203. Tanto tempo è passato, con tanto Sole

Tanto tempo è passato che quasi non me ne sono accorta. L’ultimo post risale a più di due anni fa!

Il tempo è volato e devo dire che la mia nuova vita di mamma ha richiesto così tante energie e sinergie, organizzazioni e gestioni, rinunce e mancanze (anche, naturalmente), che non mi sono proprio accorta di aver lasciato il blog alle spalle. Forse nemmeno mi ricordavo di avere un blog, che parla della vita di un’artista – una a caso: la mia, che mi è più facile da scrivere! 😉 – mischiata alla sua quotidianità di persona, a quella vita ‘normale’ di cui parla il titolo stesso del mio progetto blog. Impegnata a vivere non ho avuto il tempo nè la mente per scrivere (era difficile pure trovare il tempo per fare la doccia, come molte mamme sanno…).

 

Ora mi è ritornata voglia di scrivere, forse perchè tante cose sono successe e magari scrivere è un modo di tenere le file, e forse anche ho voglia ora perchè ho il ‘buco’ di un grande lavoro saltato per motivi imprecisabili e strani, e invece di lavorare, nei pochi tempi che posso dedicare all’arte, a quel progetto, ho deciso di riprendere il blog.

 

Innanzi tutto SOLE.

La mia vita in questi due anni è stata piena di Sole, dell’amore e della gioia di crescere mio figlio Sole, nato a fine settembre 2019 quando la sua mamma giovincella non era proprio. E avendo alle spalle decenni di ricerca, di arte e di viaggi, mi è stato facile scegliere di dedicarmi in toto al mio nuovo ruolo di mamma, divertendomi un mondo con Sole, sentendo una pienezza mai sentita così sino ad ora,  e scoprendo la meraviglia della crescita dei neonati e del loro scoprire il mondo.

La mia mammitudine sì è poi intersecata col Covid: a febbraio 2020, quando scoppiò in Italia e cominciarono le quarantene, Sole aveva 5 mesi di vita. Non ho sofferto per nulla di questa condizione di restrizioni, poichè la mia vita di neomamma non mi avrebbe permesso comunque molto altro (in realtà avevo già un invito per una performance a Palermo in maggio dove sarei andata super volentieri portandomi dietro il bebè), e anzi non perdevo nulla perchè tutto si era bloccato. Avevamo un grande terrazzo condominiale sul tetto, a Milano, e passavo molte ore la’ sopra con Sole er l’allattamento, e poi il riposino, in cui mi rilassavo e prendevo il Sole (mentre l’altro Sole dormiva 😀 ).

 

Inizio aprile 2020, Sole aveva sei mesi e le giornate, seppur in quarantena in terrazzo, erano già calde!

 

Nel periodo di Quarantena me ne stavo tranquilla a fare la mamma ma sono stata stanata per alcuni eventi artistici, fra cui fare una nuova performance, da casa, per il progetto Corpi Sul Palco, a cura di Andrea Contin. Potete leggere il post e vedere il video qui.

 

 

Man mano che l’emergenza Covid diminuiva (ma sappiamo che siamo poi stati in ballo più di due anni) ho cominciato ad avere una babysitter che arrivava alcuni pomeriggi, in cui ho ripreso a lavorare ad alcuni miei progetti. Ho bisogno come il pane di avere anche un po’ di tempo per me, prima di tutto per la meditazione e gli esercizi tibetani, e poi per la mia solitudine creativa. Credo che, sebbene il 90 per cento delle giornate fossero dedicate al mio bimbo, fosse assolutamente necessario mantenere vivo ciò che mi costituiva, perchè altrimenti ci si impoverisce anche come mamme, diventando amebe se non si trova mai un po’ di tempo per sè e per essere sè stesse.

 

E così ho cominciato il progetto-libro, che era ed è il progetto più intimo e più importante di tutti quelli che ho fatto, perchè riguarda Sole e me, e il suo straordinario atterraggio nella mia vita. E si basa sulla performance che feci a Venezia in gravidanza: THIS IS THE BEST ARTWORK (potete leggere di più qui, se invece volete leggere la storia e i retroscena leggete il post qui).

