212. Il mio video sulla Torre dell’Elefante

Mi sono presa un po’ di pausa dopo i vari eventi artistici delle scorse settimane, pausa in cui ha prevalso la vita e tutte le sue incombenze più terrene, tipo pagamenti condominiali, bollette, aggiustamento cose, riordino – ancora parziale e in alto mare della casa -, acquisti necessari prima rimandati.

 

Ora però ho il piacere di ritornare qui per condividere con voi le foto di alcuni eventi a cui ho partecipato, in modo da bloccarli e farli gustare ancora un po’.

 

Comincio con alcune foto e video della proiezione del mio video “Quarantine Trilogy” a Cagliari sulla Torre dell’Elefante, nell’ambito della rassegna di videoarte IN VERTICALE, sabato 7 ottobre 2023 nella Giornata del Contemporaneo, a cura dell’Associazione Culturale Gesto Segno Disegno, che ringrazio dell’invito, insieme a #federicocozzucoli che mi ha inoltre mandato alcuni materiali. Il mio video è un progetto nato in casa durante la prima quarantena del 2020 quando mio figlio Sole aveva pochi mesi di vita.

 

Non sono mai stata a Cagliari e non conoscevo la Torre dell’Elefante, e vedere come deve essere stato suggestivo vedere i video proiettati su questa torre medievale, che svetta su tutta la città!

 

Grazie davvero per aver potuto partecipare a questa rassegna che contamina l’arte con la vita della città, cosa che dovrebbe essere – azzardo – prassi comune per ogni centro urbano.
Un caro grazie va anche ad #antoniospanedda che ha segnalato il mio lavoro agli organizzatori.

 
 

più info sul mio video qui

 
 
 

211. Invito, preparazione e opening della mia mostra personale!

Sono stata molto felice quando, attraverso la mediazione del caro amico e artista Maurizio Camerani, ho ricevuto l’ invito per fare una mostra personale alla galleria zanzara arte contemporanea di Ferrara, che mi ha anche chiesto un intervento performativo partecipativo con studenti del locale Liceo artistico.

Non so se per altri artisti sia così, ma personalmente quando vengo invitata da qualcuno a proporre il mio lavoro provo una gioia immensa e una grande dose di eccitazione. Innanzi tutto perchè vuol dire che ci sono persone che credono in me e desiderano promuovere il mio lavoro, e questa è una carezza per l’anima e uno stimolo di riconoscimento per gli sforzi che si sono messi in campo in precedenza.

Poi perchè è bellissimo poter esporre quello che si fa, soprattutto se lo spazio, come in questo caso, è ampio e si può pensare a qualcosa di esaustivo e completo. L’arte si fa per essere vista, nessuno vuole creare e tenere le sue opere – siano esse di arte visiva, narrativa, musicale, filmica, ecc. – nel cassetto. E’ una contraddizione di termini.  Non so per gli altri artisti, ma per me creare e fare arte nascono da un’esigenza impellente di comunicare agli altri qualcosa di profondo, di donare agli altri qualcosa che mi appartiene o di cui, a volte, sono umilmente tramite. Il punto cruciale è questo passaggio: da me a te (chiunque altro, anzi più chiunque possibili, perchè il nostro anelito a comuncare è universale e vorrebbe parlare a tutti! ).

 

Viene però il momento di concretizzare realmente cosa si espone, cosa si desidera far vedere agli altri. E qui arriva come sappiamo anche un po’ di ansia: la rosa delle possibilità e delle scelte che implicano degli scarti, la paura di non fare bene o di sbagliare, l’ansia di non farcela a tenere insieme tutto: dal rapporto coi galleristi, alla produzione delle opere nuove, alla logistica dei trasporti, alle cose che dipendono da te e a quelle che non dipendono da te. A volte capita che l’ansia sale così tanto che non si vorrebbe fare più la mostra! oppure che ci immaginiamo scenari funerei e drammatici (la mostra viene cancellata per misteriosi motivi, i trasporti non si riescono ad organizzare, le opere non vengono prodotte in tempo anche se c’è tempo ecc…).

