a poco a poco curando l’abisso energetico in cui ero incappata.

 

Non nascondo che ancora i mostri emergono, per ogni sciocchezza, che a volte piango ogni tre per due quasi a vuoto, che la mia anima fragile è messa alla prova da continue piccole notizie difficili e situazioni indefinite o nevrotiche, non nascondo che ancora molto spesso mi alzo la mattina con un terrore di paura e di ansia che mi prende a capogiro, ma credo che il punto di svolta c’è stato ed ora col post 100 festeggio la nuova risalita, lenta, ma risalita, con dubbi, ma risalita, con ampie voragini di incognito e di indeterminatezza ma gustata con la pazienza di aspettare e di gestire con calma i propri tempi, i propri bisogni e le proprie incapacità (inutile sforzarsi di lottare strenuamente per adempiere a cose che dovremmo ma non possiamo o non riusciamo a fare, no? questa è una verità che è sempre stata difficile da ficcarmi nella testa…a volte la impari solo quando alzi bandiera bianca…).

 

Mo’ per il post 100 vi metto una frase che mi si è aperta ieri sfogliando il libro di un mistico indiano, non so se rispecchia esattamente quello che sto vivendo, anzi forse ne sono un po’ lontano, però è il bun auspicio per una meta raggiungibile anche se non definitiva:

 

L’uomo che si libera dall’io e si risveglia al presente capisce che il nettare della vita, che la verità, la bellezza e l’armonia della vita lo circondano da ogni parte, da tutte le direzioni da dentro e da fuori, proprio come un pesce è circondato dal mare.

 

Ciò che auguro a me e a voi, in questo post 100, è di continuare questa avventura che è la vita con l’entusiasmo, il desiderio, la fame di bello, la voglia di sentirsi esattamente dove si deve stare e la fiducia di poter fare ciò che siamo chiamati a fare, arte o non arte che sia.

 

 

The Slowly Project. Art is long, time is short.  Performance and video. Videostill, 2004-2009

 

 

ps. sulla lentezza ci ho lavorato tanto (e poi me la scordo! …), e mi è venuta voglia di rimettervi qui il link a un paio di miei lavori video su questo progetto, tanto per non scordarsi e non precipitarsi sempre affannosamente sulle cose
buona visione!

 

 

59. Bologna

Ma perché (e voglio proprio cominciare con la doppia congiunzione!), ma perché quando arrivo a Bologna, nonostante non mi manchi più, mi sento sempre a casa? Ma perché, ma perché, anche stasera, in cui ho fatto una scappata a Bologna (facendomi quella quarantina di chilometri per scendere dall’Appennino dalla casa di Danusia che è vicino a Tole) per vedere una performance e un film-documentario artistico, ho respirato il sapore della cultura, dell’introspezione e della cultura alternativa, che per tutti i 13 anni che ho abitato lì mi ha nutrito e plasmato? Ma perché, ma perché a Bologna incontro sempre le persone che conosco, anche se era una sacco di tempo che non ci facevo una serata? Beh, questi i misteri dei luoghi, e dell’affetto.

 

Al Cinema Lumiére ho visto un film documentario sul lavoro di JR che mi è piaciuto molto. Sono sempre più convinta che l’arte deve uscire dal museo e andare per strada … come sta facendo lui, e come, nella mia modalità, sto facendo anch’io da anni.

56. Omar Calabrese, Marco Senaldi e Steve Jobs: due articoli e un discorso

Ciao, desidero condividere con voi due articoli interessanti e un discorso, tra ciò che ho letto sul web in questi ultimi tempi.
Enjoy!

 

 

Intervista a Omar Calabrese
http://www.visual-studies.com/interviews/calabrese.html

Omar Calabrese è stato mio professore al DAMS di Bologna e mio relatore di tesi in Semiologia delle Arti. Ho lavorato molto bene con lui e lo stimo molto e adoro ciò che ha scritto.