 

Ho cominciato ad imbastire il layout del libro (che ancora è segreto) con l’aiuto di un amico grafico, lentamente, a spizzichi e bocconi nel poco tempo disponibile, poi ho stampato il tutto e ci ho affondato la creatività tagliando con forbici e incollando carta, per decidere davvero cosa avrei voluto (ancora ritengo che la fisicità sia meglio del digitale, almeno per la parte di decisioni finali).

Quando tutto fu pronto lo proposi agli editori. Ne trovai tre entusiasti. Ho pure uno sponsor. La mia gioia era immensa. Portai avanti le trattative, campo in cui mi sento inetta e traballante come camminare sulle uova, con uno di questi e dopo 8 mesi andò tutto in fumo. Non stetti mai così male, poichè questo libro è frutto non solo della mia arte ma anche della mia pancia 😉

 

Ora ci sta lavorando un altro editore, che mi fa sentire più protetta e sicura. Però è sicuramente stramba questa cosa: proprio nel periodo in cui ho poco tempo da dedicare al lavoro, mi salta tutto quello che ho.

Mi è forse infatti definitivamente saltata anche una importante tournée di performance in Canada in cui avrei dovuto viaggiare con Sole nella seconda metà di agosto (ma una parte profonda di me era un po’ terrorizzata di questo viaggio, tanto che forse è stata la mia ansia inconscia a muovere gli eventi mischiandoli in modo così contorto da cancellare la tournée?).

 

Non riesco proprio a capacitarmi. Dopo più di due anni di Covid e ormai quasi tre di mamma, proprio mentre desidero tantissimo riprendere a fare arte come si deve, ecco che molte cose importanti vengono cancellate. Non ci capisco più niente, e ne soffro un po’. Ma poichè credo sempre che ciò che ci accade viene per aiutarci ad evolvere, ho cominciato delle sedute con una psicologa (che mi piace molto) per andare a fondo su una serie di mie problematiche e di ricorrenze e per cercare un approccio più costruttivo che mi aiuti a migliorare sempre e a inseguire sempre (con successo) i miei sogni.

Faccio parte di quelle persone che davvero credono e pensano che non si finisce mai di imparare, e che la nostra vita ci affida tutto il tempo necessario per evolvere e per migliorare e per ‘portare a compimento’ la nostra missione. Per cui continuo ad essere fiduciosa, nonostante a volte ci sono cose che ci fanno male, e per tutto, ma davvero tutto, ringrazio e sono grata, perchè il mio sogno PIU’ GRANDE si è proprio avverato, e dopo aver avuto il dono del miracolo a più di 50 anni, ora penso che tutti i miracoli possono davvero accadere. 🙂

 

Ed eccolo il mio campione! 2 anni e 9 mesi. Proprio ieri a cena al Circolo Nautico di Rimini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

169. Della costruzione di libri e di case

Questo 2017 è segnato da una lenta ripresa a costruire, rinnovare, edificare. Un RINASCIMENTO lento ma attivo, faticoso, molto faticoso, ma solido.  Da una parte c’è stata la grande ristrutturazione della casa di famiglia di Viserba, con un cantiere faticosissimo durato più di un anno, e dall’altra la costruzione del mio libro visivo LIUBA PERFORMANCE OBJECTS (v. post successivo), anch’esso da molto tempo in cantiere ed ora finalmente in via di realizzazione.

 

E’ curioso, la ricostruzione sta coincidendo con la lenta ripresa dopo la perdita dei miei, ci sono voluti tre anni di elaborazione, ma ora sto ricominciando ad essere operativa. I tre anni trascorsi, invece, li ho passati per così dire a scavalcare le onde tentando di non affogare, ma sono rimasta in mezzo alla tempesta. Fortunatamente però non sono affogata! E’ curioso, dicevo, che questa ricostruzione però sia faticosa, lenta, dolorosa, non facile. Ancora una prova durissima. L’ho sperimentato sia per la casa che per il libro, e ho dovuto serrare i denti per proseguire e per terminare tutto. E ora, a senno di poi, mi piace raccontarvi un po’ cosa è successo.