 

 

In più, per me è la prima mostra importante che faccio dopo la nascita di Sole, per cui mi si sono aggiunte le ansie di non farcela a gestire tutto perchè ora i tempi che ho sono pochi, e precari, sono dipendenti dalla salute di Sole e dai nostri spostamenti. Se prima di diventare mamma, per ogni appuntamento artistico che mi riguardava mettevo tutta me stessa al centoxcento, facendo anche le notti per finire qualcosa – successe fino a quando ero incinta, che passai la notte a dipingere a mano le lettere sul vestito della mia performance alla Biennale prima di partire per Venezia – adesso so e SCELGO che la mia priorità è sempre Sole, che non posso usare il centoxcento del mio tempo anche se è fondamentale, e che devo tenermi pure pronta agli imprevisti. Non so come altre artiste – in questo caso mi pare ci sia proprio una questione di genere – si vivano questo fatto, ma per questa mostra personale a Ferrara, ho avuto molte ansie e molte paure. Mi piace confessarlo, anche perchè è solo affrontando le proprie fragilità che poi si superano.

 

 

E così ho fatto. Lavorai sulla mia energia e mi ritrovai in studio per molti mesi a decidere come muovermi e cosa scegliere per la mostra. Fortunatamente il tempo c’era, e dopo un po’ di panico sono riuscita a fare delle sessioni decisionali ed operative molto profonde succose e divertenti, cosa che riempie di ebbrezza, perchè questo è proprio ciò che mi piace fare. Fare l’artista, fare opere, decidere cosa esporre, respirare quella libertà assoluta di scelta che solo l’arte ti può dare… è stata un’esperienza iniziata con la paura e terminata con la gioia pura e con la soddisfazione, compreso quando le galleriste sono venute a Milano per lo studio visit e si sono trovate d’accordo su tutte le scelte che avevo fatto.

 

 

Non nascondo che  ho avuto alcune difficoltà, non artistiche ma logistiche, poi risolte abbastanza facilmente. Nel tempo della preparazione prima ero a Milano, dove mi muovo bene e conosco fornitori e dove reperire persone e cose, ma poi per l’estate ci siamo spostati a Rimini, dove complice il caldo, il quarto piano senza ascensore, Sole a casa dall’asilo per tre mesi, e più difficoltà a reperire le persone e i materiali, tutto si trasforma in qualcosa di lentissimo e complicato. Fortunatamente, avendo ciò ben chiaro, il grosso della mostra è stata decisa, completata e trasportata quando ero a Milano, per cui a Rimini nei mesi estivi mancavano solo i dettagli più piccoli e marginali, che non vanno trascurati comunque.

 

 

Abbiamo inaugurato a Ferrara il 22 settembre, ero molto elettrizzata e felice. Dopo molti tergiversamenti e riflessioni decisi di andare a Ferrara da sola, sarei rimasta via una notte senza Sole per la prima volta in assoluto da quando lui era nato. Ho pensato che per lui sarebbe stato difficile e noioso stare in galleria – anche se avevo una donna alla pari che sarebbe venuta per stare con lui – e poi alla cena, e poi il giorno dopo avevo una performance da fare coi ragazzi del liceo artistico Dosso Dossi di Ferrara, e poi c’era il talk sulla videoarte di Silvia Grandi. Per cui, essendo tornato dal Canada anche Mario, ho deciso che era meglio lasciare Sole a Rimini a casa sua, con Mario e con la tata, ed io andare a Ferrara sola e leggera. E’ stato bellissimo prendermi quella pausa e godermi concentrata e da sola i momenti dell’opening, della serata e del giorno dopo, così come è stato bellissimo tornare da Sole, e avere un centro a cui tornare, a cui tutta la mia vita fa riferimento. Ho provato una ebbrezza intima e magnifica: essere pienamente artista e pienamente mamma al tempo stesso, e benedire la Vita che mi ha concesso questo regalo meraviglioso di coronare la mia vita con un bimbo straordinario, che è il motore di tutta la mia gioia!!

 

Ringrazio le galleriste di zanzara arte contemporanea per la dedizione e la passione che hanno messo per preparare e mantenere la mia mostra, ringrazio il pubblico, il loro entusiasmo e i loro commenti. La mostra è su per tre mesi e ciò mi sembra pure molto bello, e ringrazio tutti coloro che sono andati o andranno a vederla!

 

 

veduta della mostra sala 1. Objects Polyptics e scatole da performance

 

veduta della mostra sala 2. The Finger and the Moon Polyptics e video a due canali

 

veduta della mostra sala 2. Streaps

 

veduta della mostra sala 2. Streaps

 

veduta della mostra sala 2. Il cieco di Gerico, dittico interattivo

 

Il cieco di Gerico, dittico interattivo, insieme alle due galleriste.