 

 

” (…) Lei ha detto che l’opera d’arte per sua natura contiene in sé l’istruzione per il proprio uso. Cosa facciamo con le opere d’arte che proprio neccessitano di spiegazioni fuori della loro forma e fuori del loro contenuto?
— Questo concetto non appartiene a me, ma allo storico d’arte francese che considero il mio maestro – Hubert Damisch. Lui si è sempre occupato di ciò che aveva chiamato l’oggetto teorico dell’arte, ovverosia qualunque opera non è solo accompagnata dalla propria critica, esterna all’opera, ma contiene degli elementi che ne costituiscono l’architettura e che non possono non partire da qualche teoria”. (continua a leggere...)

 

 

 

 

L’altro articolo che vorrei segnalarvi è scritto da Marco Senaldi, intellettuale che stimo molto nel panorama del mondo dell’Arte Contemporanea e pensatore sottile e acuto. L’articolo è pubblicato su Flashartonline, si intitola “Steve Jobs tra mito e realtà” e riflette in maniera molto interessante sulle tendenze ipercelebrative della nostra epoca attuale:


“Da qualche anno si registra un accrescimento dell’effetto “No more Vincent”.Ovvero: solitamente la dipartita di uomini importanti era salutata con un “coccodrillo” e poco più, e a volte nemmeno quello (come nel caso di Van Gogh), così che il lavoro di riabilitazione era affare delle generazioni seguenti. Ma, siccome beccarsi rimproveri postumi (del tipo “Come è stato possibile che voi, suoi contemporanei, non vi siate accorti che era un genio?”) non piace a nessuno, oggi si assiste al fenomeno opposto: appena scompare un famoso si provvede a una deificazione istantanea.
 
 

Infine, sempre a proposito di Jobs, condivido con voi il video del discorso ai neolaureati dell’Università di Standford. E’ bello da ascoltare, conciso, vibrante e vero. Mi è piaciuto e, seppur lo avrete sentito una miriade di volte in questo periodo di commemorazione, mi piace salvarlo qui sopra e conservarlo.

 

 

46. Evviva! Milano cambia rotta!

Evviva! Sono rientrata a Milano in tempo per votare al ballottaggio e c’è un grande entusiasmo perché Pisapia ha vinto! Credo che siamo tutti stufi strastufi di Berlusconi e delle sue magagne e di vedere e sentire un’Italia che va a rotoli, dove l’immaginario veicolato da media e persone è da parecchi anni sempre in discesa ed è dei più bassi di quelli che ho mai visto. E’ da 18 anni che Milano non cambiava rotta e finalmente sto sentendo in città nuovi fermenti e nuove potenzialità che si sono e si stanno risvegliando.

 

Se devo essere onesta, devo dirvi che non ho mai amato molto Milano. E nemmeno la considero la mia città, dato che sono stata concepita in Russia (da genitori italiani, babbo milanese e mamma romagnola), poi nata a Milano, poi andata da piccolissima a Rimini (Viserba) con mia mamma mentre mio padre è tornato a lavorare in Russia, poi siamo andati anche noi in Russia (precisamente in Baskiria, vicino a UFA, sapete che non ci sono più tornata, ma prima o poi lo farò, è tanto che ci penso!).
Poi quando avevo 3 anni siamo tornati a Milano, e lì ho fatto le scuole, liceo compreso. Ma è andando a Bologna che ho cominciato ad aprire gli occhi e a svegliarmi, e a vivere davvero (fino alla maturità ero un po’ allocca e tontolona – beh, forse lo sono ancora!) e la vita da studentessa al DAMS fine anni ’80 – ’90 è stata esilarante, divertente, ricca di nuove conoscenze, sia interiori che esteriori, mi si è spalancato un mondo è ho amato profondamente quella città.