 

Partiamo dalla casa. Liupirogi e Pagiopa, come l’ho battezzata in onore delle persone della mia famiglia che hanno contribuito a crearla (v. la sua storia qui), è un luogo che amo e in cui sono sempre tornata ogni anno, ogni estate. La grande casa con la terrazza circolare, al quarto piano del condominio progettato da mio papà sopra il terreno della casina dei nonni materni. In questo appartamento, vuoto e appena finito di costruire, ci passai con la mia mamma i primi mesi di vita quando, essendo nata a febbraio a Milano, mia mamma ci andò per stare vicino a mia nonna poichè mio padre ritornava a lavorare in Russia e noi lo avremmo raggiunto dopo nei mesi più miti.

 

Questa casa quindi fu poi affittata (la nonna preferì abitare al piano terreno del condominio poichè era più comodo non fare le scale!) e ci ritornammo a vivere dopo che la nonna se ne andò. Ai miei genitori non piaceva particolarmente andare a Viserba, e quindi io ero quella che viveva e amava di più questa casa, anche perchè dall’Università in poi per 13 anni ho abitato a Bologna ed era comodissimo raggiungerla.

In questa casa mi rifugiavo gli ultimi giorni di preparazione degli esami, sfuggendo alla dolce vita bohemienne bolognese che mi seduceva, e riparavo in extremis a viserba per la concentrazione tutta di un fiato per preparare brillantemente l’esame. Così contemplativa questa casa e questo luogo, soprattutto fuori stagione! E anche dopo l’università, innumerevoli volte ci andavo per concentrarmi sui miei progetti artistici o semplicemente per ricaricarmi e rilassarmi.

 

 

Poesia del ‘Rinascimento’ Viserbese

 

 

Papà era molto categorico nel volere gestire la casa e prendere tutte le decisioni, per cui io mi limitavo ad usarla e ad accudirla, la casa, ma non potevo apportare nuove modifiche, nè occuparmi della riparazione di vari problemini che lui non riteneva tali e che quindi non si potevano fare. Negli ultimi anni la casa era piuttosto trascurata perchè papà ci veniva poco e preferiva non pensarci, ed io ci andavo molto ma non potevo farci nulla.

 

Quando purtroppo i miei se ne sono andati, dopo lo tsunami dell’abbattimento di tutte le mie certezze e orizzonti – non avendo sorelle e fratelli perdere entrambi i genitori in tre mesi equivale a passare da avere una famiglia a trovarsi soli nel nulla senza più quel baricentro (v.post) che, seppur a volte invisibile, era l’ago e il perno della mia stabilità e di ogni mio andare e venire – ho deciso che l’unica certezza da cui potevo ripartire era la ricostruzione e la messa a posto di questa casa che, per certo, rimarrà sempre con me e non vorrò vendere mai. unica labile certezza in un mare insicuro e fluttuante.

 

Così, partendo dalla necessità di buttare giù una parete per recuperare lo spazio dell’ingresso ed estendere la cucina, e riparare dei muri e degli infissi scalcagnati, sono passata a includere il cambio del pavimento e insomma…come succede spesso, da cosa nasce cosa e dovendo coinvolgere degli architetti ti fanno venire voglia (quasi ti costringono) di fare un ripristino totale.

In realtà ce n’era bisogno, ma se avessi saputo prima le pene dell’inferno che avrei dovuto patire non so se l’avrei fatto!! Loro ti dicono in tre mesi è tutto pronto, e poi invece, oltre ad impiegarci circa un anno, nel quale tu non puoi stare nella casa, che hai dovuto traslocare e liberare, e devi inventarti voli pindarici su dove stare e sul continuo viaggiare, devi inoltre trovare la soluzione per ogni problema strutturale ed estetico (essendo io un’artista mi era impossibile delegare la forma a degli altri, dovevo intervenire in prima persona, creando un qualcosa di personalizzato) su materiali e problematiche completamente sconosciute, che ti piombano addosso e che devi come ‘studiare’…. di che materiale fare il piano cucina? il pavimento?… cosa esiste in commercio e quale ti piace? come lo vuoi il bidet? e le piastrelle? ecc… per una, come me, che odia fare shopping, le cose da trovare, scegliere e comprare si sono rivelate numerosissime, infinite e sfibranti. Basta, non vi tedio più, ma aggiungo solo che ovviamente la ditta non era quasi mai reperibile, telefonavi al direttore lavori o al capo della ditta e non rispondevano mai, e così la frustrazione aumentava e i lavori si arenavano sempre. Uffa!!!! Però, devo dirvi una cosa: è stata una prova così dura di regia, di coordinamento di lavori, di gestione ansiogena delle spese – ho usato dei risparmi che i miei genitori mi hanno lasciato, e non ero e non sono abituata a gestire soldi e a dover sostenere spese ingenti, facendo tornare la qualità, l’estetica e il prezzo. Insomma per come sono fatta io, idealista, spirituale, artista, viaggiatrice, è stata un’impresa che ha messo a dura prova i miei nervi e la mia fragilità. Però è come se in un certo modo ne sono uscita rafforzata, e poi, dopo sette camicie, devo riconoscere che la casa è diventata davvero bellissima!!!