 

veduta della mostra sala 3. Videoproiezioni di 5 opere video in loop e oggetti delle performance

 

 

 

210. IL LIBRO E’ NATO!!!

Perepepè!!!!
E’ nato il libro a cui sto lavorando da 4 anni!!!!

 

Sono felicissima finalmente di condividere con voi un progetto a cui sto lavorando da molto tempo – un progetto particolarmente caro per me, che racconta un momento della mia vita delicato e pieno di gioia: la nascita di mio figlio Sole. Su questo blog ci sono un sacco di post a proposito di questa storia meravigliosa e del regalo immenso della discesa di Sole nella mia vita! Potete leggerli dal numero 178 al 194.( qui di lato nella colonna a destra appena sotto c’è l’indice di tutti i post).

 

Si è appena conclusa la stampa, per i tipi di Campanotto Editore e con testo critico di Luca Panaro, del volume THIS IS THE BEST ARTWORK – un libro sintesi tra la mia vita artistica e quella personale, se mai queste due linee potessero essere separate.

 

Ho scelto di condividere questa notizia proprio oggi – 8 MARZO 2023, Festa della Donna – per dare il mio contributo a questo giorno di lotta e rivendicazione del ruolo femminile nella società.
Nel mio piccolo, ho scelto di partecipare ad un dibattito quanto mai vivo, raccontando la mia esperienza allo stesso tempo singolare ed universale, della mia gravidanza, e del concepimento di un figlio arrivato come un dono in età avanzata e dopo quasi trent’anni di carriera come artista.

 

Ne approfitto per RINGRAZIARE DI CUORE, l’editore Carlo Marcello Conti, il curatore Luca Panaro, i grafici, il traduttore e tutte le tante persone coinvolte appassionatamente in questo lavoro!!!

 

 

Ecco le mie copie omaggio del nuovo libro! Stamattina ho sfogliato per la prima volta il libro nell’edizione definitiva!! Che emozione!!

 

Emozione perché c’è dentro ciò che di più caro ho e ho vissuto, emozione perché dopo anni di lavoro a questo progetto, inframmezzati e rallentati dal Covid, dall’allattamento, dalla scelta e dal cambio dell’editore, finalmente questo libro è realtà.

 

L’ho costruito con amore immenso, non solo con e per la ‘mia pancia’, ma con un desiderio forte e affettuoso che la mia storia possa essere da stimolo ad altre donne, stimolo a non mollare e a provare a volare.
C’è bisogno oggi di ascoltare le storie di persone come noi che hanno portato a compimento qualcosa, per spronarci a dare il nostro meglio, a sognare e realizzare, tenendo conto, come scrivo nella prefazione del libro, che ‘it’s never too late’
Io ringrazio tutte le persone, conosciute e sconosciute, che mi hanno ispirato con le loro storie, e ricambio con questo libro, che dal primo momento ho costruito pezzo per pezzo come atto di amore.

 

 

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LIUBA
THIS IS THE BEST ARTWORK
Campanotto, 2023
TESTO CRITICO DI LUCA PANARO

 

incluso nel libro speciale codice QR
con link ai nuovi video di LIUBA del progetto

 

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This is the Best Artwork racconta la storia di una gravidanza a lungo desiderata ed arrivata come un dono in età avanzata, dopo circa 30 anni di carriera dell’autrice come artista.A raccontarla è LIUBA stessa, utilizzando come filo conduttore le immagini dell’omonima performance realizzata a sorpresa nel 2019 all’opening della Biennale di Venezia: con un suo procedere tipico, LIUBA ha infatti mischiato i confini tra la vita e l’arte, mettendo in scena un’azione performativa tra i Padiglioni dell’importante evento veneziano, rivelando la sua gravidanza, ‘The Best Artwork”.

Mai come in This is the Best Artwork LIUBA si espone in prima persona, mostrando al pubblico l’amore più grande. Lo fa con il linguaggio che l’ha sempre contraddistinta, il suo corpo, esposto al pubblico e performante nei luoghi dell’arte. In questo caso il palcoscenico è l’inaugurazione della Biennale di Venezia, l’evento più sacro per un’artista. (…) Un’opera portatrice di un messaggio universale, come nei lavori precedenti, ma in questo caso molto più intimo e privato. L’esperienza artistica questa volta è la nascita di un figlio, tanto voluto quanto inatteso, un Sole, segno di speranza per tutti e volontà dell’artista di condividere qualcosa di personale col pubblico dell’arte(Luca Panaro)

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209. Volersi bene senza fare bene

A volte senza perché
cadono delle leggere tristezze come polvere di riso o zucchero a velo che si sfanno
sopra la testa e avvolgono il corpo.