 

Ho abitato a Bologna 13 anni, innamoratissima di quei luoghi, e lì ho cominciato a fare l’artista avendo lo studio in una casa occupata da  artisti (la famosa Via Irnerio 53!), e ho cominciato a sognare, a sognare di cambiare il mondo con l’arte, a sognare di opporsi a un modo di vita stereotipato che non ci piaceva … lottavamo per opporci a una società che spesso è basata su valori di profitto, interesse, delitto e censura, volevamo trovare un percorso di vita che fosse compatibile con i sogni e con i desideri della più profonda natura umana …
Considero Bologna come la palestra dove ho fatto i primi passi nell’arte, e ringrazio questa città che in quegli anni aveva un sacco di locali e spazi  dove i giovani artisti potevano esporre e dove potersi mettere in gioco (dico sempre, a chi me lo chiede, che la cosa più importante nell’arte, come in qualunque disciplina, è fare, fare, fare, scoprirsi, mettersi in gioco, e imparare dal proprio fare, dai commenti e dagli errori).

 

(Mi è venuto un flash, ho pensato a tutto ciò che abbiamo fatto a quei tempi, tutta la documentazione che ho, che allora era solo cartecea, con inviti, foto, programmi, testi, video VHS, e che sarebbe un lavoro doveroso digitalizzare tutto, ma ci vogliono anni dove si fa solo questo (sempre più necessitano gli assistenti!) … non riesco a stare dietro nemmeno ora alla documentazione di tutto ciò che faccio … !).

 

Vabbè, vi parlerò un’altra volta di tutti i miei anni bolognesi, mi sento ancora commossa a pensarci, è stato un periodo bellissimo, seppur spesso faticoso (anche perché non avevo una lira, come tutti noi studenti-giovani artisti, e lì ho imparato mille artifici su come vivere bene e spendere pochissimo, che ogni tanto sono ancora utili … ).
Nè vi parlerò di quando verso il 2000 sono rientrata a Milano, di come è stato duro l’impatto con questa città, venendo da Bologna (ed essendo di matrice romagnola, come vi ho già scritto), abituata a uno stile di vita underground e alternativo, abituata ad essere in comunità di artisti dove ci conoscevamo tutti e dove, poi ho imparato e scoperto, mettersi in gioco non era un rischio, perché eravamo tutti nello stesso mondo.

 

A Milano trovai il mondo che stritola, l’ingranaggio dove o stai dentro, imprigionato, o ne stai fuori, e sei un emarginato. Ho fatto fatica con tutto, anche con l’arte, anche se la sofferenza che ebbi i primi anni in cui tornai in questa città ha prodotto parecchi lavori (sono di quel periodo le serie delle Mummie Vincenti , Polypolis, Via d’Uscita … ), unico modo per me di sentirmi viva e di reagire al sentirmi soffocare.

 

 


LIUBA, Polypolis, metro Brussels, 2000-2001, analogic photo from video of performance, cm 70×100

 

LIUBA, Le Mummie Vincenti, 2000, analogic photo from video of performance, cm 100×70

 

Sì, perché a Milano mi sono sempre sentita soffocare, e non vi sto a dire, in tutti questi anni quanto ci ho pensato sulle cause, i problemi e i difetti e i perché. Sicuramente so che da quando sono rientrata a vivere a Milano riuscivo a sopportarla se ci stavo poco: e così, con una casa avuta in dono che è diventata il magazzino dove si accumulano le mie cose, ho cominciato a muovermi a più non posso per sopravvivere, facendo lunghi periodi a Bologna e Rimini prima, e cominciando ad andare spesso all’estero poi.
Ma sempre quando sto a Milano più di una settimana mi sento soffocare, e sento solo l’adrenalina di questa città, che diventa adrenalina dentro il mio corpo, e faccio fatica a meditare, rilassarmi e pensare profondamente come invece faccio altrove (per questo aspetto la Romagna è il mio rifugio creativo e meditativo).