 

Fiori all’occhiello, di cui mi vanto immensamente 😉 sono la cucina nell’open space con isola circolare, e il mega schermo retrattile sulla terrazza, lungo tre metri, su cui proiettare video come si fosse al cinema (e dove ho cominciato ad organizzare rassegne invitando artisti a mostrare i loro lavori sotto le stelle! v. qui)

 

 

 

 

 

 

Liupirogi e Pagiopa, Viserba (RN)

 

 

 

28. New York, la crisi e il finanziamento per l’arte del sindaco Bloomberg

Ricevo questa notizia e mi sembra interessante divulgarla … è incredibile, questo mi piace di New York, che anche se la vita è dura nessuno si piange addosso e si cercano sempre soluzioni.
Non c’è voluto molto per rendermi conto, in questi mesi, che la crisi qui si sente eccome, e anche nel mondo dell’arte. Rispetto alla città che ho vissuto nel 2005-2006, quando venni qui per la prima volta e feci le varie mostre con la ‘pazza’ galleria (se volete leggere le avventure potete guardare il diario New York, che è come un preblog, le notizie arrivavano a tutti  attraverso una mailing list) in questo periodo si respira un’aria totalmente differente. Non si sente più l’euforia, la percezione di essere al centro del mondo, con tutte le possibilità in divenire e in potenzialità.

Ora le persone tirano la carretta anche qui, l’ottimismo si è spento, altri luoghi stanno diventando il centro del mondo e da altre parti le energie sono propulsive, qui non più. E gli americani lo sentono, e ne hanno anche molta paura. Quasi tutte le persone che conosco lavorano duro, e questo vabbè, ma il peggio è che molti devono fare due lavori, o lavorare una media di 10-12 ore al giorno per sei giorni su sette perchè altrimenti ti licenziano e assumono la miriade di persone specializzate che provengono da altri paesi, disposte ad accettare salari molto bassi …  Anche fra gli artisti e i galleristi non ho trovato più quella gioia ed effervescenza incontrata alcuni anni fa. Tutti gli artisti hanno un altro lavoro, spesso connesso con le loro abilità (fare video di matrimoni, cucinare e fare catering a domicilio, alcuni fanno i dog sitter, altri lavorano nella chimica o si inventano collezioni di lingerie firmate da vendere). Il punto a favore è che qui si riesce a vendere di tutto (e ancora io mi domando come fanno!) e ciascuno riesce a vendere ciò che produce o a vendere sè stesso, ma la richiesta comincia a diventare sempre più bassa.

 

Ma ora bando alle ciance ed ecco la notizia: il sindaco Bloomberg ha deciso di finanziare, nei prossimi due anni, l’arte a New York, mettendo a disposizione 32 milioni di dollari.
Direi che è una decisamente eccezionale iniziativa, e, scusate se ve lo dico, i nostri politici invece di farci vergognare con la sarabanda di atti osceni, potrebbero rifletterci un po’ su e , ma questo è chiedere troppo, imparare a capire che anche  l’arte è un bene pubblico che giova alla società, e per questo motivo va supportata.

Et voilà, il test della notizia tratto dal Wall Street Journal:

 

Bloomberg to Donate $32 Million to Arts

A year after ending a charitable program that pumped nearly $200 million into hundreds of arts and social-service organizations, Mayor Michael Bloomberg is reopening the pipeline to his personal fortune through his multibillion-dollar family foundation.
Beginning Tuesday, Mr. Bloomberg’s foundation will send letters to 250 cultural groups around the five boroughs, inviting them to apply for some of the $32 million the charity plans to distribute to arts organizations over the next two years. “At Bloomberg Philanthropies, we see the arts as fundamental to New York City’s cultural and economic wellbeing,” the letter says.
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