 

Proprio senza un perché. Forse
per una sveglia all’alba non programmata e non voluta
l’organismo si inceppa e diventa grigio con una specie di ammutinamento
e inquieto non risponde ai comandi ma nemmeno sa cosa fare e cosa vuole.

 

Ne scrivo per accettare questo stato confusionale
d’altronde siamo piccoli e fragili, seppur spesso forti pure
e appassionati delle cose e della vita,
ma anche la fragilità e la precarietà ci appartengono, e anche le ignavie senza motivo
e le ugge non comprensibili
e allora sono qui ad accoglierle queste ugge e a scriverne
non so perché ci siete ma visto che siete qui vi ascolto
e vi guardo
forse mi riposo un po’
non faccio niente
di ciò che avevo in mente
non faccio niente di programmato
e scivolo sul bagnato.

 

Vi guardo polveri farinose di leggere tristezze
e guardandovi a volte vi sciogliete
e guardandovi mi diventa caro anche il mio limite
il mio non fare, il mio sbagliare
forse siete arrivate per insegnare l’autostima e l’orgoglio
anche senza meritarselo, anche senza ‘fare bene’

 

E’ qualcosa di interessante. Volersi bene senza fare bene
Sentirsi meritevoli di amore anche senza essere perfetti e tantomeno attivi.
Sono quasi belle queste isole di malesseri e di ugge bloccanti
che le accolgo con ora un tramutato sorriso
e le coccolo senza fare e prevedere nulla e senza
sentirmi in colpa di ciò.

 

Qui sopra l’opera ‘Relax’ realizzata a New York nel 2006 con indosso la maglietta di Rita Vitali Rosati. Photo Mario Duchesneau

 

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207. Lo sfasamento dell’inizio asilo

Sono stata inquieta per questi mesi autunnali, vivendo il conflitto fra la società – e il dover adattarsi alle regole – e la libertà, lo stare soli ma scegliere rispettando il proprio essere. Mi è capitato in maniera molto forte proprio con mio figlio Sole.

Per i primi tre anni di vita ho scelto di non mandarlo al nido, e me ne sono occupata personalmente con molto amore e molto divertimento, facendo insieme di tutto alla mattina, fra uscite al parco, esercizi tibetani insieme, colazioni e merende super abbondanti, giochi, spese, pranzo e pisolino, e poi alcuni pomeriggi avevo l’ aiuto di una brava e cara babysitter ed io mi chiudevo nel mio studio dove navigavo nei meandri dei miei pensieri (e doveri) mentre Sole giocava con lei.

 

Sono stati tre anni perfetti, avevamo adattato reciprocamente i ritmi, ossia io li avevo calibrati su di lui ma rispettando anche i miei fino a farli combaciare, e tutto è filato liscissimo, compresi gli orari delle nanne e dei riposini sempre uguali e sempre prevedibili (cosa che tutte le mamme sanno è essenziale per poter programmare le giornate e le attività di entrambi).

Poi ho deciso che era tempo per Sole di andare alla materna e condividere del tempo con bambini della sua età, in maniera più regolare di quello che già facevamo coi bimbi al parco o ai vari laboratori in cui lo portavo in precedenza. Sapevo che per me era uno sforzo immenso perchè avrei dovuto alzarmi prima alla mattina e avrei avuto ‘per me’ e per lavorare le mattine e non i pomeriggi, cosa insolita e scomoda, dato che da decenni amo avere mattine lente e pigre (fra la sveglia con comodo, gli esercizi tibetani, la doccia, la colazione e la meditazione, ho bisogno di un paio di ore per entrare nella giornata) e i pomeriggi e le sere sono sveglia e attenta per i lavori creativi. E adesso invece devo portare Sole alla mattina all’asilo, stravolgere i miei ritmi ed essere libera fino alle 15 dopo di che lo passo a prendere e ho scelto di stare con lui il resto del tempo. E fin qui è una piccola rivoluzione e una grande fatica che riguarda solo me, e che faccio volentieri se si tratta del bene di Sole.