 

Dopo complicati ragionamenti frutto di anni di riflessioni sono pure arrivata ad ipotizzare che la mancanza di ossigeno nell’aria orrenda di Milano faccia sì che i nostri respiri siano più piccoli, superficilai e leggeri, e che l’ossigeno incamerato sia molto poco, e così la profondità del respiro, che è profondità di meditazione e connessione col centro dell’esistenza, è seriamente compromessa per tutti. Io lo vedo su di me molto bene, perché quasi ovunque respiro meglio che a Milano ( e a New York è stata la prova del 9: anche lì è meglio che a Milano … !) e quindi mi sento meglio.
Inoltre, poiché sono, per mia gioia e dolore al tempo stesso, un’antenna che percepisce ogni vibrazione e ogni molecola di energia che vibra nei luoghi e nelle persone che incontro, spesso mi sono trovata circondata, a Milano, da energie sfibranti, stressanti, soffocanti. Ed era la città che le creava, perché se poi vedevi la singola persona altrove, era molto diversa.
Ecco perché ho cominciato ad andare e venire sempre più da questa città, senza però mai riuscire a staccarmi definitivamente, per ora, anche perché qui abitano i miei genitori e non avendo fratelli mi sembra importante che io quando serve possa essere vicina …

 

Ma sapete che vi dico? dopo anni di tutto ciò, il mese scorso, quando sono tornata da New York, per la prima volta ho sentito delle vibrazioni positive in questa città, ho sentito fermento e pure piacere ad essere qua … per la prima volta dopo tanti anni!! Ho capito subito che qualcosa stava cambiando, che qualcosa si stava risvegliando!

Poi c’è stato l’entusiasmo con cui chiunque conosco ha vissuto questa campagna elettorale, non credendo vero che in questo grigiume forse potesse cambiare qualcosa, e tutti allora con entusiasmo a fare e a parlare, come non si vedeva dai tempi dei tempi …
E so bene che per molti, come per me, queste elezioni non erano una questione ‘politica’ di seguire un partito o un altro, ma una questione di valori: cercare di veder realizzati dei valori in cui crediamo, ossia il rispetto e l’uguaglianza, la tolleranza, la difesa dei deboli, la cultura, il benessere inteso come attenzione all’ambiente e alla qualità della vita. Nessuno ne poteva più di sentire che i politici che ci ritrovavamo governavano a suon di cemento e di battaglie personali, di intolleranza e di chiusura, di polemica e interessi …

 

E sono molto orgogliosa che Milano abbia finalmente cambiato rotta, come se una cortina di ferro cominciasse a squarciarsi e finalmente si possa vedere un cielo.
Perché questa città, per me che viaggio molto e vedo le differenze, ha bisogno di diventare davvero una metropoli come sono adesso le grandi città del mondo, e non restare paralizzata in uno schema piccino e gretto, dal quale moltissimi, io per prima, erano sempre scappati.
Evviva Milano e i milanesi che la stanno facendo cambiare!
Ecco, dovevo dirvi tutto ciò, fa parte della mia vita normale e della mia vita di artista, e pensatene ciò che volete. Bacioni forti a tutti!

 

 

LIUBA, Polypolis Prague, 2000-2001, analogic photo from video of performance, cm 70×100

 

 

qui il link al video: “il favoloso mondo di Pisapie”

e un blob ben fatto

 

 

AGGIORNAMENTO:*

 

Ci tengo a dire che questo cambiamento che sentivo in nuce nel 2011 quando fu eletto Pisapia, è continuato ed è aumentato, rendendo Milano ai miei occhi, soprattutto dopo l’expo, una città completamente diversa, molto migliore, una città più europea, più dedita alla cultura, più aperta e più attiva. Non ci vedo più solo le ‘scatole’ che comprimono le persone, ma tanti stimoli e tante opportunità. E circa dal 2018 ho deciso di viverci più stabilmente e fermarmi, sentendola più compatibile con me come città e scegliendola fra le altre. E sono contenta di questo cambiamento, e sentirmi ora qui a Milano essere nella mia città e non aver bisogno di emigrare sempre altrove come facevo prima. Mi dispiace solo che questo cambio di rotta, e questo cambiamento tale per cui non soffrivo più a starci ma ho scelto di viverci, sia fiorito solo dopo che i miei se ne sono andati e che loro non abbiano potuto vedere il mio stabilirmi qui, loro che non avrebbero desiderato altro che io mi fermassi stabilmente a Milano, per avermi più vicino.

 

*aggiornamento scritto il 12/12/21