 

Però, in questi mesi ho constatato che abituarsi a questo ritmo è stato molto difficile anche per Sole. Non è stato difficile abituarsi alla collettività, a stare all’asilo, alle maestre, alle attività esploratrici da solo: lui è un bambino molto sociale e curioso, per cui sta all’asilo volentieri. Ma per il suo fisico è stato – ed è ancora dopo quasi tre mesi – uno stress, che ha causato difficoltà a lui e a me.

Svegliarsi a un’ora stabilita, prima del suo ritmo naturale, non è facile, ma la cosa più deleteria di tutte, per cui ero e sono furente, è che all’asilo gli fanno fare un riposino solo dalle 1315 alle 1430.. un’ora e 15! Lui di solito dormiva fra le due e le tre ore. Ciò vuol dire che non poter dormire la mattina e non poter dormire il pomeriggio lo rendevano nervoso perchè anche andando a letto presto la sera (ma lui è piuttosto notturno di tendenza, come me), non recupera il sonno perso, e anzi diventa ancor più adrenalinico e dorme sempre di meno, diventando più nervoso e anche un po’ più capriccioso. Sono reazioni fisiche, di cui lui non ha colpa, ha solo bisogno di dormire di più o la mattina o al pomeriggio, e TUTTE le materne del mondo, qui a Milano, hanno gli stessi identici orari: ingresso entro le 930, pranzo alle 1130-12, riposino alle 13  di solo poco più di un’ora.. orari che fra l’altro, oltre a dormire poco, sono diversi dai nostri orari e quindi da quelli che lui farebbe volentieri nel weekend.

Ma accipicchia, perchè per stare nella collettività bisogna stravolgere i propri ritmi? Perchè TUTTE le scuole hanno solo la scelta di un orario? pubbliche private straniere maltesi finniche inglesi… tutti con lo stesso identico schema. Perchè non ce n’è nessuna in cui si può entrare alle 10-1030 e pranzare alle 13 e fare riposino dopo pranzo e per un tempo più lungo se occorre?

 

Per cui sono furente: per far stare Sole in una comunità dobbiamo stravolgere il nostro corpo e la nostra vita, ‘adattarci’ e pagare pure un caro prezzo (l’asilo di Sole quest’anno è privato, ma l’anno prossimo sarà pubblico)?

Perchè l’alternativa a un ritmo che non lascia scampo è solo l’essere tagliato fuori e quindi la solitudine? Sì perchè non hai scelta diversa: o asilo con quegli orari per tutte le scuole della città, oppure nada, nulla. Ed io che ho lottato per tutta la mia vita, come persona e di conseguenza come artista col mio lavoro, per uscire dagli schemi, rompere le strutture e le scatole che ci comprimono (v. Polypolis, via d’Uscita, ecc), per prendere il proprio tempo al di là delle convenzioni sociali (v. The Slowly Project) ecc., proprio adesso, che ho il dono più prezioso di crescere un figlio adorato, devo sottomettere lui e me nello schema, nel tritatutto dove si perde la libertà di essere sè stessi?

Ma se per quanto mi riguarda ho scelto per la mia vita di stare piuttosto fuori dalla società invece che farmi incastrare, se ho scelto per me di accettare la solitudine e l’esclusione pur di essere libera e fedele a me stessa, come faccio a scegliere per Sole? Ossia, è troppo presto per escluderlo dal gruppo, oppure è sempre e comunque meglio essere fedeli a ciò che di più profondo siamo, entrambi?

 

Sono domande di cui non ho ancora una risposta, e ancora attendo paziente per vedere come ci si abituerà e come si evolverà, mi adeguo allo stravolgimento dei ritmi di Sole, che è sempre piuttosto stanco, si arrabbia di più e per piccole cose, oppure che a volte diventa adrenalinico perchè non riesce a recuperare il sonno e dorme con più fatica facendomi disperare per addormentarlo. Mai successo prima, mai successo in tre anni in cui abbiamo vissuto in maniera naturale e libera. (*)

 

Ed io come pensate che stia, alzandomi alla mattina come un ameba, prima del mio ritmo desiderato – e mi sono pure regalata la tata che porta Sole all’asilo perchè uscire la mattina presto e poi tornare a casa per lavorare non ce la posso fare! – e poi cincischiare in casa da sola senza aver la pace dei miei ritmi mattutini soliti e di prima perchè stressata dal dover lavorare perchè ho solo queste ore e inibita dal fare cose decenti perchè col fisico non ci sono? mi sto abituando ora, dopo più di due mesi alla sveglia precoce, ma di mattina lavoro sempre male, la mattina mi va bene per fare cose leggere, pratiche, commissioni, pagamenti, e così mi perdo in meandri in cui non mi ritrovo. E la sera crollo come un’ameba poco dopo aver messo a letto Sole (o a volte anche prima, sforzandomi di resistere come un’architrave che sta crollando ma che rimane a tenere su la porta), per cui addio creatività o pace serale, addio creatività e pace mattutina, nel mezzo un bel nulla di commissioni e perdite di tempo. E tutto per poter inserire Sole in una comunità, e con anche lui che pur andando all’asilo volentieri, non ha mai la pace e la serenità che ha quando sta a casa per un po’ di giorni coi nostri ritmi, in cui recupera sia nel fisico che nello spirito.

Lavorare creativamente non riesco e, seppur prenda con filosofia il fatto di lavorare poco in questo periodo che sto dedicando soprattutto a Sole, mi scoccia terribilmente non trovarmi, non essere me stessa, per ritrovarmi solo – come adesso che sto scrivendo nel mio amato orario serale (sono le 24) – quando Sole è ammalato e non va all’asilo e si alza più tardi ci alziamo più tardi, e la sera non crollo stravolta poco dopo che l’ho addormentato.

 

Ah no, non so se per l’anno prossimo rifarò la vita così! Devo trovare un altra soluzione, e ho deciso che devo anche ritornare a viaggiare, con Sole, prima che cominci la scuola elementare… ho ancora tre anni. Quest’anno ho scelto di mandarlo alla materna. Ma forse che l’anno prossimo sceglierò di partire insieme per l’estero, unendo l’utile e il dilettevole? sto meditando e mediterò. Ovvio non sarà facile, perchè anche all’estero vorrei fargli frequentare cose con bimbi della sua età, e dovrò inventarmi una macchina complicatissima per potermi permettere questa trasferta, per affittare la mia casa e trovarne un altra e trovare aiuti là… ma so che seguirò il cuore, di cosa fa bene a entrambi, e lo farò.

 

 

 

 

 

(*) Ora la stanchezza di Sole va un po’ meglio, ho ripreso a scrivere questo post a gennaio e la tenuta fisica di Sole è migliorata, anche se durante tutte le lunghe vacanze natalizie siamo ritornati entrambi in perfetta forma, in perfetta sincronia e tutto è stato più facile…

l’anno prossimo però cambierò qualcosa 🙂

159. La soglia

La soglia

 

 

“Nel lutto si sta in quello strano luogo che è una “soglia”. E l’insidia è non riuscire a muoversi di lì. La soglia è un luogo particolare: da dove si può guardare indietro, vedere tutto il cammino fatto per arrivarvi; ma da dove si può anche guardare al di là, guardare dentro, guardare oltre. Si vive il dramma se attraversarla o no. Se si pensa di varcarla si ha l’impressione di perdere per sempre quanto sta prima. Se non la si attraversa, si sente il rischio dell’immobilità, della morte psichica, ossia della percezione di essere vivi in una condizione di paralisi.”

 

In questo periodo ho trovato un gruppo di mutuo aiuto in internet sul tema della perdita e sull’elaborazione del dolore che mi sta aiutando molto. E’ passato più di un anno ma il mio dolore è ancora fortissimo e mi sento ancora troppo spersa. Poter comunicare con persone che stanno vivendo le tue stesse esperienze, o con coloro che le hanno già vissute, fa sentire meno soli e più vivi.

Il gruppo si chiama Gruppo Eventi e ringrazio tutti loro, in particolar modo la facilitatrice Vanda, che è un angelo di aiuto per tutti.

 

 

150. Confusione e omaggio a Duchamp

Sono in uno stato confusionale inaudito. Senza papà significa aver ricevuto da lui soldi ma anche tutte le responsabilità, che non riesco a gestire. Senza la mamma significa aver perso il perno intorno a cui facevo le cose. Il bisogno è forte, la nostalgia tanta, la vita non è più la stessa e non mi trovo. Non mi abituo. In più sono nell’ impasse di decidere se mantenere la relazione con Mario, dove vivere e con chi e dove avere un figlio. Tanto, troppo confusa e non so con che criterio decidere, e perchè decidere. Ho bisogno di un po’ di chiarezza, invoco la chiarezza, la certezza, la sicurezza. Non ho scelto questo stato, è successo, e invoco aiuto. Ho tanto, ho tutto e non so cosa scegliere. Ci sono tre case e in ognuna c’è una parte di me e in ognuna mancano pezzi di me. E il mio vagare dove finisce e dove arriva col figlio che desidero?

 

Ho cominciato e comincio sempre molte vite, e da ciascuna ritornavo a casa nel porto dei miei genitori, che ora non ci sono più. E mi sento persa. Ora le vite crollano a pezzetti perchè manca la sicurezza di quella famiglia che avevo. Quando l’avevo non lo capivo così bene come ora che non l’ho più. E non so chi sono: un’artista? Una regista? Una neomamma? Una cittadina? Una campagnola?

Io mi sento ancora come La margherita dai petali colorati della mia fiaba, che ha tutti i colori e non sa dove andare perchè tutti vogliono un colore solo. Non so bene qual’è il mio destino ma so bene che tutte queste anime non possono eliminarsi. E so bene che tutte queste anime mi portano, ed è esperienza, anche tanta solitudine.

 

 

 

Un video sul grande maestro Marcel Duchamp per il quale provo gratitudine al solo guardarlo. Non so bene perchè lo metto qui ora, ma una qualche connessione profonda c’è.

 

 

131. La perseveranza

“I may not make it if I try,
but I damn sure won’t
if I don’t…”

 

(Oscar Brown Jr.)

 
 
 

“Vola in alto
solo
chi osa farlo”

 

(Luis Sepulveda)

 
 
 

                 photo: Mario Duchesneau

122. Intervista a Vittorio de Seta

“Con tutta la comunicazione che abbiamo non c’è la percezione delle cose.”
“Il cinema è come la nitroglicerina. Può portare immensi benefici, ma è molto complicato da gestire.”

 

 

Intervista a Vittorio de Seta
(In omaggio a questo regista che non conoscevo e a Luigi Bianco che me lo ha fatto conoscere).

 

 

 

 

 

 

121. La lentezza in Norvegia TV

Mi viene segnalato dal curatore Lorenzo Bonini questa notizia, collegandosi ai miei lavori sulla lentezza (The Slowly Project) e sul silenzio (4’33 Chorus Loop) e mi sembra moooolto interessante da convividere con voi (oltre a ringraziare Lorenzo per il pensiero di avermela mandata).

 


La Norvegia cambia registro e sceglie il silenzio e la tranquillità. La televisione pubblica ‘NRK’ ha trasmesso il 18/02/2013 dodici ore di diretta ininterrotta di un caminetto acceso con, in sottofondo, musica leggera e commenti di esperti. L’esperienza è stata fatta venerdì, in prima serata, e la NRK ha spiegato che la serata-evento ha incollato al piccolo schermo più spettatori rispetto alla normale programmazione. 

 

 

Per vedere gli excerpts dei miei video dello SLOWLY PROJECT vai qui

112. vacanze natalizie: nuovi progetti e un po’ di relax

Circa una settimana prima di Natale ho deciso, improvvisamente, di proporre un progetto per un’importante manifestazione da tenersi a Milano e, quasi improvvisamente, ho saputo che è stato accettato e che cominciava la realizzazione pratica e la messa a punto di una serie infinita di diversi livelli (poichè ci sarà una mostra personale e una nuova performance, i piani di lavoro sono proprio tanti, a livello di creazione e produzione, a cui si aggiungono quelli dell’archiviazione, comunicazione, relazione, ecc.).

 

Nel frattempo, come programmato, il mio amico e curatore Mark Bartlett è giunto a Milano da Londra con l’intenzione di lavorare all’imbastitura del libro (sorpresa…) che lui ha in cantiere di fare. E si è trovato ad essere la persona giusta al momento giusto… poichè ho parlato a lui del nuovo progetto imminente e gli ho chiesto di farmi da curatore, cosa che lui ha accettato con entusiasmo.

 

La cosa bella di questo rapporto è che lui conosce, credo, il mio lavoro meglio di chiunque altro, e lo sta seguendo dal 2006, quando vide la mia mostra personale a New York a Chelsea (da quei matti della WeissPollack Galleries, vedi il diario New York) e mi scrisse impressionato dal mio lavoro. Ciò mi ha fatto enormemente piacere, e da allora siamo in contatto, prima per email e poi anche di amicizia, soprattutto da quando lui da S. Francisco dove viveva si è spostato (e sposato) a Londra, e negli ultimi anni la collaborazione comincia a diventare più concreta (per esempio il bellissimo essay che ha scritto in seguito alla mia performance The Finger and the Moon #2 a Piazza S. Pietro in Vaticano (leggi).

 

Mark è partito pochi giorni prima di Natale, per andare a passare le feste a Cinzago, sul Lago Maggiore, dove hanno una casa, e sarebbe ritornato a Milano il 5 di gennaio. Io intanto… dovevo creare la serie di lavori nuovi per la mostra (ancora vi tengo in sospeso e non vi dico qual’è, ma sarà a Milano presto…) e soprattutto preparare le immagini per il catalogo e inviarle entro il 4-5 gennaio. Insomma, fuoco e fiamme!

 

Però il giorno di Natale e la vigilia sono stati belli e tranquilli, come da copione, riposo, cibo e soprattutto tanta famiglia.

La mia famiglia è piccola, e quel poco che c’è è piuttosto sparpagliata, ma è stato molto bello festeggiarlo con i miei genitori e con Mario, e vedere per la prima volta dopo tanto tempo in seguito all’operazione, mio padre essere sereno, di compagnia e a camminare anche solo nel piccolo tragitto dalla stanza al tavolo da pranzo. Devo confessare una cosa, a me e anche a voi: nonostante gli scontri, le incomprensioni, le litigate che abbiamo avuto nel passato, come non mai ora mi sento attaccata a mio padre e a ciò che lui rappresenta nella mia vita e sento molto forte il bisogno della sua figura che, solo ora, mi accorgo quanto mi ha fatto sentire protetta in tutti questi tempi, nonostante mi sia sentita per la maggioranza degli anni passati non capita e in tensione con lui. Certo capire le piroette della mia vita, accettare le mie scelte inconsuete, vedermi annaspare con fatiche e pochi soldi, può essere agli  occhi di un genitore cresciuto con altri valori e in un’altra epoca, qualcosa di molto difficile da accettare e da capire. Forse solo ora mi sento accettata e amata, anche se lo sono sempre stata, e questo è stratosfericamente, enormemente importante per me, ora.

 

Poi giorni intensi di lavoro, in quei giorni placidi e beati dove la città sonnecchia e tutti sono partiti o si rilassano o si vedono con gli amici (e questa energia come si sente, ti dà la giusta pace e la giusta tranquillità di una dimensione bella, calma…mi sono sempre piaciuti un sacco i giorni tra Natale e Capodanno, contenitori aperti per tutto ciò che si desidera fare, senza forzature). Mi sentivo solo un po’ in ansia per la scadenza delle foto da pubblicare nel catalogo, che era così vicina e appena dopo capodanno, e ho lavorato con molta lena e determinazione (e devo dire pure divertimento!) alla creazione di nuovi lavori polittici (v. Finger and the Moon#5) da produrre prossimamente.

 

E poi però per Capodanno, si parte! Alcuni giorni in montagna a Briançon nella casa del mio caro amico Alberto. Giorni di un sole che non si può, aria azzurra, niente freddo, montagne e panorami mozzafiato e una gioia nel cuore di essere vivi, e di tanta bellezza circondati!

 

 

Ehi, Buon anno!!! Ben arrivati nel 2013 e che sia un anno ricco di gioia amore e soddisfazioni!

 

84. Nuove foto dello zio Elio

Sono rientrata a new York dal weekend a Washington col mio amico Mengoz, e archiviando alcune nuove foto dei mei work in progress newyorkesi, ho trovato in una cartella queste bellissime foto dello zio Elio Pagliarani che riceveva l’Ambrogino d’oro a Milano, fatte da Mario, e non ho resistito dalla voglia di condividerle con voi, con affetto immenso per lo zietto, che ci ha lasciato poco tempo fa e che onoro sempre nella mia memoria.

La cerimonia è stata qualche anno fa, e se pur vi dovete sorbire l’allora Assessore alla Cultura, vi addolcisco con una chicca: una delle rare foto private della mia famiglia (quella che vedete accanto a mio zio è mia mamma, sua sorella, dietro fa capolino mio padre, e a sinistra ridendo c’è la zia Cetta, moglie di Elio …).

 

 

 

Ed ecco le foto della Premiazione dell’Ambrogino d’Oro. Mio zio, romagnolo di Viserba, visse a Milano negli anni ’50, dove scrisse il suo componimento più famoso, La ragazza Carla, prima di trasferirsi definitivamente a Roma nel 1960. Per questo motivo è stato onorato del premio più importante della città di Milano.

 

 

Elio Pagliarani riceve l’Ambrogino d’oro a Milano (foto: Mario Duchesneau)